Previdenza

Dal 1° gennaio pensioni più ricche del 7,3%. Stretta in vista sugli assegni alti

In Gazzetta Ufficiale il decreto Mef-Lavoro con la nuova rivalutazione

di Mauro Pizzin

Dal 1° gennaio 2023 gli assegni pensionistici dal valore ricompreso entro quattro volte il trattamento minimo saranno aumentate del 7,3% grazie alla perequazione automatica delle pensioni e in base a quanto stabilito dal decreto Mef-Lavoro dello scorso 10 novembre, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 271/2022 del 19 novembre. Per quelle di entità superiore, attualmente, già sottoposte a un décalage, nella prossima legge di bilancio potrebbe essere però prevista una correzione in senso peggiorativo del meccanismo di rivalutazione. Si ricorda che l’adeguamento all’inflazione viene effettuata sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati nei primi nove mesi dell’anno di riferimento, salvo conguaglio da effettuare in sede di perequazione per l’anno successivo, in questo caso dal 1° gennaio 2024.

Per anno in corso la crescita record dell’inflazione aveva già portato a due interventi a favore dei pensionati, contenuti del decreto Aiuti-bis (Dl 115/2022):

1 il primo intervento è costituito dall’anticipo al 1° novembre del conguaglio della perequazione dovuto per il 2022, con riconoscimento della rivalutazione dell’1,9% contro l’1,7%;

2 è stato deciso, inoltre, l’anticipo della rivalutazione al 2% dei ratei spettanti nell’ultimo trimestre 2022 se d’importo lordo entro i 2.692 euro, individuato quest’ultimo in analogia con quello utilizzato nell’articolo 1, comma 121, della legge 234/2021 per definire i beneficiari dell’esonero contributivo pari a 0,8 punti percentuali per tutto il 2022 e corrispondente a poco meno di 35mila euro su base annua, tredicesima inclusa.

Ne consegue che dal prossimo gennaio i pensionati che hanno già ricevuto l’anticipo del 2% nell’ultimo trimestre 2022 vedranno aumentato l’importo pensionistico solo della quota residua del 5,3 per cento.

Come è stata anticipato, inoltre, la rivalutazione già ora non si applica integralmente per l’intero indice Istat su tutti gli assegni, ma solo per quelli fino a quattro volte il trattamento minimo Inps (525,38 euro), per poi scendere al 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese fra quattro e cinque volte il trattamento minimo e al 75% per le fasce di importo superiori a cinque volte quello minimo.

Su questo fronte, le ultime ipotesi sul tavolo del governo per la nuova legge di bilancio, in discussione in questi giorni, confermano l’ indicizzazione piena per le pensioni fino circa 2.100 euro al mese, tetto sopra il quale potrebbe scattare la stretta scendendo subito al 50% o attraverso un meccanismo con nuove “fasce”: un’operazione che permetterebbe al governo di recuperare almeno 600-800 milioni.

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