Contenzioso

Il Tfr matura durante la Cigd e se l’azienda fallisce il dipendente può accedere allo stato passivo

di Valeria Zeppilli

La cassa integrazione guadagni in deroga istituita dall'articolo 2, comma 64, della legge 92/2012 si configura come un caso di sospensione totale o parziale dal lavoro per il quale è prevista l'integrazione salariale. Si tratta, cioè, di un periodo in cui il lavoratore è assente dal lavoro, ma ha diritto alla retribuzione. Tale diritto può effettivamente essere soddisfatto interamente o parzialmente in forma previdenziale, ma ciò non toglie che il periodo di Cigd figuri come un periodo di retribuzione normale, senza che a nulla rilevi la circostanza che la conservazione della retribuzione sia limitata a un'aliquota percentuale della stessa.

Da simili considerazioni la Corte di cassazione (sezione lavoro, 25847/2022) ha fatto discendere la conclusione che anche la cassa integrazione guadagni in deroga deve essere fatta rientrare nella previsione del terzo comma dell'articolo 2120 del Codice civile, il quale, nel disciplinare il trattamento di fine rapporto, pone un'eccezione al fondamento rigorosamente retributivo del suo computo stabilendo che, in tutti i casi di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause previste dallo stesso articolo o in caso di sospensione totale o parziale con integrazione salariale, nel determinare la base di calcolo del Tfr va conteggiato anche l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto se il rapporto di lavoro si fosse svolto normalmente.

Nella medesima occasione, la Corte di cassazione ha avuto modo di ricordare che, se alla cessazione del periodo alle dipendenze del datore di lavoro il lavoratore non sia rioccupato, la cassa integrazione guadagni in deroga è pagata dal Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il ministero del Lavoro. Di conseguenza, come rilevato dai giudici, se il datore di lavoro fallisce, l'ammissione del dipendente allo stato passivo del fallimento è possibile esclusivamente per le quote di trattamento di fine rapporto maturate fino al periodo di Cigd e trasferite nel Fondo di tesoreria, chiaramente ove non sia provato il versamento delle stesse da parte del datore di lavoro.

Per comprendere meglio, è utile analizzare il caso specifico. Una lavoratrice, che era alle dipendenze di una società poi fallita, ha usufruito della Cigd da settembre 2012 a dicembre 2014 e, dal 1° gennaio 2015, non è stata rioccupata alle dipendenze dell'originario datore di lavoro ma è stata assunta, a seguito di trasferimento di ramo d'azienda, presso un'altra società.Per i giudici, la stessa ha quindi diritto a essere ammessa allo stato passivo per le quote di Tfr maturate dal 1° gennaio 2007 sino all'inizio del periodo di Cigd, non essendo stato provato che le stesse, trasferite al Fondo di tesoreria, erano state pagate dal datore di lavoro.

Non è invece stata reputata possibile la sua ammissione allo stato passivo per le quote maturate dall'inizio del periodo di cassa integrazione guadagni in deroga sino alla fine dello stesso (coincidente con la fine del suo rapporto di lavoro), in quanto tali quote erano a carico non del datore di lavoro fallito ma del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.

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