Le decorrenza della prescrizione dell'obbligo contributivo in caso di reintegra del lavoratore
Il tema della conformazione dell'obbligo contributivo in caso di reintegra a seguito di licenziamento dichiarato illegittimo contiene in sé varie questioni variamente affrontate dalla giurisprudenza che, in sostanza, possono essere tutte lette alla luce del fenomeno della quiescenza del rapporto assicurativo e previdenziale nel periodo compreso tra la data dell'illegittimo licenziamento e quella della pronuncia giudiziale contenente l'ordine di reintegra del lavoratore. In altre parole, in presenza della contestazione della legittimità del licenziamento, il rapporto di lavoro si considera non estinto e sopravvive il connesso rapporto assicurativo/previdenziale che si sostanza nel perdurante obbligo a carico del datore di lavoro di versare la relativa contribuzione indipendentemente e nonostante la mancata erogazione della retribuzione o un'erogazione di retribuzioni a titolo di risarcimento del danno per un ammontare inferiore a quello che il lavoratore avrebbe percepito se non fosse stato licenziato (cfr. Cass. SS.UU. n. 15143/2007).
La questione affrontata in questo caso dalla Cassazione riguarda l'impugnazione giudiziale di un licenziamento conclusasi con sentenza di reintegra del lavoratore, con condanna del datore di lavoro al pagamento anche della contribuzione previdenziale per il periodo dalla data del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione. Posto che l'obbligazione contributiva deve dichiararsi come sussistente fin dall'inizio a seguito della ricostituzione ex tunc del rapporto di lavoro, la controversia si concentra sulle modalità con cui calcolare il termine di prescrizione dell'obbligo contributivo a carico del datore di lavoro (art. 3, commi 9 e 10 l. n. 335/1995) a seguito dell'ordine di reintegra. Nella prospettazione dell'INPS è determinante il fatto che l'Istituto fosse stato posto a conoscenza solo del licenziamento (con cessazione dell'obbligo) ma non anche della sua contestazione e della successiva reintegra (non era stato parte nel giudizio sul licenziamento). E tanto vale per individuare il dies a quo del termine di prescrizione nel momento in cui l'ente previdenziale è effettivamente venuto a conoscenza della ricostituzione del rapporto (art. 2935 c.c.), nel caso di specie attraverso un atto di provenienza del lavoratore, la denuncia, che peraltro produce, nella disciplina della prescrizione contributiva, effetti peculiari sul regime applicabile (termine decennale). Insomma, avrebbe rilevanza decisiva la conoscenza o meno da parte dell'ente della effettiva ricostituzione del rapporto: solo da quel momento, indipendentemente dal termine prescrizionale effettivamente applicabile, possono aver rilevanza gli atti interruttivi compiuti allo scopo di recuperare la contribuzione omessa.
La Cassazione Penale, con la sentenza n. 21371 del 21 luglio 2018, non segue questa tesi, anche la norma civilistica richiamata è la medesima. Il rapporto assicurativo e previdenziale non si estingue a seguito del licenziamento quando la legittimità dello stesso sia sub judice. Per effetto della sentenza che ordina la reintegra del lavoratore, si riattiva in concreto l'obbligo di versare la contribuzione dovuta per il periodo successivo al licenziamento sulla base della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore ove non fosse stato licenziato. Ciò comporta che il dies a quo debba essere individuato nel momento in cui scade il termine successivo alla riattivazione di tale obbligo, perché è da tale momento (ai sensi dell'art. 2935 c.c.) che il diritto dell'Ente può essere fatto valere. Non vi è infatti alcun impedimento giuridico all'iniziativa dell'Ente volta al recupero dei contributi, quanto un ostacolo di mero fatto, consistente nella circostanza che a seguito del licenziamento vi è stata una controversia giudiziaria determinata dall'impugnazione del licenziamento stesso. Tale situazione, ossia la pendenza di un procedimento giudiziario sul fatto generatore del diritto, secondo l'insegnamento della Cassazione, non integra gli estremi della causa idonea a determinare la sospensione del termine prescrizionale. Non vale infatti né l'ignoranza sulla sussistenza dell'obbligo, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto, né, infine, il ritardo indotto dalla necessità di accertare il diritto (cfr. Cass. n. 10828/2015). L'INPS avrebbe potuto in via autonoma determinarsi per il recupero della contribuzione omessa, come in ogni altra situazione di omesso versamento contributivo, non rilevando, se non in punto di mero fatto, l'ignoranza circa la sussistenza del presupposto giuridico del credito. L'unica verifica che dovrà occupare il Giudice di merito (cui è rimandata la controversia) riguarda dunque l'efficacia della denuncia del lavoratore e degli atti interruttivi del termine di prescrizione, non essendo in alcun modo rilevante, ai fini di questa indagine, il momento di effettiva conoscenza da parte dell'INPS della vicenda giudiziaria relativa all'impugnazione del licenziamento.
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