ApprofondimentoRapporti di lavoro

Lavoro all’estero, le retribuzioni convenzionali 2024

di Michela Magnani

N. 13

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Determinate le retribuzioni convenzionali 2024 per i lavoratori all’estero in attesa della circolare Inps per la regolarizzazione dei mesi di gennaio e febbraio

Conformemente a quanto previsto dagli articoli 1 e 4 del decreto legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito con modificazioni dalla legge n. 398/1987, sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2024 è stato pubblicato il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, 6 marzo 2024, che fissa le retribuzioni convenzionali per l’anno 2024 come da tabelle allegate.

Tali valori devono essere utilizzati per il calcolo dei contributi per...

  • [1] Infatti, in base agli articoli 1 e 4 del decreto citato:,- i lavoratori italiani operanti all’estero, in Paesi extracomunitari con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale, sono obbligatoriamente iscritti alle forme di previdenza ed assistenza sociale indicate al medesimo articolo 1;,- i contributi dovuti per i regimi contributivi di cui all’articolo 1 sono calcolati su retribuzioni convenzionali da fissare annualmente, con decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con il Ministro del Tesoro.

  • [2] Si rileva che l’INPS, con il messaggio n. 995 del 12 gennaio 2012, ha precisato che, in conseguenza di una interpretazione logico sistematica della normativa riguardante il lavoro all’estero, la disciplina della legge n. 398/1987 si applica non soltanto ai lavoratori italiani operanti all’estero in Paesi extracomunitari, ma anche ai lavoratori cittadini degli altri Stati membri della UE, ai lavoratori extracomunitari in possesso dello status di “soggiornanti di lungo periodo”, ai sensi dell’art. 11, lett. d), della direttiva n. 2003/109/CE e dell’art. 9, comma 12, lett. c), del d. lgs. n. 286/1998 e ai lavoratori extracomunitari privi dello status di “soggiornanti di lungo periodo”, ma in possesso di un regolare titolo di soggiorno e di un contratto di lavoro.

  • [3] Per completezza, si ritiene opportuno in questa sede ricordare che la giurisprudenza – cfr. Corte d’Appello di Torino 28 giugno 2010, n. 393 – ha sostenuto che la tesi dell’INPS sia in contrasto con l’interpretazione del dettato normativo che equipara la definizione di reddito di lavoro dipendente sia ai fini fiscali che contributivi.

  • [4] Si ricorda che, qualora sia stato siglato un accordo parziale di sicurezza sociale, le retribuzioni convenzionali dovranno essere utilizzate per conteggiare gli oneri previdenziali sulle forme assicurative non coperte dall’accordo. In tal caso, poiché dall’applicazione di tale obbligo assicurativo potrebbero derivare situazioni di doppia contribuzione a carico delle imprese è, di regola, consentita una riduzione del 10% dell’aliquota di computo.

  • [5] Si veda più compiutamente in proposito la circolare INPS n. 45 del 23 febbraio 2007 dove, con riferimento all’ipotesi di rapporto di lavoro a tempo parziale, veniva negata esplicitamente la possibilità di frazionale le retribuzioni convenzionali.

  • [6] Il TFR afferente a periodi di lavoro nei quali il dipendente è stato sottoposto ad imposizione su base forfetaria ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del Tuir continuerà, pertanto, ad essere tassato separatamente, conformemente a quanto previsto dall’articolo 17 del Tuir.

  • [7] Nel caso in cui il premio sia riferito al lavoro all’estero, ma venga corrisposto al rientro in Italia, in un periodo in cui non sia più applicabile il comma 8-bis dell’articolo 51 del Tuir, pur nell’attesa degli opportuni chiarimenti ministeriali, si concorda con chi sostiene, alla luce del criterio di cassa applicabile, di regola, alle retribuzioni “correnti”, che tale bonus debba essere assoggettato ad imposizione, al momento della sua erogazione, secondo il criterio analitico (vedasi F. delli Falconi – G. Marianetti, “Retribuzioni convenzionali per i dipendenti operanti all’estero”, in Corr. Trib., n. 13/2010). Sul punto, tuttavia, si rileva che, recentemente, l’Agenzia delle Entrate, con riferimento ad un Piano di Performance Share, in un interpello non pubblicato, ha sostenuto che, nell’ipotesi in cui un dipendente sia residente in Italia al termine del vesting period e durante tale periodo sia stato correttamente tassato in Italia sulla base della retribuzione convenzionale (nel senso che la fascia convenzionale applicata durante il periodo di distacco abbia considerato anche il valore del compenso differito relativo al Piano di Performance Share), lo stesso non dovrà essere tassato sulle ulteriori somme erogate al termine del Piano.

  • [8] In merito alla deducibilità dalla retribuzione convenzionale dei contributi previdenziali esteri versati all’estero per un soggetto residente in Italia tassato sulla retribuzione convenzionale si segnala anche il recente orientamento della dottrina – cfr Marcello Tarabusi in “il fisco 38/2023 “Deducibili dal reddito convenzionale i contributi previdenziali esteri trattenuti a carico dei lavoratori?” – che ritiene tali contributi indeducibili dalla retribuzione convenzionale stessa.

  • [9] Cfr. F. delli Falconi, G. Marianetti: “La gestione del personale all’estero” – Ipsoa.

  • [10] Comprendendo quindi nell’imponibile anche le altre somme e i valori corrisposti in aggiunta alla retribuzione nazionale e che conseguono dallo svolgimento all’estero dell’attività lavorativa quali, ad esempio, la fornitura di un alloggio, le indennità monetarie per l’estero, la scuola per i figli, etc

  • [11] Nel caso posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate i giorni lavorati in Italia nell’anno fiscale 2022 sono stati 32, mentre i giorni di effettivo lavoro fuori dall’Italia sono stati complessivamente 185: Germania, 83 giorni; Francia, 50 giorni; Stati Uniti, 30 giorni; altri Paesi, 22 giorni.

  • [12] E quindi anche se questi periodi sono stati trascorsi dal dipendente in Italia e non all’estero.

  • [13] E’ facile che il lavoratore residente in Italia e con la famiglia in Italia passi quei periodi nel nostro paese e, pertanto, in base ai chiarimenti ministeriali, le brevi interruzioni di soggiorno all’estero ove collegate a queste situazioni non rilevano ai fini del computo dei 183 giorni.