Contenzioso

Compiuta giacenza valida ai fini del licenziamento grazie alle schede postali

Documentate dal datore tutte le fasi di consegna e restituzione della missiva. Decaduta la lavoratrice dalla possibilità di impugnare tempestivamente il recesso aziendale

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di Angelo Zambelli

Un’interessante pronuncia della Cassazione (sentenza 15397/2023 del 31 maggio scorso) torna a fare il punto sull’idoneità della compiuta giacenza della raccomandata, inviata al domicilio del lavoratore, a fondare la presunzione legale di conoscenza della lettera di licenziamento in essa contenuta.

Prima di entrare nel merito della pronuncia in commento, si ricorda che la lettera di licenziamento ha natura di atto unilaterale recettizio Si ricorda che la lettera di licenziamento ha natura di atto unilaterale recettizio e come tale, in base all’articolo 1334 del codice civile, «produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della persona a cui è destinata». A norma del successivo articolo 1335 gli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario (come, appunto, la lettera di licenziamento) si reputano conosciuti già nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Si tratta di una presunzione legale di conoscenza che opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto recettizio all’indirizzo del destinatario della comunicazione. Affinché tale presunzione sia superata, è necessario che sia fornita la prova contraria dell’impossibilità di averne notizia senza colpa del destinatario.

Tornando al caso in esame, la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado, con la quale erano state respinte le domande di una lavoratrice dirette all’annullamento del licenziamento disciplinare intimatole dal datore di lavoro. In particolare, i giudici di merito ritenevano intervenuta la decadenza dal potere di impugnazione stragiudiziale del licenziamento entro 60 giorni dalla sua notifica (in base all’articolo 6 della legge 604/1966), giudicando valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata al domicilio della lavoratrice, e ciò sebbene il datore avesse omesso di produrre in giudizio la copia dell’avviso di ricevimento immesso nella cassetta postale.

La Corte d’appello, infatti, reputava idonea a dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio la mera produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative estratte dai dati informatici di Poste Italiane (a cui è affidato il servizio postale universale, con attribuzione di funzioni di certificazione), dalle quali si desumeva pacificamente la mancata consegnata della raccomandata, il suo successivo deposito presso l’ufficio postale e la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza.

La Cassazione, interessata della questione, conferma quanto già deciso dai giudici di merito e rigetta il ricorso della lavoratrice basando la propria decisione, da un lato, sul fatto che la documentazione prodotta dal datore di lavoro fosse idonea a fondare la presunzione di conoscenza della lettera di licenziamento e, dall’altro, che l’allegazione della lavoratrice di non aver mai ricevuto l’avviso di giacenza nella sua cassetta postale non fosse di per sé sufficiente a vincere detta presunzione.

Nello specifico, secondo i giudici di legittimità, la presunzione di conoscenza dell’atto recettizio è stata integrata non tanto dalla prova della spedizione della raccomandata (di per sé sola non sufficiente a dimostrare l’operatività della presunzione di conoscenza), ma dal fatto che il datore di lavoro ha prodotto e documentato in giudizio tutte le attività svolte dall’agente postale incaricato della consegna per il tramite delle schede informative reperite dal sito internet di Poste Italiane (dalle quali si ricavavano tutte le fasi di spedizione della lettera di licenziamento, sino alla restituzione al mittente della missiva).

Da parte sua, la lavoratrice non è stata invece in grado di fornire la prova dell’impossibilità di avere notizia della comunicazione senza colpa, essendo la comunicazione di licenziamento pervenuta all’indirizzo che la stessa aveva fornito al datore (peraltro, in capo alla lavoratrice vigeva anche un obbligo contrattuale collettivo di comunicare “con sollecitudine” eventuali mutamenti di residenza o domicilio al datore) e non potendosi ritenere sufficiente a vincere la presunzione la mera allegazione di non avere mai rinvenuto all’interno della sua cassetta postale l’avviso di giacenza.

Pertanto, sulla base dei presupposti sopra richiamati, i giudici di legittimità hanno affermato che, nel caso di specie, si potesse ritenere dimostrata l’operatività della presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 del codice civile.

Per completezza, valga ricordare come ad altra e diversa conclusione sarebbe giunta la Corte di legittimità se il datore di lavoro non avesse adeguatamente giustificato la mancata produzione dell’avviso di ricevimento e/o non vi fossero stati altri elementi di prova volti a dimostrare l’avvenuta consegna della raccomandata di licenziamento al lavoratore (come, invero, avvenuto nel caso in esame con le schede informative provenienti da Poste Italiane). Infatti, in tali casi, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di esprimersi in passato affermando che il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l’operatività della presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 del codice civile solo in virtù della prova dell’invio della raccomandata (cfr. Cassazione civile sez. III, 27/10/2022, n. 31845; Cassazione civile sez. VI, 11/01/2019, n. 511).

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