Rapporti di lavoro

Appalti, nel contenzioso tra le parti prova «diabolica» per la difesa

di Claudio Tucci

Il decreto legge che ripristina la responsabilità solidale “illimitata” e senza filtri tra committente e appaltatore negli appalti e subappalti privati (gli appalti pubblici sono esclusi in quanto disciplinati da una normativa differente) cancella le ultime modifiche fatte dal Parlamento nel 2012 per regolare, a livello processuale, questa vera e propria “responsabilità oggettiva” in capo alle imprese committenti (di solito, medio-grandi); modifiche che non intaccavano le tutele per i lavoratori nei casi di inadempimenti legati al rapporto d’impiego (essenzialmente, retribuzioni e contributi).

Il tema è delicato «e il rischio ora - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma - è che si possa eludere il contraddittorio tra le parti nel processo finalizzato all’accertamento del credito del lavoratore che si potrebbe realizzare senza il datore di lavoro (l’appaltatore), ma solo a carico del committente che non avendo gestito il rapporto di impiego non potrà difendersi dalle inadempienze del datore di lavoro (l’appaltatore), assente dal giudizio. Committente che, per di più, non potendo far valere il beneficio della preventiva escussione del debitore reale (il datore di lavoro/appaltatore), subirà anche l’azione esecutiva promossa dal dipendente dell’appaltatore, salvo poi recuperare le somme nei confronti dell’appaltatore».

Il passo indietro è significativo. Fino al 2012 il lavoratore poteva chiamare in giudizio il solo committente, e non anche il suo datore di lavoro/appaltatore. E così, finiva che il committente, non potendo difendersi, era tenuto a pagare, salvo poi agire in rivalsa nei confronti dell’appaltatore. A rendersi conto, indirettamente, delle criticità del meccanismo della responsabilità solidale, specie se estesa a tutta la catena degli appalti, fu per primo il decreto Bersani del 2006, che previde una procedura alternativa basata sull’acquisizione di documentazione attestante la regolarità contributiva, che, se attuata, avrebbe fatto venir meno la responsabilità solidale. La norma fu poi abrogata prima di entrare in vigore perché eccessivamente complessa; ma l’idea di “alleggerire” la posizione del committente è stata ripresa dalla legge Fornero, che ha introdotto due correttivi: la possibilità per un contratto collettivo nazionale di prevedere metodi e procedure di controllo della regolarità degli appalti (sostitutivi della responsabilità solidale); e il beneficio della preventiva escussione.

Ebbene, il decreto del governo, che inizia l’esame alla Camera, azzera queste modifiche. Per i lavoratori non cambia nulla, visto che oltre alla responsabilità in solido (che resta vigente, e intatta) sono tutelati anche dal fondo di garanzia presso l’Inps che assicura le ultime tre retribuzioni e il Tfr maturato. Per le imprese, invece, la cancellazione dell’obbligo di chiamare in causa tutte le aziende coinvolte dal vincolo di solidarietà lede le imprese corrette e, soprattutto, i committenti: «Si tornerebbe nell’incertezza - evidenzia il professor Maresca - e a contenziosi incontrollabili, nei quali il committente non potrebbe esercitare a pieno il diritto di difesa costituzionalmente garantito, non potendo, a fronte di una richiesta, per esempio, di pagamento dello straordinario o delle differenze per svolgere mansioni superiori, avere cognizione dei fatti costitutivi dei diritti vantati dai dipendenti dell’appaltatore che, magari, gestisce l’appalto (di un call center) in un luogo neppure accessibile al committente. Peraltro il committente non deve controllare il dipendente dell’appaltatore, ne ingerirsi nella gestione del rapporto del suo rapporto di lavoro, in quanto ciò determinerebbe l’illegittimità dell’appalto. Di qui l’urgenza di un correttivo: il ripristino della preventiva escussione, o almeno del litisconsorzio necessario».

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