Adempimenti

Terzo settore, stop agli interpelli preventivi per gli enti

di Francesco Capogrossi Guarna

Gli enti del terzo settore, incluse le imprese sociali, non potranno richiedere in via preventiva all’Amministrazione finanziaria la disapplicazione delle ipotesi distributive di utili, avanzi, fondi e riserve, anche in forme indirette.

Le nuove disposizioni sugli Ets, infatti, assumono una valenza generale nell’ordinamento (articolo 8, comma 3 del Dlgs 117/2017 e articolo 3, comma 2 del Dlgs 112/2017) e non hanno più una efficacia solo fiscale come norme antielusive di tipo sostanziale, a differenza di quanto previsto per le Onlus (Risoluzione 294/2002 e circolare 59/2007).

Viene meno, quindi, la possibilità per un Ets di presentare interpello disapplicativo in base allo statuto del contribuente prima di adottare comportamenti al di fuori delle rigide fattispecie riconducibili “in ogni caso” alle distribuzioni patrimoniali.

In particolare, il vincolo di destinazione del patrimonio alle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e l’assenza dello scopo di lucro soggettivo sono tra i requisiti essenziali per la qualifica degli Ets, la cui inosservanza comporta pesanti sanzioni agli amministratori (fino a 20 mila euro) con il rischio di cancellazione dell’ente dal Registro unico del terzo settore, di decadenza dai benefici anche tributari e di devoluzione patrimoniale.

Nella normativa previgente, sia per le Onlus (articolo 10, comma 6 del Dlgs 460/97), sia per gli enti associativi fiscalmente agevolati (articolo 148, commi 3-8 del Tuir), sono ricorrenti le previsioni volte ad evitare abusi e possibili aggiramenti dei vincoli distributivi attraverso meccanismi indiretti, spesso utilizzati per favorire chi ha precisi “interessi” verso l’ente, garantendo il corretto utilizzo delle norme di favore per realizzare le attività tipiche.

Pertanto, nessuna prova contraria potrà essere fornita in anticipo alle amministrazioni vigilanti sul terzo settore (ministero del Lavoro e agenzia delle Entrate), per acquisire un parere che legittimi la disapplicazione delle presunzioni “assolute” in assenza di abusi e intenti elusivi. Al contrario, l’onere probatorio sarà a carico delle autorità di controllo in caso di contestazione di nuove ipotesi non più ex lege, poiché la norma, secondo la relazione illustrativa al Codice del terzo settore, «non esclude che altre fattispecie atipiche di distribuzione possano configurarsi».

Molte previsioni distributive per gli Ets, nel riprodurre situazioni già vigenti per le Onlus, continueranno a lasciare aperti gli stessi dubbi applicativi di sempre in conseguenza degli ampi margini discrezionali di valutazione.

È il caso, ad esempio delle «valide ragioni economiche» sottostanti al pagamento di corrispettivi superiori al «valore normale» di beni o servizi acquistati ovvero delle «condizioni più favorevoli di quelle di mercato» per cessioni di beni e prestazioni di servizi «esclusivamente in ragione della loro qualità» a soggetti operanti per l’ente o che ne fanno parte.

Allo stesso modo, altre fattispecie introducono nuove variabili di tipo soggettivo che potrebbero alimentare contenziosi in assenza di una preventiva richiesta di disapplicazione che appare necessario regolamentare ex novo. È il caso dei compensi per gli organi e per le cariche sociali «non proporzionati all’attività svolta» o comunque superiori a quelli previsti per chi opera in enti «nei medesimi o analoghi settori e condizioni», che obbligheranno gli enti a complessi sistemi di valutazione interna e a costose analisi di mercato.

La stessa difficoltà si incontrerà nel dimostrare le «comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze» per pagare stipendi o compensi superiori del 40 per cento rispetto a quelli dei contratti collettivi per le stesse qualifiche in ambito sanitario, universitario o di ricerca scientifica, dovendo l’ente acquisire da subito adeguate prove documentali in caso di successivi controlli.

Infine, in seguito all’abrogazione delle norme sulle Onlus ad opera del Codice del terzo settore, rimarrà un vuoto applicativo sulla nozione di «distribuzione indiretta» per gli enti non commerciali associativi «non ETS» (articolo 148 comma 8 lettera a) del Tuir, e articolo 4, comma 7, lettera a) del Dpr 633/1972) ai quali i criteri e le fattispecie presuntive si estendevano in via interpretativa (circolare del ministero delle Finanze 124/1998 e 168/1998). Non ci sarà quindi più alcun riferimento per identificare le ipotesi vietate ex lege, neanche con il rinvio a quelle previste per gli Ets che gli enti fiscalmente agevolati potevano chiedere all’agenzia delle Entrate di disapplicare.

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