Accelera la partita delle competenze incrociate per i profesionisti
Qualche mese fa era stata la volta dell’albo dei curatori fallimentari, aperto - con la contrarietà dei dottori commercialisti e, seppure meno palesata, degli avvocati - ai consulenti del lavoro. Ora in ballo ci sono gli affitti d’azienda, ma questa volta avvocati e commercialisti sono dall’altra parte, quella di chi si troverebbe ad ampliare il proprio raggio d’azione, potendo - secondo quanto previsto da un emendamento al decreto legge Crescita - autenticare firme e depositare atti di cessione. E a storcere il naso per questo ventilato travaso di competenze sono i notai.
Non sono che gli esempi più recenti di quanto il tema della difesa delle competenze riservate sia sentito dalle categorie. Problema che si amplifica quando a venir messe in discussione sono le competenze esclusive, quelle riservate a una determinata professione. Com’è il caso delle procedure per gli affitti d’azienda, oggi prerogativa dei notai.
Comunque, esclusive o meno, la questione rimane. E individuare i diversi ambiti di competenza, specialmente quando ci sono attività che possono essere svolte “in condominio”, non è facile. Si prendano i dottori commercialisti. La legge professionale riconosce loro un ampio ventaglio di competenze. «Non abbiamo, però, esclusive», spiega Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti. Secondo Miani le riserve professionali trovano maggiore giustificazione quando si svolgono attività con un prevalente interesse pubblico: «Mi vengono in mente - afferma - il diritto alla difesa o quello alla salute, che richiedono competenze specifiche».
Questo non significa che fra i dottori commercialisti non ci sia chi rivendica prerogative. «Nel 2019 - commenta Miani - mi sembra però un ragionamento di retroguardia. D’altra parte, anche se non in esclusiva, ci sono attività che ci appartengono quasi per intero. Penso a quelle fiscali, per il 75% sono nostro appannaggio, o la materia dei bilanci. È il mercato a riconoscere la qualità del nostro lavoro».
All’opposto si trovano i notai, che invece di competenze esclusive sono ricchi. «Ma c’è da fare una premessa », sottolinea Albino Farina, vicepresidente del Consiglio nazionale del notariato. «Noi siamo pubblici ufficiali, investiti di un ruolo di terzietà dallo Stato, che ha concepito questo sistema nell’interesse dei cittadini, soprattutto i contraenti più deboli, e delle imprese. Questo significa, per esempio, che i nostri atti devono essere custoditi per cento anni negli archivi notarili, per poi essere riversati agli archivi statali ». Dunque, affrontare un discorso di revisione delle competenze significa rivedere tutto il sistema. «Che non mostra segni di criticità -, aggiunge Farina - a cominciare dal fatto che il contenzioso nelle materie a noi affidate è praticamente inesistente. Una promiscuità delle competenze, invece, nuocerebbe al sistema».
A metà strada si trovano i consulenti del lavoro, che tra le diverse attività assegnate loro dalla legge, alcune, ma in misura minoritaria, sono in via esclusiva (si veda la scheda a fianco). «Noi abbiamo, però, la peculiarità - afferma Francesco Duraccio, segretario del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro - di essere doppiamente vigilati: dal ministero della Giustizia e da quello del Lavoro. E alcune riserve discendono proprio dal fatto che dobbiamo rispondere anche a quest’ultimo dicastero. Dunque, sono prerogative che hanno un loro fondamento».
Per gli avvocati, che pure hanno competenze esclusive, il problema degli”sconfinamenti” esiste, ma al momento non c’è una posizione ufficiale del Consiglio nazionale forense, che si è rinnovato da poco più di un mese.