Rapporti di lavoro

Confindustria: da rivedere norme su whistleblowing

In un paper al Parlamento, le criticità del recepimento dell’ultima direttiva Ue

di Giovanni Negri

Intervenire sul perimetro delle imprese interessate, sia private sia pubbliche, limitare le segnalazioni destinate a pubblicità, prevedere sanzioni efficaci per le segnalazioni false o infondate, istituire un sistema di protezione per la persona coinvolta da segnalazioni. È un pacchetto di modifiche che tocca molti punti cruciali dello schema di decreto legislativo che recepisce l’ultima direttiva sul whistleblowing quello che Confindustria ritiene necessario in un paper inviato al Parlamento, mentre la commissione Giustizia della camera voterà domani il parere sul testo approvato a inizio dicembre dal Consiglio dei ministri.

Innanzitutto andrebbe limitato l’ambito di applicazione nel settore privato ai soggetti dotati di un modello organizzativo 231 che impieghino più di 50 dipendenti. Il provvedimento invece prevede un ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione anche a piccole e micro-imprese sotto i 50 dipendenti, se dotate di un modello 231, esito che la Direttiva prevede quale facoltà riconosciuta agli Stati membri, ma solo dopo un’adeguata valutazione dei rischi. «Peraltro - si legge-, la formulazione attuale rischierebbe di disincentivare le piccole e medie imprese fino a 50 dipendenti ad adottare o a mantenere il modello 231, con un aggravio di adempimenti che mal si conciliano con le dimensioni organizzative del nostro tessuto produttivo». Di conseguenza, per i soggetti privati che adottano un modello, ma che hanno meno di 50 dipendenti, l’indicazione è di continuare ad applicare l’attuale disciplina sul whistleblowing.

Le segnalazioni di semplici violazioni del modello 231 dovrebbero poi essere veicolate soltanto attraverso il canale interno, distinguendole così, tra le altre, da quelle di reati presupposto della responsabilità 231. Al contrario, l’attuale versione del provvedimento prevede che le condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto 231 o le violazioni dei modelli 231 possano essere oggetto di segnalazione interna o di divulgazione pubblica. Come pure andrebbe escluso il ricorso alla segnalazione esterna se quella interna si è conclusa con un provvedimento finale negativo.

Il documento suggerisce poi di «“limitare” ai mass-media (presidiati dalle normative di settore) i canali di divulgazione pubblica», evitando il rischio di diffusione attraverso canali privi di adeguate forme di controllo, come i social network. Andrebbero poi previste sanzioni efficaci per dissuadere il segnalante dall’effettuare, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino false o infondate, come previsto dalla direttiva e dall’attuale disciplina del decreto 231/2001.

Lo schema poi non considera la necessità, peraltro prevista espressamente dalla direttiva, di disporre un’adeguata tutela anche della persona coinvolta, cioè la persona fisica o giuridica oggetto della segnalazione o, comunque, interessata dalla stessa. Quando invece, ricorda il documento di Confindustria, andrebbe espressamente disciplinato il diritto della persona coinvolta dalla segnalazione di essere sentita dal soggetto interno o dall’autorità esterna competenti a ricevere la segnalazione, di difendersi e di accedere agli atti interessati alla segnalazione stessa, in linea con quanto previsto dalla direttiva.

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