Contenzioso

L’infortunio sul lavoro si conteggia nel comporto a meno che sia avvenuto per colpa dell’azienda

di Mario Gallo

Un tema molto delicato è il rapporto tra la legittimità del licenziamento e l'assenza del lavoratore che ha subito un infortunio; in merito recentemente si è espressa la Corte di cassazione, sezione lavoro, che con la sentenza del 19 ottobre 2018, numero 26498 ha richiamato i principi fondamentali con alcune sottolineature di particolare rilievo.

Il caso affrontato riguarda l'infortunio di una lavoratrice, la quale, cadendo da una scala, ha riportato lesioni che hanno comportato l'assenza dal lavoro per oltre centottanta giorni; il datore di lavoro ha proceduto, quindi, al suo licenziamento per superamento del periodo di comporto, che è stato impugnato dall'infortunata.

La Corte d'appello di Palermo, tuttavia, ha confermato la legittimità del licenziamento; la dipendente ha, così, proposto ricorso per Cassazione censurando l'operato dei giudici di merito sotto diversi profili.

In particolare ha lamentato, tra l'altro, la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 2110 del Codice civile e dell'articolo 177 del Ccnl terziario, distribuzione e commercio del 2008, per aver ritenuto computabili nel periodo di comporto anche le assenze dovute a infortunio sul lavoro o malattia professionale e le stesse accomunate, nella disciplina contrattuale, alle assenze per malattia comune ai fini del periodo di conservazione del posto di lavoro.
Inoltre, sempre ad avviso della ricorrente, l'infortunio è imputabile al datore di lavoro sia per non aver previsto nel documento di valutazione dei rischi (articolo 28 del Dlgs 81/2008) il pericolo di caduta dall'alto, sia per aver cagionato una condizione di stress a causa del super lavoro a cui era stata sottoposta.

Carattere speciale della disciplina dell'articolo 2110 del Codice civile
La Cassazione ha, tuttavia, respinto il ricorso ritenendolo infondato, mettendo a fuoco alcuni importanti profili che si possono qui brevemente riassumere. In primo luogo viene fatto osservare che già in altre occasioni la stessa Corte aveva affermato come la fattispecie di recesso del datore di lavoro in caso di assenze determinate da malattia del lavoratore rientri nella disciplina dell'articolo 2110 del Codice civile che, in tale caso, stabilisce che «l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità».
Si tratta, quindi, di una disciplina speciale che prevale sia su quella generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali.

Assenze per infortunio o malattia professionale e responsabilità datoriale
Posto ciò, i giudici di legittimità hanno fatto rilevare che le assenze del lavoratore derivanti da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale sono, comunque, riconducibili alla nozione generale di infortunio o malattia contenuta nell’articolo 2110 del Codice civile, e di conseguenza «sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l'assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un'origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex articolo 2087 del codice civile».
In altri termini, la computabilità delle assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale nel periodo di comporto non si verifica nelle ipotesi in cui tali eventi non solo abbiano avuto «origine in fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni e comunque presenti nell'ambiente di lavoro», e siano pertanto collegate allo svolgimento dell'attività lavorativa, ma altresì quando il datore di lavoro abbia omesso di adottare le necessarie misure di prevenzione e protezione risultando, quindi, inadempiente all'obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell'articolo 2087 del Codice civile, che impone allo stesso di adottare tali misure per tutelare l'integrità psicofisica del prestatore di lavoro.
Nel caso specifico, quindi, la Corte d'appello di Palermo avendo accertato che la scala era conforme alle norme di sicurezza e che erano infondate le contestazioni sul documento di valutazione dei rischi e sull'imposizione di condizioni di lavoro super stressanti, ha escluso la responsabilità datoriale e, quindi, ritenendo che le assenze conseguenti all'infortunio sul lavoro occorso alla dipendente computabili ai fini del comporto, ha correttamente interpretato e applicato la disciplina collettiva, cui l'articolo 2110 del Codice civile rinvia, in coerenza con i principi richiamati.

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