Contenzioso

Lavoro, i sindacati possono promuovere class action

Le organizzazioni devono figurare nell’elenco dei portatori di interessi collettivi

di Giampiero Falasca

La class action da parte delle organizzazioni sindacali in materia di lavoro è ammissibile, ma può essere promossa solo se le medesime sono iscritte nell'apposito elenco dei portatori di interessi collettivi disciplinato dal Codice di procedura civile; in ogni caso, l'azione non può avere a oggetto condotte antisindacali, per le quali già esiste un rito speciale, e non può comportare l'accertamento di questioni di fatto complesse come la qualificazione dei rapporti di lavoro.

Il Tribunale civile di Milano, con ordinanza del 13 ottobre 2022, dichiara ammissibile la class action promossa da alcune organizzazioni sindacali (l'azione disciplinata dall'articolo 840-sexiesdecies del Codice di procedura civile) contro un'azienda che avrebbe imposto l'applicazione di un contratto collettivo ritenuto non rappresentativo (il Ccnl siglato da Ugl rider per i fattorini privi di un rapporto di lavoro subordinato), ma rigetta l'azione per carenza del requisito formale.

La class action può essere esperita a tutela di diritti individuali omogenei contro imprese o gestori di servizi di pubblica utilità per conseguire l'accertamento di una loro responsabilità e la condanna al risarcimento del danno. Il Tribunale ricorda che l'interesse richiesto dall'articolo 840-sexiesdecies, primo comma, per la proposizione di tale azione può sussistere in capo ai portatori di diritti individuali omogenei, in quanto gli enti costituiti a tutela dell'interesse leso sono espressamente legittimati dalla norma, a condizione che siano presenti in un apposito elenco (disciplinato dall'articolo 840-bis, secondo comma).

Tenuto conto di tale normativa, secondo il Tribunale non si possono escludere dal novero dei diritti individuali tutelabili quelli connessi a rapporti di lavoro, qualora abbiano il requisito dell'omogeneità; questa lettura, osserva l'ordinanza, è coerente con l'ampiezza della previsione legislativa e non può essere confutata facendo leva sull'incompatibilità della struttura del processo del lavoro con l'azione inibitoria collettiva, in quanto quest'ultima si svolge secondo il rito camerale, senza formalità e senza l'applicazione degli istituti tipici del giudizio ordinario del lavoro.

Dopo aver fatto questa apertura, il Tribunale rigetta comunque l'azione per un motivo procedurale: le organizzazioni sindacali ricorrenti vengono ritenute prive di legittimazione ad agire perché non risultano iscritte nell'apposito elenco disciplinato dall'articolo 840-bis, secondo comma, del Codice di procedura civile e dal Dm 27/2022.La mancanza di questo requisito rende superflua, ad avviso del Tribunale, ogni ulteriore considerazione in ordine alle numerose questioni poste dalle parti circa la legittimazione delle organizzazioni sindacali.

L'ordinanza precisa, inoltre, che non si può utilizzare l'azione inibitoria collettiva per ottenere la repressione di condotte antisindacali: l'ultimo comma dell'articolo 840-sexiesdecies, facendo salve le disposizioni di leggi speciali, conferisce carattere residuale al procedimento, che può essere attivato solo in assenza di un rimedio specifico (che invece esiste per la condotta antisindacale, oggetto della procedura indicata dall'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori).

Il Tribunale, infine, esclude anche che, nell'ambito della procedura di inibitoria, si possa svolgere un accertamento sulla reale natura del rapporto di lavoro intercorrente tra un individuo e la società committente, a causa l'inidoneità dell'attività istruttoria semplificata a giungere a un accertamento con effetto di giudicato: tale accertamento, si legge nell'ordinanza, deve trovare la propria sede naturale nell'ambito di un procedimento di cognizione ordinaria innanzi il giudice del lavoro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©