Contenzioso

Legittimo il licenziamento per fatti antecedenti l’assunzione e prescritti in sede penale

Via libera della Cassazione al licenziamento disciplinare irrogato per condotte tenute prima ed emerse in costanza di rapporto, se di gravità e natura tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario

di Marco Tesoro

È legittimo il licenziamento intimato per comportamenti tenuti prima dell'assunzione ed emersi in costanza di rapporto, se di gravità e natura tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. Così la Corte di cassazione, con la sentenza 36461/2022.

Il caso trae origine dal licenziamento disciplinare intimato dall'agenzia delle Entrate a un proprio dipendente, a seguito della scoperta di fatti antecedenti all'inizio del rapporto di lavoro presso l'Agenzia ed emersi dalle risultanze del processo penale di primo grado.In particolare, al lavoratore erano stati contestati in sede disciplinare i medesimi fatti oggetto del procedimento penale conclusosi in primo grado con sentenza e successivamente prescritto, consistenti nell'aver percepito un compenso da un privato per lo svolgimento di una pratica presso l'Inps e nella partecipazione a un'associazione volta a individuare e indurre soggetti aventi diritto a prestazioni previdenziali a versare indebiti compensi per il favorevole esito delle relative pratiche.

Investito della questione, il Tribunale rigettava l'impugnazione del licenziamento proposta dal dipendente, con sentenza confermata dalla Corte d'appello che riteneva provati entrambi gli addebiti, valorizzando vari elementi della vicenda penale anche in relazione alla tematica associativa, chiusasi con la declaratoria di prescrizione del reato.Il dipendente proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici di merito, nel ricostruire la condotta associativa, avessero assunto a fondamento della decisione la sola sentenza penale di primo grado, muovendo dall'erroneo convincimento della sua vincolatività pur essendosi conclusa con una declaratoria di estinzione per prescrizione del reato.

La Cassazione non condivide la ricostruzione del dipendente, evidenziando come i giudici di merito abbiano invece valutato elementi istruttori desunti dalla sentenza di primo grado per concludere che, pur non essendo dimostrata la commissione di altri reati-fine, vi era stata la creazione del vincolo associativo, con gli scopi illeciti citati. Peraltro, la prescrizione per il reato associativo era stata ravvisata già in primo grado, pertanto la ricostruzione fattuale non poteva che essere svolta autonomamente in sede civile.

La Corte di legittimità rigetta anche l'asserita sproporzione tra le condotte addebitate e il licenziamento, evidenziando come i giudici di merito avessero ritenuto che i comportamenti tenuti dal ricorrente prima dell'assunzione fossero di gravità e natura tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, una volta emersi in costanza di rapporto, precisando come non avesse pregio l'ipotesi della collocazione del lavoratore in attività meno a rischio, inesistenti nel caso di specie, sia per la sussistenza a prescindere del pericolo di replica di condotte illecite, avendo il ricorrente posto in essere reati, inerenti a pratiche Inps, pur non appartenendo a tale ente.

Sotto diverso profilo, per la Cassazione non rileva che la corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che all'epoca dei fatti il ricorrente fosse assunto da un'altra Pubblica amministrazione, sia perché anche condotte extralavorative possono ledere il rapporto fiduciario, sia perché l'asse centrale della decisione, sul tema della proporzionalità, è dato dalla gravità dei reati commessi e dall'incidenza dell'accaduto sul rapporto fiduciario.

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