Contenzioso

Infortuni sul lavoro, protesi dentarie a carico dell’Inail

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di Mauro Pizzin


In caso di infortunio sul lavoro, la copertura assicurativa Inail opera per tutte le protesi dentarie anche se non funzionali a ridurre l'inabilità del lavoratore. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza 23885/2018, depositata ieri, in cui è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un dipendente caduto su una lastra di ghiaccio posta sul pavimento delle cella frigorifera della società per cui lavorava, nonostante indossasse calzature antinfortunistiche.

Confermando quanto deciso in primo grado dal tribunale, la Corte d'appello di Napoli aveva escluso ogni comportamento anomalo e imprevedibile del lavoratore in grado di interrompere il nesso causale tra l'evento e la responsabilità datoriale e aveva precisato anche che, a fronte del risarcimento del danno biologico e delle spese sostenute per cure mediche e protesi dentaria, non era ravvisabile alcun vizio di ultrapetizione in considerazione del fatto che il costo delle protesi dentarie non poteva essere ascritto all'Inail, «in quanto relative a postumi non incidenti sulla attitudine al lavoro».

Di diverso parere è stata, invece, la Cassazione, a cui aveva fatto ricorso l'azienda lamentando la violazione dell'articolo 66, numeri 5 e 6, e dell'articolo 90 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (Dpr 1124/1965). Secondo i giudici di legittimità - che sul punto hanno richiamato la decisione 17985/2013 della Cassazione - «la congiunta lettura delle due disposizioni non lascia dubbi sulla inclusione degli apparecchi di protesi tra i dispositivi medici la cui fornitura è rimessa all'istituto assicuratore nelle ipotesi in cui l'infortunio occorso ne determini la necessità».

Tutto ciò, in buona sostanza, anche nel caso in cui le protesi non siano funzionali a ridurre l'inabilità. Da ciò il rinvio della sentenza alla Corte territoriale per la rivalutazione della domanda originaria proposta sulla base dei principi appena esposti.

La sentenza n. 23885/18 della Corte di cassazione

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