Contratto a chiamata e esonero donne svantaggiate
La circolare INPS n. 32 del 22 febbraio 2021, citata dal gentile lettore, configura l'esonero di cui all'articolo 1 co. 16-19 della legge 178/2020 (legge di bilancio per il 2021) “come un'estensione” dell'esonero di cui all'articolo 4, commi da 9 a 11, della legge cd. Fornero del mercato del lavoro (legge 92/2012). La interpretazione dell'INPS, che si condivide, deriva dall'espresso richiamo contenuto nell'articolo 1 co. 16 della medesima legge di bilancio. Da tale interpretazione consegue che la locuzione “assunzioni di donne lavoratrici” di cui alla norma, deve necessariamente essere intesa come “assunzioni di donne lavoratrici svantaggiate”. Differentemente non vi sarebbe compatibilità con l'esonero previsto dalla legge Fornero, pure espressamente richiamato. Circa lo specifico quesito riferito alla individuazione delle “donne lavoratrici svantaggiate” riferite alla categoria di cui alla lettera d) del paragrafo 3 della circolare INPS 32/2021, si precisa che la locuzione “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi” si interpreta nel senso che, ai fini del rispetto del requisito, occorre considerare il periodo di 24 mesi antecedente la data di assunzione e verificare: A) che nell'arco dei suddetti 24 mesi la lavoratrice non abbia svolto un'attività di lavoro subordinato legata a un contratto di durata (non importa se a tempo indeterminato o determinato) di almeno 6 mesi (in questo caso è pertanto rilevante la durata della attività svolta); B) che nell'arco temporale descritto la lavoratrice non abbia svolto un'attività di collaborazione coordinata e continuativa (ovvero a questa assimilata) la cui remunerazione annua sia superiore a 8.145 euro (non è rilevante la durata); ovvero nel medesimo arco temporale la lavoratrice non abbia svolto una attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo lordo superiore a 4.800 euro (anche in questo caso non è rilevante la durata della attività). Nel quesito si riferisce di un contratto di lavoro intermittente (a chiamata) della durata di sette mesi. Il contratto di lavoro intermittente, ossia il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore per lo svolgimento di una prestazione di lavoro "su chiamata", rientra nell'ambito del lavoro subordinato. Infatti la prestazione relativa non si differenzia da qualunque altra prestazione di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., ad eccezione delle modalità temporali in cui essa è utilizzabile dal datore di lavoro. Ciò è reso ancor più evidente dalla attuale formulazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 81/2015 (“il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente”). Si noti inoltre che, secondo l'art. 16, co. 5, del citato decreto legislativo, l'eventuale rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata rappresenta un possibile motivo di licenziamento, mentre precedentemente tale rifiuto era qualificato come eventuale causa di risoluzione del contratto (art. 36, co. 6, decreto legislativo n. 276/2003). Ciò “a conferma dell'operatività delle normali categorie lavoristiche [del lavoro subordinato: NdA] in ogni fase di svolgimento del rapporto di lavoro intermittente, ossia tanto durante l'esecuzione della prestazione, quanto durante la fase di mera disponibilità alla chiamata” (R. VOZA, Gli ennesimi ritocchi alla disciplina del lavoro intermittente, 2015). La riconducibilità del contratto di lavoro intermittente al lavoro subordinato è inoltre ammessa dalla stessa giurisprudenza (v. ad es. Cass 24951/2021). Tanto premesso, ammessa la riconducibilità del lavoro intermittente o a chiamata nell'alveo del lavoro subordinato, la soluzione del quesito proposto deve essere valutata alla luce dei criteri di cui alla lettera A) sopra indicati. Poiché si riferisce di un “contratto a chiamata di 7 mesi” intercorso nei 24 mesi precedenti alla assunzione, si ritiene che tale contratto sia di impedimento alla assunzione della lavoratrice con i benefici previsti dall'articolo 1 co. 16-19 della legge di bilancio per il 2021.
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