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Il "lavoro" nel Pontificato di Papa Francesco: tra dignità e algoretica

di Roberta Caragnano

N. 17

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In occasione della festa del 1° maggio una panoramica del pensiero di Papa Francesco sul tema del lavoro

"Il lavoro è la vocazione dell'uomo". E' così che il 1° maggio 2020, Giornata della Festa del Lavoro e dei lavoratori - nell'anno della pandemia - il Santo Padre, Papa Francesco, iniziava l'omelia nella celebrazione mattutina trasmessa in diretta dalla Cappella di Casa Santa Marta.

Un tema, quello del lavoro, radicato nel Magistero di Papa Francesco; un lavoro equo e dignitoso che possa consentire a tutti di godere della "dignità" del lavoro unito alla bellezza del riposo.

Il lavoro fa somigliare l'uomo a Dio «perché con il lavoro l'uomo è creatore, è capace di creare, di creare tante cose; anche di creare una famiglia per andare avanti. L'uomo è un creatore e crea con il lavoro. Questa è la vocazione» [1].

Nella Genesi (Gen 2,15) è, appunto, scritto che il lavoro è una vocazione e nasce dalla chiamata di Dio affinchè l'uomo coltivi e custodisca la casa comune. Così come nel Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2024, 1, Papa Francesco ha ricordato che «La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano "saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro" (Es 35,31)»

Tra le parole, che hanno costellato il messaggio del Santo Padre nei 12 anni di Pontificato, e rappresentato il fil rouge, è d'obbligo citare: "educazione" e "condivisione".

E' stato forte il suo monito «Dobbiamo formare, educare ad un nuovo umanesimo del lavoro, dove l'uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l'economia serva l'uomo e non si serva dell'uomo» [2].

Ciò tenendo presenti le situazioni nelle quali, troppo spesso, purtroppo il lavoro è calpestato e sfruttato.

E qui che emerge con maggiore rigore la centralità della persona umana, cuore del cristianesimo e della dottrina sociale della Chiesa.

Papa Francesco è stato il primo Papa ad aver partecipato ad un G7, nel 2024 a Presidenza italiana, nel quale ha lanciato un grande appello ai leader mondiali e ribadito la necessità del lavoro illuminato dalla morale.

Il tema dell'etica, dell'algoretica [3] e dell'intelligenza artificiale messi a confronto perché l'uso della tecnologia, senza una regolamentazione etica, ha in sé il rischio della deriva verso ingiustizie sociali, escludendo i più fragili e alimentando la "cultura dello scarto".

La necessità, quindi, di guardare in alto al lavoro e di un'etica condivisa e attenta anche nell'uso degli algoritmi perché l'innovazione è vera e tale se non genera esclusioni ma inclusione e bene comune.

Nell'intervento del Santo Padre Papa Francesco al G7 si evidenzia che «questa stagione in cui i programmi di intelligenza artificiale interrogano l'essere umano e il suo agire, proprio la debolezza dell'ethos connesso alla percezione del valore e della dignità della persona umana rischia di essere il più grande vulnus nell'implementazione e nello sviluppo di questi sistemi. Non dobbiamo dimenticare infatti che nessuna innovazione è neutrale. La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l'ha realizzata e sviluppata. Questo vale anche per i programmi di intelligenza artificiale. Affinché questi ultimi siano strumenti per la costruzione del bene e di un domani migliore, debbono essere sempre ordinati al bene di ogni essere umano. Devono avere un'ispirazione etica» [4].

Un'altra parola importante del Pontificato di Franciscus – coma ha chiesto di essere ricordato [5] - è "condivisione" affinché attorno al lavoro possa edificarsi un Patto sociale, perché il lavoro è crescita personale e un modo per creare relazioni che consentano all'uomo di vivere pienamente nella società.

Un legame che è forte anche con il creato, come ribadito nel 2015 nella Lettera Enciclica "Laudato Si" del Santo Padre Francesco sulla Cura della Casa Comune, ed elemento per ridefinire la rotta dello sviluppo [6].

Nell'attualo periodo storico, nel quale vi sono tante guerre e tanti squilibri economico-sociali nel mondo, il messaggio programmatico del Santo Padre, che invitava la politica, i governanti, il mondo delle imprese e dei sindacati ad una "economia di pace", sia un faro per un 1° maggio di Buon Lavoro Dignitoso per tutti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©
  • [1] Sul punto si veda nel dettaglio sul sito del Dicastero della Comunicazione, al seguente link https://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200501_illavoro-primavocazione-delluomo.html

  • [2] Così in "Discorso del santo padre francesco al movimento cristiano lavoratori" Aula Paolo VI, sabato 16 gennaio 2016.

  • [3] Si confronti Discorso ai partecipanti al Convegno "Promoting Digital Child Dignity – From Concet to Action", 14 novembre 2019; Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, 28 febbraio 2020.

  • [4] Così nel testo integrale del discorso di Papa Francesco al G7 del 14 giugno 2024.

  • [5] Cfr. Testamento del Santo Padre Francesco, consultabile al seguente link https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2025/april/documents/20250421-testamento-francesco.html

  • [6] La Lettera Enciclica "Laudato Si" del Santo Padre Francesco sulla Cura della Casa Comune, Libreria Editrice Vaticana, 2015 (consultabile al seguente link https://www.vatican.va/content/dam/francesco/pdf/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si_it.pdf ) al punto 124 della Lettera Enciclica "Laudato Si" del Santo Padre Francesco sulla Cura della Casa Comune «In qualunque impostazione di ecologia integrale, che non escluda l'essere umano, è indispensabile integrare il valore del lavoro, tanto sapientemente sviluppato da san Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Laborem exercens. Ricordiamo che, secondo il racconto biblico della creazione, Dio pose l'essere umano nel giardino appena creato (cfr Gen 2,15) non solo per prendersi cura dell'esistente (custodire), ma per lavorarvi affinché producesse frutti (coltivare). Così gli operai e gli artigiani «assicurano la creazione eterna» (Sir 38,34). In realtà, l'intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prendersene cura, perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere le potenzialità che Egli stesso ha inscritto nelle cose: «Il Signore ha creato medicamenti dalla terra, l'uomo assennato non li disprezza» (Sir 38,4)».