Il CommentoRapporti di lavoro

Lavoro agile e costi energetici: spunti tecnici ed operativi

I rincari dei costi energetici che le imprese stanno affrontando negli ultimi mesi sono occasione per tornare a riflettere sul nesso tra competitività aziendale e lavoro agile: diverse realtà hanno programmato chiusure di uffici e sedi con l'applicazione diffusa di vari modelli di smart working. Per una gestione tecnica di simili operazioni, sono ad ogni modo necessari alcuni non trascurabili accorgimenti tecnico-operativi

di Marco Menegotto

Anteprima da Guida al Lavoro n. 4 del 27 gennaio 2022

Il collegamento tra costi aziendali di struttura ed implementazione di forme di lavoro da remoto non è affatto nuovo nel dibattito pubblico. Negli ultimi mesi le organizzazioni hanno guardato al lavoro agile non solo come strumento di tutela sanitaria o conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ma anche come strumento per la gestione dei sovraccosti energetici per le strutture d'ufficio, arrivando a definire meccanismi di fruizione collettiva/massiccia di questa particolare modalità di lavoro, in grado di massimizzare i benefici in termini di risparmio. E d'altro canto, l'art. 18 legge n. 81/2017, nella sua nozione finalistica, cita – oltre alla conciliazione dei tempi e di lavoro – pure la competitività dell'impresa, da intendersi anche come efficientamento mediante riduzione di costi fissi.
Sembra tuttavia che il dibattito fin qui sviluppatosi manchi di una panoramica delle strade percorribili con valutazioni sul piano tecnico, che in questa sede si proverà a delineare, con i relativi accorgimenti operativi. Peraltro, a differenza di quanto si è potuto sperimentare sia in maniera formale che informale nel corso del 2022 (in alcuni casi con vere e proprie chiusure di sede alcuni giorni della settimana per tutte le funzioni "remotizzabili"), con il termine dell'ultimo periodo di deroghe, dal 1° gennaio 2023 è in ogni caso necessario passare per gli accordi individuali e relative comunicazioni, con conseguenti aggravi gestionali ed amministrativi.
Possono comunque verificarsi, in concreto, molteplici condizioni, che richiedono differenti approcci, di cui di seguito si offre una possibile classificazione in "macro-categorie":

a) azienda che fosse priva di regolamentazione collettiva e individuale: ai sensi della normativa vigente (artt. 18 e ss. legge n. 81/2017), l'azienda dovrà siglare accordi individuali con tutti i lavoratori che riterrà di coinvolgere, prevedendo – tra le altre – apposite clausole che disciplinino la fruizione della modalità di lavoro agile ad esempio in una giornata comune della settimana. L'adozione di un regolamento aziendale potrà risultare opportuna in presenza di un numero cospicuo di lavoratori coinvolti, così da adottare una disciplina comune da richiamare nei singoli accordi e quindi in ottica di semplificazione, oppure se lo strumento è reso strutturale. Infine, l'avvio di una trattativa con RSU/RSA e/o OOSSLL sarà da valutare in maniera accurata ed in ottica di bilanciamento dei costi e dei benefici, nella consapevolezza dell'assenza di rinvii o obblighi di legge alla contrattazione collettiva e sulla base del contesto di riferimento, dello stato dei rapporti con gli stessi soggetti e delle loro possibili rivendicazioni, nonché rispetto ai punti di caduta aziendalmente negoziabili.


b) azienda che abbia già sottoscritto accordi individuali che risultino vigenti al momento della scelta aziendale: laddove siano pattuite particolari clausole di programmazione delle giornate di lavoro agile da parte del dipendente, eventualmente sottoposta ad autorizzazione del vertice aziendale (prassi largamente diffusa), oppure numeri massimi di giornate nella settimana o nel mese liberi da autorizzazioni, non appare formalmente praticabile procedere in via unilaterale, cioè superando senza accordo del lavoratore quanto originariamente pattuito. Ciò neppure per il tramite dell'adozione di regolamenti aziendali e/o accordi collettivi. In subordine restano salve modifiche all'accordo individuale che intervenissero per comportamenti concludenti, seppur di scarsa tenuta in caso di contenzioso. Tecnicamente occorrerà invece procedere ad una modifica di natura consensuale, anche temporanea, delle pattuizioni originariamente raggiunte; tale modifica, insistendo su elementi del contratto non essenziali, non è soggetta a comunicazioni ai sensi dell'art. 23 co. 1 legge n. 81/2017. In ultima analisi sembrerebbe teoricamente praticabile – pur con residuali rischi di vertenza per il carattere anche solo indirettamente discriminatorio/ritorsivo dell'atto – il recesso da parte datoriale all'accordo individuale, ai sensi dell'art. 19 co. 2 legge n. 81/2017, nel caso di accordi individuali a tempo indeterminato nel rispetto del preavviso di legge. Mentre non si ritiene percorribile il recesso per giustificato motivo, non essendo ravvisabile per il caso di mancato consenso alla firma della modifica contrattuale, potendo il lavoratore dimostrare agevolmente il carattere illegittimo del recesso stesso.


c) presenza di accordi aziendali vigenti: si tratta dell'ipotesi oggettivamente più complessa, dovendosi anzitutto tenere in considerazione quanto definito negli stessi accordi - ivi comprese eventuali procedure di consultazione e negoziazione in caso di esigenze di modifica/integrazione di quanto originariamente pattuito - come anche delle tecniche di rinvio adottate nella formulazione degli accordi individuali nel frattempo sottoscritti. Se infatti queste risultassero "mobili" (ad esempio con rinvio generico alle intese aziendali in materia, oppure all'intesa specifica "e successive modifiche/integrazioni"), probabilmente non occorrerà raggiungere intese modificative sul piano individuale, essendo di automatica applicazione le modifiche intervenute in sede di accordo collettivo; diversamente si dovrà agire in senso modificativo su entrambi i piani (collettivo ed individuale) della regolamentazione presente in azienda. Non mancano i primi esempi di intese sindacali sulla materia: tra i primi il riferimento è all'accordo raggiunto da TIM il 22 novembre 2022, che prevede differenti modelli di lavoro agile in base al grado di autonomia dei profili aziendali e, per quanto qui d'interesse, la chiusura delle sedi aziendali nelle giornate del venerdì/sabato/domenica, con relativa fruizione della modalità di lavoro agile.
Appare evidente come la natura stessa di "accordo" – sia esso individuale o collettivo –, come anche le esigenze in concreto sottese a simili operazioni, portino con essi l'esigenza di un bilanciamento degli interessi in gioco. Non è infatti da escludere la richiesta di contributi a favore dei lavoratori che fruiscano di lavoro agile in modalità collettiva ed in corrispondenza di chiusure di uffici/sedi di lavoro, per il maggior costo sostenuto nelle proprie abitazioni nelle medesime giornate. Non mancano, sotto questo profilo, le prime indaginiche stimano da un lato i consumi in termini di MW/h risparmiati dal datore di lavoro e dall'altro i possibili aggravi economici per i lavoratori che si ritrovano a lavorare dalle proprie abitazioni. Al di là della disponibilità o meno da parte datoriale, sul piano tecnico non si ravvisano modalità di corresponsione di emolumenti dotate del necessario supporto per il contenimento del costo del lavoro (al fine di non vanificare l'efficientamento dovuto alla chiusura aziendale), fatti salvi gli indirizzi – comunque di non immediata ed agevole applicazione e non automaticamente replicabili ad ogni caso concreto – forniti dall'Agenzia delle Entrate con risposta ad interpello n. 314 del 30 aprile 2021. Sono infine esauriti, con la fine dello scorso anno, i benefici garantiti da disposizioni temporanee di elevazione della soglia di cui all'art. 51 co. 3 TUIR, anche per il rimborso delle spese sostenute per le utenze domestiche, che avrebbero potuto costituire un valido strumento di sostegno alle sperimentazioni qui discusse.