Previdenza

Decreto con appalti e lavoro, frenata su pensioni e flat tax

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il primo decreto legge del governo Conte sarà concentrato su misure «a costo zero», rimandando almeno all’autunno le misure più pesanti che dovrebbero preparare il terreno per riforma fiscale e reddito di cittadinanza. In prima fila, al momento, c’è un pacchetto di semplificazioni per gli appalti, accanto alle prime mosse per la riforma dei centri per l’impiego.

Per definire il quadro, oggi il premier Giuseppe Conte incontrerà il titolare dell’Economia Giovanni Tria con i due leader di maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini in un vertice che sarà dedicato prima di tutto all’analisi del Def ereditato dal governo Gentiloni. Al tavolo dovrebbe partecipare anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

Gli investimenti pubblici, infatti, dovrebbero essere insieme alle tasse i temi centrali della prima fase. Il capitolo fiscale potrebbe partire dal rinvio dell’e-fattura per i distributori che non sono ancora pronti a gestirla, concedendo quindi i tempi supplementari fino al 31 dicembre alle attuali schede carburanti. In quest’ambito è poi possibile qualche intervento sugli Isa, eredi degli «studi di settore» finiti nel mirino del governo, e sull’addio al redditometro (già praticamente fermo ai box): ma per la pace fiscale bisognerà con ogni probabilità aspettare l’autunno, quando sarà scaduta anche l’ultima rata della prima rottamazione, in scadenza al 1° ottobre. Partire prima con il «saldo e stralcio» e i super-sconti previsti dalla proposta del Carroccio, infatti, rischierebbe di interrompere gli incassi dell’operazione in corso. Anche per la dual tax, poi, la premessa indispensabile è la nuova analisi puntuale di deduzioni e detrazioni annunciata da Tria.

Il rilancio degli investimenti non si basa invece su nuove risorse, ma su un’opera di rimozione degli ostacoli normativi. Su due livelli. I tecnici lavorano a una prima semplificazione del Codice appalti, mentre è pronta la norma per distribuire fra le regioni un miliardo in due anni per la spesa in conto capitale (cifra messa a disposizione dall’ultima manovra). Tra le urgenze c’è poi il ritocco del pareggio di bilancio che libererebbe i “risparmi” («avanzi», nel linguaggio tecnico) degli enti locali per adeguarsi alle sentenze della Consulta. Alcuni interventi potrebbero anche tradursi in emendamenti al decreto terremoto.

Al momento, insomma, si dovrebbe rimanere lontani dai pilastri del contratto di governo, perché dual tax, reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni hanno bisogno di un lungo lavoro preparatorio. Sul punto, si fa strada l’ipotesi di aprire due fondi, uno per il reddito di cittadinanza e uno per la riforma fiscale, che dovranno però trovare le fonti di finanziamento. I margini dipenderanno dalle prospettive di finanza pubblica indicate nel Def, che attende ora le risoluzioni al voto dell’Aula il 19 giugno. Anche questo tema è nell’agenda del vertice di oggi, e quella che si prospetta da parte della maggioranza è una risoluzione leggera per ribadire il «no» agli aumenti Iva senza addentrarsi sulle coperture. Anche perché nel frattempo emergono segnali di rallentamento dell’economia che a settembre potrebbero imporre di rivedere al ribasso le stime di crescita: una parabola del genere complicherebbe i conti, ma offrirebbe argomenti utili per spingere misure anticicliche sul piano fiscale.

Le variabili in gioco

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