Estesa alle controversie di lavoro la negoziazione assistita da avvocati
Si tratta dell’articolo 9 che introduce l’articolo 2 ter al Decreto Legge 132/2014 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”
La “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”, di cui alla Legge 206 del 26 novembre 2021, è stata finalmente attuata con il Decreto Legislativo 149 del 17 ottobre 2022.
Dal punto di vista dei giuslavoristi la norma di più grande interesse è senza dubbio quella che prevede la negoziazione assistita anche nelle controversie in materia di lavoro.
Si tratta precisamente dell'articolo 9 che introduce l’articolo 2 ter al Decreto Legge 132/2014 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”.
Tale disposizione, nell'ambito della dichiarata finalità della Riforma Cartabia di incentivare il ricorso a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (cd. ADR Alternative Dispute Resolution), ne ricalca pedissequamente il contenuto (cfr. articolo 1, comma 4, lettera q, legge 206/2021) e prevede appunto che lavoratore e datore di lavoro possano definire in via stragiudiziale ogni pendenza sorta tra loro, con l’assistenza di «almeno un avvocato» per parte o di «un consulente del lavoro»; che tale adempimento non costituisce "condizione di procedibilità della domanda giudiziale"; che l’accordo eventualmente sottoscritto è sottratto al regime di invalidità dell'articolo 2113, commi 1-2-3, del Codice civile. La disposizione in esame prevede in aggiunta alla delega che «l’accordo è trasmesso a cura di una delle due parti, entro dieci giorni, ad uno degli organismi di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276».
Tralasciando volutamente di dare conto degli ostacoli meta-giuridici che negli ultimi vent’anni hanno impedito che si arrivasse al risultato odierno, si tratta ora di misurarsi con alcuni aspetti che potrebbero fare la differenza tra il nuovo istituto lavoristico e le rinunce e le transazioni sottoscritte presso le attuali sedi cd. protette. Si tratta precisamente della conciliazione giudiziale ex articolo 420 codice di procedura civile (sebbene l'articolo 2113 richiami l'articolo 185 codice di procedura civile); della conciliazione amministrativa innanzi alla commissione costituita presso l’Ispettorato territoriale del lavoro (articolo 410 codice di procedura civile); della conciliazione sindacale (articolo 411, comma 3, codice di procedura civile); delle conciliazioni previste dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (articolo 412-ter codice di procedura civile); della conciliazione davanti al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale (articolo 412-quater codice di procedura civile); della certificazione dei contratti di lavoro (articolo 76, Decreto Legislativo 276/2003) e della conciliazione monocratica davanti all'Ispettore del lavoro (Decreto Legislativo 23 aprile 2004, n. 124).
Tutte sedi considerate idonee a garantire la tutela del lavoratore, soggetto debole del rapporto di lavoro, in quanto escluderebbero condizioni di soggezione o inferiorità nei confronti del datore di lavoro.
Rispetto a tali contesti, si tratterà ora di vedere come i giudici si pronunceranno nei casi di impugnazione degli accordi raggiunti nella nuova sede conciliativa e, in particolare, come applicheranno il criterio della "effettiva assistenza del lavoratore", protagonista indiscusso nei giudizi aventi ad oggetto le conciliazioni raggiunte in sede sindacale.Viene da chiedersi a quale tipo di screening verrà sottoposta l’attività resa dall'avvocato difensore del lavoratore. In tale prospettiva dovrebbero essere tenuti in debito conto il fatto che l'avvocato è sottoposto a precisi doveri deontologici (il codice deontologico prescrive il dovere di competenza, diligenza e fedele patrocinio, oltre che sanzionare la relativa violazione; l’infedele patrocinio è oltretutto un reato) sul rispetto dei quali l’Ordine di appartenenza vigila incessantemente.
Sempre in tale prospettiva non appare affatto secondario che l’avvocato sia obbligatoriamente assicurato per i danni che potrebbe arrecare al suo cliente. La questione non è diversa per il caso dell'assistenza da parte del consulente del lavoro, anch'esso tenuto al rispetto delle norme del codice deontologico di categoria (è vero, però, che il consulente del lavoro non è espressamente richiamato dall'articolo 5, comma. 4, Legge 162/2014 in virtù del quale "costituisce illecito deontologico per l’avvocato" l'impugnazione dell'accordo al quale ha partecipato) e assoggettato all'obbligo di assicurazione per la responsabilità professionale. Il carattere necessariamente sintetico di questo articolo impedisce di approfondire ulteriormente i tratti distintivi del nuovo istituto conciliativo rispetto a quelli noti e in particolare di interrogarsi ulteriormente sulle prospettive di impugnazione dei relativi accordi. Per concludere, dal punto di vista del testo normativo appena entrato in vigore, tanto chiaro quanto stringato nel suo contenuto, appare utile una precisazione sulla procedibilità dell’azione.
Fermo che l'esperimento del tentativo di conciliazione è pacificamente facoltativo, rimesso alla libera iniziativa dei litiganti, l'istanza di negoziazione assistita di cui al nuovo articolo 2 ter, inserito nella più ampia legge 162/2014, potrebbe ritenersi assoggettata alla previsione dell'articolo 4 ("Non accettazione dell’invito e mancato accordo") della stessa legge.Si tratta di una lettura certamente in linea con la ratio della Riforma Cartabia, tesa ad incentivare l'adesione al nuovo strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie di lavoro.In tale prospettiva, al contrario di quanto previsto per la mancata adesione alla procedura di cui all'articolo 410 codice di procedura civile, in caso di mancata risposta o di rifiuto all'invito ex articolo 2 ter, il giudice potrebbe valutare il comportamento della parte ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli artt. 96 e 642 codice di procedura civile (nel caso dell'articolo 411 codice di procedura civile, invece, il giudice potrà tenere conto in sede di giudizio solo dell'ingiustificato rifiuto della proposta conciliativa della Commissione, proposta che può essere formulata solo nel caso di adesione del convenuto alla procedura).