Contenzioso

Danno differenziale, scomputo solo per voci omogenee

di Mauro Pizzin

Nella liquidazione del danno biologico differenziale, di cui il datore deve rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa Inail, per gli infortuni sul lavoro verificatisi e le malattie professionali denunciate prima del 1° gennaio 2019 il giudice non può detrarre dall’ammontare complessivo della rendita Inail la quota legata alla retribuzione e alla capacità lavorativa dell’assicurato, la quale indennizza il danno patrimoniale. Agli eventi infortunistici precedenti il 2019, infatti, non possono essere applicate le novità introdotte dall’articolo 1, comma 1126, della legge 145/2018 (Bilancio 2019).

Lo ha chiarito la Sezione lavoro della Cassazione con la sentenza 13645/2019, pubblicata ieri, relativa al caso di un lavoratore infortunatosi per una caduta determinata dalla mancanza di un parapetto alla cui posa avrebbe dovuto provvedere la direzione dei lavori: un’omissione che integrava il reato di lesioni colpose, con responsabilità civile del datore di lavoro.

Motivo del contendere di fronte ai giudici di legittimità è stato il quantum del danno differenziale da liquidare all’infortunato, ottenuto dalla differenza tra quanto versato dall’Inail come indennizzo e quanto può essere richiesto al datore a risarcimento del danno in sede civilistica: un calcolo che, secondo la Corte d’appello di Ancona, andava fatto detraendo tutto ciò che era stato indennizzato dall’Istituto, mentre per l’infortunato - il quale avrebbe poi presentato ricorso - avrebbero dovuto essere escluse le somme ricevute a titolo assistenziale o retributivo.

Nel sostenere le ragioni del ricorrente, la Cassazione ha sottolineato che nel giudizio di secondo grado è stato disatteso il criterio del calcolo differenziale per voci distinte e omogenee, con l’applicazione, al suo posto, di quello per voci complessive, ossia per sommatoria, portando così in detrazione anche quanto erogato dall’Inail a titolo di indennità temporanea e per una ricaduta in base all’articolo 66, comma 1, n.1, del Dpr 1124/1965. Una scelta, quella della Corte d’appello, basata sulla lettura interpretativa dell’articolo 10, comma 7, del Dpr 1124/1965 secondo cui, quando si fa luogo al risarcimento del danno, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate in base agli articoli 66 e seguenti, con espresso richiamo anche a quelle giornaliere sopra citate.

Per la Cassazione questa lettura dell’articolo 10 è stata superata dalla giurisprudenza di legittimità formatasi dal 2015, ossia dopo la sentenza impugnata, risalente al gennaio 2014. Secondo questo indirizzo il raffronto tra risarcimento del danno civilistico e indennizzo Inail va effettuato per poste omogenee, distinguendo tra danno patrimoniale e non patrimoniale, sottraendo dal risarcimento all’infortunato solo quanto da lui ricevuto per la seconda tipologia di danno: operazione non effettuata nel giudizio di merito.

Una prevalenza del criterio di scomputo “per poste”, quello definito dalla Cassazione, prevalente su quello “per sommatoria” fatto proprio dalla Corte d’appello e introdotto di recente nel tessuto normativo con le modifiche apportate agli articoli 10 e 11 del Dpr 1124/1965 dalla legge di Bilancio 2019, la quali, tuttavia - si sottolinea nella sentenza - avendo carattere innovativo e non interpretativo non possono essere applicate retroattivamente agli eventi precedenti il 2019.

La sentenza n. 13645/19 della Corte di cassazione

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