Il CommentoPrevidenza

La prestazione di lavoro agile all'estero: profili lavoristici e previdenziali

L'ordinamento interno e comunitario/internazionale non riportano regole specifiche per il caso di prestazione di lavoro agile resa da cittadino all'estero. La crescente internazionalizzazione delle imprese, oltre alla ricerca di profili ad elevate competenze in un mercato del lavoro ormai globale, al pari di nuove istanze di conciliazione degli stessi lavoratori, impongono di delineare prime risposte tecniche ed operative per una gestione accorta di simili casi

di Marina Mariani e Marco Menegotto

In anteprima da Guida al Lavoro n. 44 del 4 novembre 2022

Siamo oggi in una fase di progressiva uscita – pur se interrotta dalla reintroduzione (art. 25-bis, D.L. 115/2022, L. 142/2022) delle disposizioni di cui all'art. 90, co. 3-4 decreto-legge n. 18/2020 e s.m.i. – dalla gestione emergenziale della modalità di lavoro agile, con le aziende che, tramite modalità differenziate in base al contesto, procedono/procederanno alla regolazione di siffatti rapporti mediante la sottoscrizione del previsto accordo individuale. Accanto a ciò emergono da più parti istanze di crescente internazionalizzazione delle imprese e della loro attività, come anche della necessità di reperire profili professionali ad alto contenuto specialistico in grado di operare non solamente entro il perimetro aziendale ed i confini nazionali. Attualmente l'ordinamento italiano manca di una disciplina speciale in materia di lavoro agile reso al di fuori del territorio italiano, sia con riferimento agli aspetti contrattuali, che rispetto alla tutela della sicurezza sociale e di imposizione fiscale. Allo stesso modo, allo stato, non si rinvengono discipline specifiche né nell'ambito del diritto comunitario né nel diritto internazionale. Si è pertanto utile approfondire la tematica, tramite l'ausilio delle fonti interne, di diritto comunitario ed internazionale e dei principi generali pacificamente adottati in caso di prestazioni di lavoro subordinato caratterizzate da profili di transnazionalità.

Ambito UE
Rispetto alla definizione della normativa applicabile in caso di prestazione di lavoro agile resa da dipendente di azienda italiana in un diverso stato membro, occorre fare riferimento alla normativa generale sui rapporti di natura privatistica in caso di concorso di più ordinamenti interni. Ci riferiamo, in particolare, a quanto previsto dal combinato disposto degli articoli 3 ed 8 del Regolamento UE n. 593/2008 (cosiddetto "Roma I"), a mente del quale: «Il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. La scelta è espressa o risulta chiaramente dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto ovvero a una parte soltanto di esso» (art. 3 par. 1). Mentre «Un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti conformemente all'articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente in virtù della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile (…)» (art. 8 par. 1). Tali disposizioni, in altre parole, consentono di determinare per via pattizia la normativa applicabile ad un qualsiasi rapporto di natura contrattuale, anche di lavoro, ferme restando le disposizioni di carattere inderogabile e di ordine pubblico. Si pensi, ad esempio, alle festività, come anche alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ecc. È quindi praticabile, ed anzi consigliabile, qualora si convenga la possibilità di svolgimento in un diverso stato membro, sottoscrivere in sede di stipula dell'accordo individuale di lavoro agile una apposita clausola al fine di determinare come in ogni caso la normativa applicabile al rapporto di lavoro resti quella italiana. Peraltro, in via residuale, è utile richiamare l'art. 8 par. 2 del medesimo Trattato, laddove stabilisce come ai fini della determinazione della normativa applicabile, «il Paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo».
Per quanto concerne gli obblighi di protezione sociale ed assoggettamento contributivo, il riferimento è all'art. 13 par. 1, che così statuisce: «La persona che esercita abitualmente un'attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta: a) alla legislazione dello Stato membro di residenza, se esercita una parte sostanziale della sua attività in tale Stato membro o se dipende da più imprese o da più datori di lavoro aventi la propria sede o il proprio domicilio in diversi Stati membri; oppure b) alla legislazione dello Stato membro in cui l'impresa o il datore di lavoro che la occupa ha la sua sede o il suo domicilio, se essa non esercita una parte sostanziale delle sue attività nello Stato membro di residenza». Ad integrazione di quanto precede, l'art. 14 par. 5 del Regolamento UE n. 987/2009 ha precisato come «(…) per persona che «esercita abitualmente un'attività subordinata in due o più Stati membri» si intende una persona che esercita, contemporaneamente o a fasi alterne, per la stessa impresa o lo stesso datore di lavoro o per varie imprese o vari datori di lavoro una o più attività distinte in due o più Stati membri». Pertanto, venendo all'ipotesi in esame , la legislazione in materia di protezione sociale applicabile al lavoratore residente nel nostro territorio nazionale dipendente di un'unica azienda situata in Italia che svolga attività di lavoro subordinato (in modalità agile) anche in altro Stato membro, purché non in maniera prevalente, sarà comunque quella Italiana. Il requisito per la continuità della copertura previdenziale ed assistenziale unicamente in Italia infatti è quello dell'esercizio, per una parte sostanziale della propria attività nel Paese di residenza (nel caso in esame, appunto, l'Italia) . Indice per la definizione del carattere "sostanziale" è lo svolgimento per almeno il 25% dell'orario di lavoro in Italia e/o la maturazione di retribuzione in Italia. Pur in assenza di atti di prassi amministrativa INPS, può quindi ritenersi applicabile, nell'ipotesi di svolgimento – sulla base di apposite clausole concordate nell'accordo individuale di lavoro agile – di parte (non prevalente) dell'attività lavorativa in modalità agile in altro Paese UE, l'obbligo preventivo di richiesta del "mod. A1" per l'ipotesi di cui all'art. 13. Nella diversa ipotesi in cui invece il lavoratore svolga attività in modalità agile, secondo previsioni di origine pattizia-individuale in maniera stabile o unicamente in un Paese diverso da quello di assunzione, si applicherà – secondo il generale principio di territorialità – la normativa di quello Stato membro, aprendo all'estero una posizione contributiva secondo le regole dell'ordinamento di destinazione.

Ambito extra-UE
Nel caso di prestazione di lavoro resa in modalità agile anche in Paesi diversi dall'Italia e al di fuori dell'Unione Europea, per definire la legge applicabile al singolo rapporto di lavoro occorre invece riferirsi alla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, che regolamenta i conflitti tra più leggi potenzialmente applicabili, in astratto, ai rapporti contrattuali, anche di lavoro. L'applicazione dei contenuti della medesima è assicurata dal rinvio ad essa operato nel nostro ordinamento, per i rapporti contrattuali appunto, dall'art. 57 della legge n. 218/1995, di riforma del diritto internazionale privato.
L'art. 6 della Convenzione statuisce come «(…) la scelta della legge applicabile ad opera delle parti non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto, in mancanza di scelta (…)» (par. 1) secondo i criteri ivi definiti. Il paragrafo 2 del medesimo articolo prevede invece come in mancanza di scelta, il contratto di lavoro sia regolato: «a) dalla legge del paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese, oppure b) dalla legge del paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso paese, a meno che non risulti dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In tal caso si applica la legge di quest'altro paese». Tutto ciò premesso, è anzitutto riscontrabile come le parti siano libere di definire la legge applicabile al rapporto di lavoro, o ad una parte di esso, dunque anche alla sola prestazione resa in modalità agile al di fuori dei confini italiani (ed euro-unitari), con apposita clausola. Diversamente, laddove non risultasse una simile pattuizione, trovano applicazione i criteri sopra individuati, in ogni caso incentrati sulla "abitualità" dell'esercizio dell'attività lavorativa in un determinato luogo, anche diverso dalla sede di assunzione. In considerazione dell'alea che simili valutazioni potrebbero comportare in caso di conflitto di norme applicabile, appare di tutta evidenza opportuno pattuire, in lettera di assunzione oppure anche in sede di accordo individuale di lavoro agile, come la normativa applicabile al rapporto di lavoro stesso resti in ogni caso quella italiana.
Per quanto concerne invece la protezione sociale, occorre verificare di volta in volta la vigenza di apposite convenzioni bilaterali (totali o parziali) tra il nostro Paese e lo Stato "di destinazione", potendosi verificare le seguenti ipotesi:
1. lavoratori trasferiti in Paesi non convenzionati con l'Italia: la contribuzione è dovuta sulla base di retribuzioni convenzionali;
2. lavoratori trasferiti in Paesi con i quali vigono convenzioni parziali di sicurezza sociale: per le assicurazioni non coperte da convenzione la contribuzione è dovuta sulla base di retribuzioni convenzionali. Diversamente, per le assicurazioni oggetto della convenzione stessa la contribuzione è calcolata sulla retribuzione effettivamente percepita;
3. lavoratori trasferiti in Paesi con i quali vigono convenzioni totali di sicurezza sociale: occorre verificare le pattuizioni contenute in ogni singolo atto.
Venendo alla prestazione resa in modalità di lavoro agile in Paese extra-UE, si potranno verificare le seguenti situazioni in concreto:
1.alle aziende aventi personale inviato in Paesi extra-UE non convenzionati viene assegnata un'apposita matricola cui viene attribuito il codice di autorizzazione "4C".
2.alle aziende aventi personale inviato in Paesi extra-Ue convenzionati parzialmente viene assegnata un'apposita matricola cui viene attribuito il codice di autorizzazione "4Z".
In buona sostanza, le circolari Inps non pongono in rilievo, rispetto agli adempimenti da effettuare, la tradizionale distinzione giuridica tra trasferta, distacco e lavoro agile per l'ipotesi di invio di personale all'estero e pertanto, in assenza di diverse indicazioni di prassi amministrativa, si ritiene opportuno procedere secondo la prassi in uso per la mobilità geografica del lavoratore.