Esenzione Irpef al 90% senza opzione per i docenti impatriati
Il reddito va indicato in misura ridotta in Redditi o nel 730
La normativa agevolativa riservata a ricercatori e docenti non introduce un regime opzionale e, pertanto, non richiede, per la relativa applicazione, che il ricercatore o il docente formuli una richiesta al proprio datore di lavoro ovvero che evidenzi nella dichiarazione dei redditi l’opzione per il regime agevolato. Così si è pronunciata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza 940/2023.
Con l’articolo 44, primo comma, del Dl 78/2010, il legislatore ha escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti da docenti e ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi abbiano successivamente svolto l’attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
Secondo l’agenzia delle Entrate il contribuente, per ottenere legittimamente il rimborso della maggiore Irpef versata e delle ritenute non dovute, in relazione al periodo di imposta 2018, avrebbe dovuto applicare gli incentivi direttamente nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in questione, secondo quanto precisato nella circolare 33/E/2020. Quest’ultima ha precisato che «nelle ipotesi in cui l’impatriato non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, né ne abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione risultano scaduti, l’accesso al regime è da considerarsi precluso».
I giudici, di primo e secondo grado, sono stati concordi nel riconoscere il diritto di rimborso al contribuente. Hanno ritenuto che il ricorrente avesse tutti i requisiti per rientrare nel regime agevolato:
possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
svolgimento, documentato, di attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università, all’estero;
svolgimento dell’attività di docenza in Italia;
residenza in un altro Stato in base a una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia;
trasferimento stabile in Italia in conseguenza dello svolgimento dell’attività lavorativa presso una università italiana.
«Tali requisiti, afferma a chiare lettere la Corte, non sono previsti dalle norme che regolano le agevolazioni, ma solo dalla circolare dell’agenzia delle Entrate, peraltro da riferirsi all’applicazione al regime dei lavoratori impatriati e non al regime ricercatori e docenti».
In sostanza, secondo i giudici milanesi, la normativa non introduce un regime opzionale; essa, infatti, non richiede, per la relativa applicazione, che il ricercatore o il docente formuli una richiesta al proprio datore di lavoro ovvero che evidenzi nella dichiarazione dei redditi l’opzione per il regime agevolato.