Adempimenti

Lavoratori impatriati, nuovi chiarimenti dalle Entrate

di Salvatore Servidio

Con tre nuove risposte ad interpelli nn. 32, 34 e 36 del 12 febbraio 2019, l'Agenzia delle Entrate torna sui requisiti per l'applicabilità del regime degli impatriati previsto dall'articolo 16 del Dlgs 14 settembre 2015, numero 147, contenente "disposizioni recanti misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese".
La disposizione è stata introdotta al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del Paese.
Il regime di favore si sostanzia, al verificarsi di determinati requisiti, nel fatto che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente nella misura del 50%. Trattasi, comunque, di un'agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia ai sensi dell'articolo 2 del Dpr 22 dicembre 1986, numero 917, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Il comma 2 del medesimo articolo 16 prevede che destinatari del beneficio fiscale possono essere i cittadini dell'Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, oppure hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

I quesiti
In particolare, i quesiti riguardano le seguenti fattispecie:

A. Risposta ad interpello n. 32 - Un contribuente, attualmente residente all'estero, si è laureato in Italia e ha frequentato nel periodo 5 gennaio 2017-21 dicembre 2017 un corso universitario in Francia avente valore di due anni accademici. Quivi ha mantenuto la propria residenza ed il proprio domicilio fino al giorno 14 aprile 2018, trasferendosi quindi nel Regno Unito, ove ha iniziato a lavorare dal 16 aprile a tempo pieno presso una società (dove attualmente lavora). Il lavoratore precisa di essersi iscritto all'Aire con decorrenza 16 giugno 2017 anche se di fatto aveva già trasferito la residenza ed il domicilio in Francia sin dall'inizio dell'anno. La residenza all'Aire è stata successivamente trasferita nel Regno Unito tramite istanza presentata il 14 settembre 2018.
L'istante, maturata l'intenzione di rientrare in Italia nel 2019, chiede chiarimenti in ordine all'applicabilità dei benefici fiscali previsti per lavoratori "rimpatriati" di cui all'articolo 16, comma 2, del Dlgs 147/2015.

B. Risposta ad interpello n. 34 - Una società, in qualità di sostituto d'imposta, chiede chiarimenti in ordine all'applicabilità del regime fiscale per i lavoratori impatriati ad un lavoratore rientrato in Italia nel 2018 ed assunto alle sue dipendenze a decorrere dal 1° settembre 2018. Il lavoratore, nato in Belgio, si è laureato in ingegneria in Italia nel 2000, ed è stato residente all'estero dal 15 maggio 2011 al 19 luglio 2018, periodo durante il quale ha svolto ininterrottamente attività di lavoro dipendente presso la società. Il 20 luglio 2018 ha trasferito la residenza in Italia, assumendo l'impegno di rimanervi per almeno due anni. Assunto alle dipendenze della società istante il 1° settembre 2018, il 12 settembre 2018 ha presentato richiesta di applicazione dei benefici fiscali in argomento.

C. Risposta ad interpello n. 36 - Una cittadina italiana, residente nel Regno Unito, il 31 agosto 2012 si è ivi iscritta all'University, conseguendo la laurea specialistica il 4 febbraio 2014. Durante il corso ha sottoscritto con una società un contratto di stage per il periodo 5 agosto 2013 - 7 febbraio 2014 e il 15 gennaio 2014 ha sottoscritto con la stessa società, senza soluzione di continuità con il contratto di stage dal 3 febbraio 2013 e per effetto della laurea conseguita, un contratto di lavoro a tempo indeterminato. L'interpellante, in considerazione della residenza abituale all'estero dal 2012, ha presentato domanda di iscrizione all'Aire, alla quale risulta iscritta dal 14 ottobre 2015. Il 3 ottobre 2017 ha risolto il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la società inglese e, dal 16 ottobre 2017, ha sottoscritto un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato con altra società. La lavoratrice dichiara che nel corso del 2019 rientrerà in Italia con un contratto di lavoro dipendente cessando l'impegno lavorativo nel Regno Unito e assumendo la propria residenza nel territorio dello Stato ove si impegna a mantenervela per i successivi anni. Fa presente che sta valutando la possibilità di chiedere l'applicazione, con decorrenza dall'eventuale trasferimento in Italia della residenza, del regime speciale per lavoratori impatriati.

Le risposte dell'agenzia Entrate
Si precisa che sull'argomento l'agenzia Entrate si è già pronunciata, principalmente, con circolare 23 maggio 2017, numero 17/E e con risoluzioni 6 luglio 2018, numero 51/E e 19 ottobre 2018, numero 78/E.

Ciò premesso, nel fornire il proprio parere, nella risposta a interpello n. 32/2019 , l'Agenzia analizza principalmente il requisito dello svolgimento dell'attività continuativa di lavoro o studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi, ove si afferma che tale requisito non sussiste nel caso in cui un contribuente rientri nel 2019, abbia frequentato dal 5 gennaio al 21 dicembre 2017 un corso universitario in Francia ed abbia iniziato a lavorare nel Regno Unito dal 16 aprile 2018.
In tal caso, secondo l'esito affermato, la permanenza per motivi di lavoro sarebbe inferiore ai previsti 24 mesi. La carenza di questo requisito, conclude l'agenzia delle Entrate, preclude l'accesso al beneficio fiscale, con assorbimento di ogni altra questione relativa al possesso degli altri requisiti previsti dalla normativa agevolativa.
Diversamente, il requisito potrebbe considerarsi integrato nel caso in cui il rientro avvenisse successivamente al 16 aprile 2020 e l'attività lavorativa fosse prestata all'estero sino a tale data.

Nella risposta a interpello n. 34/2019 , secondo l'Amministrazione finanziaria il dipendente può accedere al regime fiscale di favore a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia, ovvero dal 2019 e per i quattro anni successivi; il rimpatrio successivo al 3 luglio 2018 non permette invece l'applicazione dell'agevolazione ai redditi di lavoro dipendente conseguiti nel corso di tale anno di imposta.


Infine, nell'ambito della risposta a interpello n. 36/2019 vengono ribadite le conclusioni esposte nella Risoluzione n. 51/E/2018, ove l'amministrazione ha affermato che la residenza all'estero per almeno due periodi d'imposta costituisce il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire l'accesso al regime agevolativo di cui all'articolo 16, comma 2, del Dlgs 147/2015.
Pertanto, per fruire del beneficio fiscale, l'istante, per i due periodi di imposta antecedenti a quello in cui si rende applicabile l'agevolazione, non deve essere stato iscritto nell'anagrafe della popolazione residente e non deve avere avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale, circostanze, queste ultime, che richiedono verifiche di fatto non esperibili in sede di interpello.
Qualora, invece, il soggetto non abbia acquisito un titolo di laurea nel territorio dello Stato prima di avere svolto attività lavorativa all'estero, al fine di potere fruire del regime speciale per lavoratori impatriati al suo rientro in Italia, in alternativa, dovrà soddisfare contemporaneamente le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 16 del Dlgs 147/2015:
a) non essere stata residente in Italia nei cinque periodi d'imposta precedenti il trasferimento (nel caso di specie dal 2016 al 2020);
b) svolgere attività lavorativa presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato direttamente con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa;
c) prestare l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
d) rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

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