Contenzioso

Cessione d’azienda: quando si configura e chi la prova

Grava sul datore di lavoro cedente l’onere di provare che si sono verificati i presupposti idonei a concretare un trasferimento di ramo

di Valeria Zeppilli

In coerenza con la disciplina posta dall'Unione europea, per aversi cessione di ramo d'azienda è necessario che a essere ceduto sia un complesso di beni che si presenti in maniera oggettiva come entità dotata di una propria autonomia dal punto di vista sia organizzativo, sia economico, funzionalizzata allo svolgimento di un'attività di produzione di beni o di servizi.
A precisarlo è la Corte di cassazione (sezione lavoro, 16 novembre 2022, numero 33814), la quale rammenta che la direttiva UE n. 23 del 12 marzo 2001 stabilisce espressamente che il trasferimento rilevante ai fini che la interessano è quello di un'entità economica che conserva la propria identità, da intendersi come un insieme di mezzi organizzati per lo svolgimento di un'attività economica, essenziale o accessoria che sia.
La conservazione dell'identità dell'entità economica, quindi, rappresenta il criterio decisivo per comprendere se ci si trova di fronte a un trasferimento giuridicamente rilevante e la stessa va verificata prendendo principalmente come riferimento l'effettiva prosecuzione o ripresa della gestione del ramo.
Tutto ciò premesso, è chi intende avvalersi dell'eccezione al principio del consenso necessario del lavoratore/creditore ceduto, posto dall'articolo 2112 del codice civile, che deve dimostrare la sussistenza dei requisiti che condizionano l'operatività di tale norma. Così, è sul datore di lavoro cedente che grava l'onere di provare che nel caso di specie si sono verificati i presupposti idonei a concretare un trasferimento di ramo d'azienda.
Sul punto occorre inoltre precisare che, per i giudici, in simili casi non vale la regola posta dall'articolo 2556 del codice civile che, nel limitare la possibilità di ricorso alla prova testimoniale, stabilisce che i contratti che hanno come oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di un'azienda vanno necessariamente provati per iscritto. Tale regola, infatti, vale esclusivamente tra le parti contraenti, operando solo quando a essere dedotto come fonte di obblighi sia direttamente e specificamente il contratto e la parte domandi giudizialmente l'accertamento o l'adempimento del proprio credito.
Sempre in materia di prova del trasferimento d'azienda, la Corte di cassazione ha poi ribadito che, nel nostro ordinamento, vale in ogni caso il principio cosiddetto di acquisizione probatoria, che si affianca a quello dispositivo e prevede che il libero convincimento del giudice possa formarsi sulla base di tutte le risultanze istruttorie del processo, indipendentemente dalle modalità con le quali siano state legittimamente acquisite e da chi sia la parte a iniziativa della quale sono state raggiunte. Il che vuol dire che non può affermarsi che il buon fondamento del diritto vantato debba essere dimostrato esclusivamente con le prove prodotte dal soggetto onerato, ma è possibile che la prova fornita da una parte venga utilizzata per trarre argomenti favorevoli alla controparte.

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