Previdenza

Revoca di prestazioni di invalidità civile, recupero dell’indebito e tutela dell’affidamento

di Silvano Imbriaci

La Corte di cassazione, sezione lavoro, con la pronuncia del 15 novembre 2018, numero 29419, nell'ambito dei principi giurisprudenziali in materia di indebito assistenziale, mette comunque in evidenza la necessità di valutare il comportamento dell'Inps in fase amministrativa in relazione alla tutela dell'affidamento del titolare del trattamento.

Il caso di specie riguarda, come in genere capita nell'indebito assistenziale, la revoca di una prestazione successivamente alla visita di revisione, con la particolarità che (come emerge dalla motivazione della sentenza) nella fattispecie l'Inps non aveva provveduto alla comunicazione dell'esito della visita, disponendo direttamente la sospensione dell'erogazione del trattamento a distanza di oltre 10 anni dalla visita stessa. Sul punto la sentenza non omette di ricordare il principio ormai consolidato e avvalorato da norma di legge (articolo 37, comma 8, legge 448/1998) secondo cui la revoca dei benefici previdenziali ed assistenziali agli invalidi produce effetti dalla data della visita sanitaria di verifica, con la conseguente necessità di restituire tutti i ratei maturati dopo tale momento. Viene infatti data rilevanza all'accertamento sanitario che comporta il venir meno di uno degli elementi costitutivi della domanda e non alla effettiva comunicazione della revoca (Cassazione 26162/2016).

In altri termini, secondo quella giurisprudenza non rileva, in mancanza di una norma che disponga in tal senso, il mancato rispetto, da parte dell'amministrazione, dell'obbligo di sospendere i pagamenti e di emanare il formale provvedimento di revoca nei termini prefissati (Cassazione, sezione lavoro, 16260/2003). Del resto, anche l'articolo 37 citato impone l'immediata sospensione dell'erogazione del beneficio in caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, provvedendo l'amministrazione nei novanta giorni successivi, alla revoca delle provvidenze economiche dalla data della visita di verifica. Insomma, secondo questo orientamento consolidato della giurisprudenza, il dies a quo della ripetibilità dei ratei delle prestazioni assistenziali coincide con la data dell'accertamento dell'inesistenza dei presupposti, non avendo i termini indicati nell'articolo 37 alcun effetto decadenziale del diritto alla ripetizione.

La soluzione però, secondo questa Cassazione del 2018, non può affatto dirsi pacifica, soprattutto nel caso in cui dopo il giudizio medico non sia rintracciabile una effettiva comunicazione di un provvedimento di revoca della prestazione, ma solo, così sembra, il provvedimento di comunicazione dell'indebito, oltre tutto dopo un notevole lasso di tempo. Qui, secondo la Suprema corte, è lecito porsi un problema di affidamento, che sfugge alla disciplina asettica del termine di prescrizione applicabile o comunque sulla disciplina codicistica del 2033 del Codice civile invocata dall'Inps , con l'indicazione del termine decennale. Peraltro, in relazione a quest'ultimo profilo, la sentenza in commento precisa che in materia di indebito di prestazione di invalidità civile la disciplina non è unitaria, ma deve distinguersi a seconda che il pagamento non dovuto riguardi la mancanza di requisiti reddituali, sanitari, socio-economici o questioni di altra natura. Tuttavia, tornando alla questione dell'affidamento, la sentenza afferma che non esiste nell'ordinamento un principio di indiscriminata ripetibilità di prestazioni già erogate, anche se la giurisprudenza, come si è detto, afferma pacificamente l'irrilevanza della data di revoca dei benefici assistenziali o della relativa comunicazione ai fini del giudizio di ripetibilità delle somme indebitamente erogate.

Con riferimento alle somme erogate dopo la visita di revisione, la stessa Corte costituzionale (448/2000) avverte circa l'esigenza di evitare che il percipiente non sia eccessivamente danneggiato dall'aver continuato a percepire nel tempo le somme, in presenza di una disciplina che impone all'Inps di adottare provvedimenti di revoca in breve tempo. La circostanza che aggrava il quadro normativo e fattuale così ricostruito è però data dal fatto che in questo caso manca l'adozione di un provvedimento di revoca per oltre dieci anni da parte dell'Inps , con la conseguenza che la stessa interessata non ha potuto esercitare il proprio diritto a contestare l'esito di quella visita e conseguentemente il giudizio di illegittimità dei ratei medio tempore ricevuti. Vi era dunque una situazione di pieno affidamento nella legittimità del trattamento dopo la visita di revisione, derivata anche dall'inerzia colpevole dell'amministrazione, e rafforzata dalla semplice constatazione, in capo alla titolare del trattamento, della sussistenza di un grado di invalidità totale (si discute dell'accompagnamento) e del fatto che il successivo trascorrere degli anni difficilmente avrebbe potuto provocare un miglioramento delle condizioni di salute. Non sempre, dunque, la data dell'accertamento amministrativo determina comunque la fine dell'affidamento dell'assistito nella definitività dell'attribuzione patrimoniale ricevuta (come invece affermato da Cassazione 26162/2016), dovendo verificarsi il rispetto da parte dell'Inps degli oneri di effettiva comunicazione del provvedimento di revoca, in ragione della tutela dell'affidamento dello stesso assistito.

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