Rapporti di lavoro

L’esonero dell’allenatore professionista, il licenziamento e il «caso Mihajlovic»

Riaperto il dibattito sulla natura giuridica dell’esonero

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di Marco Di Liberto e Roberta Di Vieto

La prematura scomparsa di un noto ex calciatore e allenatore di Serie A ha riaperto il dibattito sulla natura giuridica dell'esonero e sulle differenze rispetto al licenziamento.

A questo riguardo, si rammenta che secondo le norme dell'ordinamento sportivo professionistico (di cui all'Accordo Collettivo tra Figc, Lega nazionale professionisti e l'Associazione italiana calciatori ex articolo 4 della legge 91/1981), la società sportiva ha facoltà di esonerare l'allenatore dal rendere la prestazione sportiva; in tal caso, l'allenatore non potrà continuare ad allenare il club e gli spetteranno tutti gli emolumenti previsti dal contratto, nonché i premi pattuiti per la stagione sportiva in cui è avvenuto l'esonero, in proporzione alle giornate di campionato svolte.

Pertanto, l'esonero dell'allenatore, sebbene determini l'interruzione dal rapporto contrattuale, non è giuridicamente qualificabile come atto di licenziamento, e ciò non solo in ragione degli effetti economici sopra indicati, ma anche sotto altri profili.

L'esonero solleva infatti l'allenatore dall'obbligo di eseguire la prestazione lavorativa, ma, a differenza del licenziamento, preclude allo sportivo di allenare e operare per conto di altre società sportive professionistiche, fatti salvi diversi accordi tra le parti ed entro determinati limiti (ex articolo 9 del suddetto Accordo Collettivo), anche se tali ultimi principi sono attualmente oggetto di un confronto avviato tra la Lega di Serie A e l'Aiac per modificarne le regole.

Sotto altro profilo, a differenza del licenziamento nel rapporto di lavoro ordinario, che soggiace a stringenti requisiti di forma e di motivazione, le norme sopracitate non richiedono che l'esonero indichi le ragioni che lo giustificano, come a volte avviene nella prassi.

Tali differenze, tuttavia, non precludono al lavoratore sportivo il diritto a ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti qualora l'esonero non sia avvenuto nel rispetto delle norme che lo regolano.

Più in particolare, si ricorda che sul piano giuridico non vi sono norme che limitino il diritto al risarcimento del danno, sia patrimoniale, sia non patrimoniale, eventualmente derivato da atti idonei a produrlo. Pertanto, anche in ambito sportivo, ove l'esonero non sia avvenuto nel rispetto delle norme che lo disciplinano, eventualmente anche in ragione delle modalità e del momento in cui è stato disposto, sul piano generale tale atto potrebbe esporre la società sportiva al rischio di azioni promosse dall'allenatore per ottenere il risarcimento dei danni che ne sono derivati, anche all'immagine ed alla reputazione dello sportivo.

Secondo alcuni commentatori, il caso che ha riguardo l'allenatore di Serie A Sinisa Mihajlovic, esonerato lo scorso 6 settembre 2022 nonostante operasse - affetto da una gravissima malattia, che lo ha portato poi al decesso - con abnegazione e ottenesse risultati sportivi non dissimili dagli anni precedenti, potrebbe esporre la società sportiva ad azioni risarcitorie, anche in ragione delle modalità e tempistiche con cui è stato disposto. Sotto tale profilo, alcuni autori hanno ricordato come il diritto al risarcimento del danno ex articolo 2043 del codice civile si trasmetta anche iure hereditatis ai successori, sempre che ve ne siano i presupposti e che gli aventi diritto siano in grado di dimostrarne l'esistenza, l'entità e il rapporto di causalità tra l'atto ed i pregiudizi derivatine.

Il caso sopra citato conferma le peculiarità e l'attualità del diritto del lavoro sportivo, in continua evoluzione per rispondere alle esigenze del lavoro e dello sport che cambiano.

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