Rapporti di lavoro

Lavoro in affitto: i vincoli per le imprese estere in Italia

L’offerta di personale da soggetti terzi deve rispettare il diritto nazionale. I lavoratori possono essere indirizzati all’impiego solo da agenzie autorizzate

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di Attilio Pavone

Le esigenze giuridiche dei gruppi imprenditoriali internazionali presentano spesso elementi di complessità tale da non poter essere facilmente inquadrati negli schemi giuridici dei singoli ordinamenti nazionali. In particolare, le esigenze di rapidità di queste imprese, combinate con la molteplicità di giurisdizioni coinvolte, creano talvolta prassi innovative e provviste di una certa efficienza.

In alcuni casi, tuttavia, non è possibile prescindere dalle regole dettate dai singoli ordinamenti, soprattutto ove queste ultime siano poste a protezione del lavoro subordinato.

È questo, ad esempio, il caso del fenomeno, sempre più frequentemente riscontrato nella prassi, del cosiddetto Employment of record.

Si tratta di uno strumento giuridico che risponde all’ esigenza di una azienda internazionale di disporre di uno o più dipendenti in giurisdizioni in cui non è adeguatamente presente. Invece di procedere alla costituzione di una società ad hoc, sostenendone i relativi costi e talvolta rallentando le tempistiche desiderate, le società straniere procedono a farsi “fornire” il lavoratore da parte di un soggetto terzo che lo assume, lo retribuisce e ne gestisce il rapporto di lavoro dal punto di vista burocratico. Tuttavia la persona in questione, secondo quanto è dato osservare nella prassi, non si limita a svolgere uno specifico compito delegato dal proprio datore di lavoro formale, ma resta quasi sempre assoggettato al potere organizzativo e gerarchico dell’azienda committente, realizzando così una dissociazione fra la titolarità e l’“utilizzo” del rapporto di lavoro subordinato.

In buona sostanza l’Employer of record si occupa solo degli aspetti formali del rapporto di lavoro, mentre l’azienda internazionale che si serve del personale finisce per utilizzarlo esattamente come se si trattasse di propri dipendenti.

Il reclutamento per vie legali

È evidente come una tale soluzione faccia suonare più di un campanello d’allarme per chiunque si occupi a qualsiasi livello di gestione delle risorse umane. È noto, infatti, che per il nostro ordinamento, dalla Carta costituzionale in giù, il lavoro rappresenta una “merce” di natura molto speciale, meritevole di protezioni e garanzie. Per questo motivo la pura intermediazione di manodopera è vietata perfino a livello penale dal nostro ordinamento fin dal 1960, ed è solo a partire dal 1997 che tale schema giuridico, denominato fornitura di lavoro interinale, è divenuto lecito purché svolto da operatori professionali.

Successivamente la legge Biagi ha ribattezzato l’istituto come somministrazione di lavoro, che è consentita a patto che tale attività sia svolta da soggetti autorizzati dal ministero del Lavoro e provvisti di determinate caratteristiche, anche riguardanti la solvibilità (capitale sociale minimo) e la tutela economica del dipendente (deposito e garanzie della retribuzione).

I pericoli legati a schemi diversi

Diventa quindi importante per chi voglia fare impresa in Italia essere consapevole, da un lato, dei limiti previsti dalla legge nazionale per poter legittimamente somministrare lavoratori presso altre imprese - quindi operando nel rispetto dei requisiti stabiliti dagli articoli 4 e seguenti del Dlgs 276/2003 - e, dall’altro, per chi riceve il servizio, dei rischi nei quali è possibile incorrere servendosi di operatori non autorizzati o secondo schemi giuridici non rispettosi del nostro diritto interno.

Le aziende che non dovessero attenersi a queste indicazioni rischiano di incorrere nelle sanzioni previste in caso di somministrazione di personale tramite soggetti non autorizzati, di somministrazione fraudolenta, o in generale di appalti o intermediazione illeciti.

Le violazioni e le possibili conseguenze
Appalto illecito

Nei casi di appalto illecito (ovverosia privo dei requisiti previsti dall’articolo 29, comma 1 del Dlgs 276/2003) l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (articolo 18, comma 5-bis del Dlgs 276/2003, primo periodo). La sanzione amministrativa, in ogni caso, non può essere inferiore a 5mila euro né superiore a 50mila euro (articolo 1, comma 6 del Dlgs 8/2016).
- Nel caso di appalto illecito, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, ovverosia lo pseudo committente (articolo 29, comma 3-bis del Dlgs 276/2003).

Intermediazione illecita
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la legge punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
- recluta manodopera allo scopo di destinarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

- utilizza, assume o impiega manodopera, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

La legge riconosce inoltre quali indici di sfruttamento le seguenti circostanze:
1) la corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme da quanto previsto dai contratti collettivi o comunque in modo sproporzionato rispetto a quantità e qualità del lavoro;
2) la violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, riposo, ferie;
3) la violazione delle norme in materia di salute e sicurezza;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro degradanti (articolo 603-bis del Codice penale).
Somministrazione tramite soggetti non autorizzati
Nel caso di ricorso alla somministrazione tramite soggetti non autorizzati, l’utilizzatore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (articolo 18, c. 2 del Dlgs 276/2003).
Somministrazione fraudolenta
Quando la somministrazione di lavoro è messa in atto con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione (articolo 38-bis del Dlgs 81/2015).

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