Rapporti di lavoro

Per il lavoro incentivi a regime

di Maria Carla De Cesari, Mauro Pizzin e Matteo Prioschi

Vedi: la ricerca dell'Osservatorio dei consulenti del lavoro

Le nuove tecnologie probabilmente non avranno effetti devastanti sull’occupazione, ma il processo di transizione verso la quarta rivoluzione industriale deve comunque essere gestito, puntando in particolare sulla formazione e riqualificazione dei lavoratori.

Della “ricetta” per il lavoro di domani si è discusso ieri nella giornata inaugurale del Festival del lavoro, organizzato dal consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e dalla Fondazione studi, partendo dai dati di una ricerca dell’Osservatorio statistico dei consulenti. Indagine che ha messo in evidenza come finora l’occupazione in Italia abbia risentito poco degli effetti delle nuove tecnologie perché siamo in ritardo nel processo di innovazione.

Un quadro in linea con quanto affermato da Stefano Sacchi, presidente Inapp, secondo cui «questo però non deve rallegrarci perché rischiamo di prendere tutto il peggio dell’impatto del cambiamento tecnologico senza goderne i vantaggi: perdita di occupazione soprattutto manuale, senza creazione di nuova occupazione connessa alle professioni innovative». Una situazione a cui si deve rispondere, secondo Sacchi, con politiche pubbliche di incentivazione dell’adozione di nuove tecnologie e di formazione.

Un cambiamento talmente forte che va gestito collettivamente, ha sottolineato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervenuto con un videomessaggio: «Non c’è qualcuno che lo può affrontare da solo. Non lo possono fare i governi, le organizzazioni economiche, i rappresentanti dei lavoratori e delle imprese. C’è bisogno di responsabilità condivisa».

Di certo, nell’immediato, per sostenere l’occupazione meglio abbandonare il sistema di incentivi spot. «Gli incentivi - ha affermato Guglielmo Loy, segretario confederale Uil - non possono portare a cambiamenti di sistema. Servono per favorire assunzioni in situazioni in cui l’imprenditore è indeciso, ma non se mancano completamente le condizioni». Secondo il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, gli interventi degli ultimi anni hanno favorito il lavoro a tempo indeterminato, più di qualità rispetto a quello precario, ma «nella prossima legge di bilancio gli incentivi dovrebbero essere strutturali in modo da dare certezze alle aziende», magari con una riduzione di sei punti percentuali del carico contributivo. Nettamente contrario agli interventi spot, il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, per cui i 20 miliardi di euro spesi negli ultimi anni avrebbero dato migliori risultati se si fosse ridotto il costo indiretto del lavoro in via definitiva.

Il Governo ha incentivato, nell’ultima manovra, gli investimenti delle Casse di previdenza nell’economia reale: «Questo meccanismo – ha ricordato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan – ha già dato alcuni risultati. Vorrei però dire che è importante che le Casse mostrino più interesse ed entusiasmo per questi strumenti».

Una dichiarazione, quella del ministro che, aggiunta all’affermazione tranchant sulla richiesta di razionalizzazione del calendario fiscale («il tax day potrebbe essere una cosa desiderabile ma in quel giorno tutti dovrebbero pagare una quantità di imposte elevate perché concentrate»), è destinata ad alimentare la dialettica tra il Mef e i professionisti. «Al ministro avevamo chiesto una modifica del calendario fiscale che eviti di far diventare strutturali le richieste di proroga - la replica di Marina Calderone, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro -. L’amministrazione finanziaria deve comprendere che i professionisti sono sì portatori di interessi altrui, ma a queste persone devono dare delle risposte».

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