ApprofondimentoContenzioso

Insubordinazione del lavoratore e giusta causa di licenziamento

di Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

N. 11

guida-al-lavoro

Anche quando vi sia una corrispondenza tra la fattispecie astrattamente tipizzata dal codice disciplinare (e da esso ricondotta a ipotesi giustificativa di recesso) e la condotta effettivamente posta in essere dal lavoratore, è comunque necessario un accertamento in concreto dal parte del giudice di merito relativamente alla reale entità e gravità del comportamento medesimo, valorizzando anche l’elemento soggettivo (colpa o dolo) che ha connotato l’agere del lavoratore, il quale non deve considerarsi di scarsa importanza al fine di rendere legittimo il provvedimento espulsivo

Massima

  • Contrattazione collettiva – ipotesi di giusta causa di licenziamento – valenza esemplificativa – sussiste – applicazione automatica da parte del giudicie – divieto – sussiste – valutazione della effettiva gravità – necessità sussiste Cass., sez. lav., ord. 19 febbraio 2024, n. 4320

    Le ipotesi di licenziamento per giusta causa previste dalle fonti collettive hanno una valenza esemplificativa e non tassativa, di talché non possono essere applicate automaticamente e/o acriticamente dal giudice, il quale deve valutarne l’effettiva gravità anche in relazione al concreto contesto aziendale e alla comune etica secondo le evoluzioni sociali che si susseguono nel tempo, così da valutare se effettivamente la condotta posta in essere, a prescindere dalla sua astratta collocazione nelle norme contrattuali in tema di sanzioni disciplinari, sia effettivamente idonea a ledere il vincolo fiduciario inter partes come prescritto dall’art. 2119 cod. civ.

La vicenda fattuale e il giudizio di merito

Nel corso del mese di febbraio dell’anno 2017, una società per azioni elevava una serie di contestazioni disciplinari ad una lavoratrice, addebitandole una serie di comportamenti da ultimo esacerbati in una serie di insulti e minacce, anche di ripercussioni fisiche, rivolti ad una collega, i cui contenuti testuali, presenti nell’ordinanza in commento, sarebbe qui indelicato riportare, ma che sostanzialmente (e perifrasticamente) invitavano la suindicata collega ad un successivo confronto “extra moenia...

  • [1] Ex plurimis, sul punto si richiama la sentenza Cass. n. 8826/2017, che ha espresso la seguente massima di diritto: “La valutazione in ordine alla legittimità del licenziamento disciplinare di un lavoratore per una condotta contemplata, a titolo esemplificativo, da una norma del contratto collettivo fra le ipotesi di licenziamento per giusta causa deve essere, in ogni caso, effettuata attraverso un accertamento in concreto, da parte del giudice di merito, della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente, nonché del rapporto di proporzionalità tra sanzione ed infrazione, anche quando si riscontri l’astratta corrispondenza di quel comportamento alla fattispecie tipizzata contrattualmente, occorrendo sempre che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo, con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola della “non scarsa importanza” dettata dall’art. 1455 c.c.”

  • [2] Il riferimento in questo caso va a Cass. n. 2830/2016, secondo cui: “L’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa. E’ pertanto corretto il ragionamento del giudice del merito che, pur non ricorrendo la fattispecie giuridica della rissa, prevista dal Ccnl come ipotesi di licenziamento per giusta causa, abbia valutato la condotta del lavoratore incolpato superando i confini della nozione penalistica per adottarne una più aderente, da un lato, al significato che del termine viene dato nella vita comune, e, dall’altro, più in linea con le peculiarità dell’ambiente di lavoro, prendendo in considerazione l’idoneità del fatto a provocare una qualche alterazione della regolarità e del pacifico e ordinato svolgersi della vita collettiva all’interno di esso.”

  • [3] Così sinteticamente afferma Cass. n. 8718/2017, richiamata in motivazione: “Il datore di lavoro non può irrogare un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione”

  • [4] Ex aliis, Cass. Pen. n. 644/2013.