Contenzioso

Giudice del lavoro, Cassazione a maglie larghe sulla competenza per materia

di Angelina Turco

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sull'efficacia di un precetto notificato all'Inps da un avvocato, avente ad oggetto le spese di lite liquidate a favore dello stesso in sentenza del Tribunale, affronta, tra l'altro, l'interessante tema della competenza per materia del giudice del lavoro.

Il professionista ricorrente aveva sollevato l'eccezione di incompetenza del giudice del lavoro, sostenendo la competenza, nel caso de quo, del giudice della sezione ordinaria, essendo il credito in questione di natura ordinaria e non previdenziale. La Corte d'Appello aveva ritenuto infondata tale eccezione. Contro tale decisione della Corte territoriale il professionista aveva proposto ricorso.

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza del 26 ottobre 2018, n. 27195, riprendendo e consolidando le argomentazioni già fornite dalla Corte d'Appello che aveva ritenuta infondata l'eccezione di incompetenza, spiega che, a seguito dell'istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l'insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all'interno dello stesso ufficio (Cass. n. 21774/2016).

Né, nel caso in esame, risulta la violazione del primo comma dell'art. 25 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, poiché, secondo la Cassazione, tale norma va riferita alla competenza dell'organo giudiziario nel suo complesso, impersonalmente considerato e non esclude che nell'ambito di questo possano verificarsi variazioni nella concreta composizione dell'organo giudicante (Cass. n. 12969/2004).

La Suprema Corte conclude affermando che la trattazione della controversia da parte del giudice adito, con un rito diverso da quello previsto dalla legge, non determina alcuna nullità del procedimento e della sentenza successivamente emessa, se la parte non dimostri che dall'erronea adozione del rito le sia derivata una lesione del diritto di difesa (Cass. n. 23682/2017), che nel caso in questione è stata solo teoricamente prospettata.

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