Contenzioso

Nei licenziamenti collettivi va valutata la condizione economica

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Il riferimento ai carichi di famiglia tra i criteri di scelta da utilizzare, nell'ambito di una procedura di riduzione del personale, per l'individuazione dei lavoratori in esubero è da intendersi nella più ampia accezione della «situazione economica» in cui versa il nucleo familiare.
L'articolo 5 della legge 223/1991 prevede che, in mancanza di accordo sindacale, i licenziamenti che l'impresa potrà adottare al termine della procedura collettiva dovranno avvenire nel rispetto, in concorso tra loro, dei criteri di scelta delle esigenze tecnico-produttive e organizzative, dell'anzianità e dei carichi di famiglia.

La Cassazione (sentenza 20464/2018, depositata ieri) precisa che la nozione di carichi di famiglia che si desume dalla norma non è limitata ad una verifica del numero dei familiari a carico sul piano fiscale, ma deve ricomprendere il più generale ed effettivo fabbisogno economico cui il lavoratore è chiamato a concorrere per soddisfare le esigenze del proprio nucleo.

Non diversamente dal concetto dei carichi di famiglia introdotto dall'Accordo interconfederale 5 maggio 1965 sui licenziamenti per riduzione del personale, anche per il criterio di scelta gemello previsto dall'articolo 5 della legge 223/1991 la ratio è quella di tutelare la condizione economica effettiva del nucleo familiare dei lavoratori esposti alla perdita del posto di lavoro nell'ambito di una procedura di esubero.

La Cassazione osserva che il parametro della dichiarazione Irpef non costituisce dato sufficiente per misurare il criterio dei carichi familiari, in quanto al datore è richiesta una verifica più ampia nello spettro delle conoscenze a sua disposizione, che fotografi il fabbisogno effettivo determinato dalla situazione economica della famiglia.

Il caso in esame era relativo alla impugnazione del licenziamento intimato all'esito di una procedura collettiva nei confronti di una lavoratrice, la quale lamentava una pesatura non corretta dei propri carichi di famiglia. La Corte d'appello di Milano, riformando la decisione di primo grado, ha accolto la censura della dipendente, rimarcando che la verifica dei carichi di famiglia non può limitarsi alla dichiarazione Irpef dei lavoratori, se nel corso del rapporto di lavoro sono emersi altri elementi sull'effettiva situazione economica del nucleo familiare.

Per la Corte d'appello aveva rilevanza la circostanza che la lavoratrice avesse beneficiato dell'astensione obbligatoria per la nascita dei figli, atteso che tale evento consentiva al datore di avere una più ampia visuale sulla consistenza del nucleo familiare e, quindi, sul concorso economico che la lavoratrice poteva apportare.

La Cassazione sposa questa lettura e rimarca che un comportamento improntato a correttezza e buona fede impone di applicare il criterio dei carichi di famiglia senza limitarsi alla dichiarazione fiscale, bensì di utilizzarlo in concorso con tutti gli altri dati ufficiali di cui sia venuto a conoscenza durante il rapporto. Non è dirimente, in altri termini, la sola posizione Irpef, se la lavoratrice ha fruito di periodi di astensione obbligatoria, essendo in tal caso necessario allargare l'indagine alla situazione economica più generale del nucleo familiare cui il lavoratore contribuisce.

La sentenza n. 20464/18 della Corte di cassazione

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