Adempimenti

Distacco fraudolento, per la Corte Ue i certificati previdenziali possono essere revocati

di Stefano Rossi

L’esistenza del certificato A1 non impedisce al giudice o all’organo di controllo di accertare un distacco transnazionale fraudolento. Lo ha stabilito la Corte Europea di Giustizia con la sentenza n. C-359/2016 del 6 febbraio 2018. Gli organi ispettivi del Belgio avevano chiesto all'istituzione bulgara di riesaminare e di revocare il certificato relativo ai contributi a fronte della natura fittizia della tipologia contrattuale instaurata tra le aziende. L'istanza, tuttavia, non trovava alcun riscontro anche dopo un notevole lasso di tempo. La vicenda è arrivata davanti alla Corte europea, per comprendere se un certificato contributivo rilasciato da uno Stato membro possa essere annullato o ignorato da un giudice diverso da quello dello Stato membro di provenienza, quando i fatti sottoposti al suo giudizio consentano di stabilire che il certificato è stato ottenuto o invocato in modo fraudolento.

La Corte europea afferma che il principio di divieto di frode e dell’abuso del diritto non consentono alle aziende stabilite in uno Stato dell’Unione europea di beneficiare fraudolentemente o abusivamente dei vantaggi previsti dall’Unione stessa. In particolare, se l’istituzione dello Stato membro, nel quale i lavoratori sono stati distaccati, comunica all’ente che ha emesso il certificato elementi oggettivi e soggettivi concreti che suggeriscano la sua natura fraudolenta, quest’ultimo è obbligato, secondo il principio di leale collaborazione, a riesaminare la correttezza del modello previdenziale ed, eventualmente, a revocarlo. Se l'istituzione europea competente non provvede entro un termine ragionevole – continua la pronuncia – il giudice dello Stato membro può procedere alla valutazione degli elementi che hanno determinato l’illiceità del distacco transnazionale, ferme restando le garanzie procedimentali di difesa dell'azienda distaccante.

La pronuncia è interessante perché consentirà all’Inps e all’Inail di recuperare i contributi previdenziali e i premi assicurativi in caso di accertamento di un distacco non genuino, con conseguente responsabilità solidale in capo alle aziende italiane che usufruiscono della prestazione dei lavoratori distaccati. La responsabilità, per espressa previsione del decreto, si estende anche ai crediti retributivi (comprese le quote di Tfr), maturati nel periodo di esecuzione del contratto, nel termine di decadenza di due anni dalla fine del distacco.

Le conseguenze in caso di distacco illecito si registrano anche in materia sanzionatoria: si va infatti dalle sanzioni per la mancata instaurazione del rapporto di lavoro sino alla sanzione amministrativa di 50 euro per ciascun lavoratore e per ogni giorno di occupazione, nella forbice tra 5mila e 50mila euro. Per evitare di incorrere in queste conseguenze e, quindi, dimostrare la genuinità dell’operazione commerciale, sarà necessario richiedere all'impresa straniera l’iscrizione alla Camera di commercio, la comunicazione del distacco (resa obbligatoria dal Dlgs 136/2016), i contratti di lavoro, le buste paga e le quietanze di pagamento, i prospetti indicanti la durata dell’orario di lavoro giornaliero, la registrazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro del Paese di origine e, non da ultimo, il modello A1 relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile al lavoratore distaccato.

Corte Europea di Giustizia sentenza n. C-359/2016 del 6 febbraio 2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©