Rapporti di lavoro

Maternità flessibile senza certificato all'Inps

Non è più necessario produrre all'istituto la documentazione sanitaria che attesti l'assenza di pregiudizio per la salute della gestante e del nascituro

immagine non disponibile

di Matteo Cremonesi

Il diritto della lavoratrice madre al congedo di maternità per 5 mesi non è disponibile. Ne consegue che se la lavoratrice ha richiesto il congedo flessibile e ha continuato a prestare servizio nell'ottavo mese di gravidanza senza trasmettere la certificazione medica di assenza di rischio, ha comunque diritto ad essere retribuita dal datore per l'ottavo mese e a percepire l'indennità INPS dal nono mese fino al quarto mese successivo al parto. Infatti, ferme restando le conseguenze sanzionatorie a carico del datore che ha consentito la prosecuzione dell'attività in assenza di certificazione, la carenza del certificato non può determinare una contrazione dei diritti della madre, nemmeno quelli economici.
Sulla base di tale principio di diritto, affermato dalla sentenza n. 10180/2013 della Corte di Cassazione e ribadito a più riprese da successive pronunce, l'INPS si è vista costretta ad aggiornare le proprie istruzioni operative sulla gestione del congedo di maternità flessibile.
Il cambio di indirizzo dell'INPS è stato determinato dalla necessità di ridurre il consistente contenzioso, sia amministrativo che giudiziario, che vede l'istituto convenuto in giudizio per accertare l'illegittimità dei provvedimenti di rigetto del congedo flessibile motivati dalla tardiva trasmissione della certificazione sanitaria.

Il quadro normativo di riferimento
La possibilità della lavoratrice madre di utilizzare il congedo di maternità flessibile ovvero, ferma restando la durata complessiva del congedo pari a cinque mesi, di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, è stata introdotta originariamente dalla L. n. 53/2000 ed è ora disciplinata dall'art. 20 del D.Lgs. n. 151/2001. La stessa è condizionata alla circostanza che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arreca pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Le prime istruzioni in materia sono state fornite dal Ministero del lavoro con la circolare n. 43/2000 ed hanno trovato conferma nella circolare INPS n. 152/2000 e nel successivo messaggio n. 13279/2007. Tali provvedimenti hanno stabilito che nelle domande di congedo di maternità era possibile esercitare la flessibilità trasmettendo all'istituto la certificazione redatta dal medico del SSN o convenzionato. Tale certificazione doveva necessariamente essere redatta nel corso del settimo mese di gravidanza. Le attestazioni non redatte nel corso del settimo mese, infatti, non consentivano di continuare l'attività per i giorni dell'ottavo mese successivi alla data di rilascio, comportando l'integrale respinta dell'opzione di flessibilità, con conseguente calcolo del periodo di maternità da due mesi prima del parto ai tre mesi successivi.
Analoghe indicazioni sono state fornite dalla successiva circolare INPS n. 148/2019, che ha disciplinato la diversa ipotesi di flessibilità di cui al comma 1.1 del novellato art. 16 del D.Lgs. n. 151/2001, che prevede la possibilità per la lavoratrice di astenersi esclusivamente dopo l'evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso.
Tale assetto regolamentare, ora riformato, vedeva l'istituto previdenziale determinato nel rigettare le domande di flessibilità del congedo se l'attestazione sanitaria non era stata redatta nel corso del settimo mese di gravidanza. Ne conseguiva che la lavoratrice era considerata in congedo già dall'ottavo mese e poteva astenersi solo fino al terzo mese successivo al parto. In sostanza, nonostante la lavoratrice avesse lavorato, anche solo parzialmente, nel corso dell'ottavo mese di gravidanza, si vedeva autorizzata il congedo obbligatorio nella formula "due più tre" anziché "uno più quattro". Ulteriore e inevitabile conseguenza era che l'INPS, in tali casi, riconosceva l'indennità per quattro mesi e non cinque. Analoghe considerazioni, con slittamento in avanti di un mese, valevano anche per l'ipotesi di richiesta del congedo solo dopo il parto.

Gli obblighi di certificazione dopo le nuove istruzioni
La circolare 29 settembre 2022, n. 106 dell'INPS, per porre fine al contenzioso, ha disposto che per la fruizione della flessibilità del congedo di maternità (uno + quattro) e per l'esercizio della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento parto, non è più necessario produrre all'istituto la documentazione sanitaria che attesti l'assenza di pregiudizio per la salute della gestante e del nascituro.
Permane, invece, l'obbligo della lavoratrice di produrre tale documentazione sanitaria al datore di lavoro o, in caso di collaboratrice, al committente.
Il nuovo orientamento si applica anche alle domande già presentate e in fase istruttoria, nonché alle domande eventualmente definite in maniera difforme. In tale ultimo caso, per il riesame è necessaria la richiesta da parte della lavoratrice interessata, in via di autotutela, sempre che non sia intervenuta la prescrizione.
Con riferimento ai ricorsi amministrativi e ai giudizi in corso, le sedi territoriali INPS porranno in essere, in autotutela, le attività necessarie per la cessazione della materia del contendere.

Le modalità di richiesta della flessibilità del congedo
È utile, alla luce del mutato contesto di riferimento, riepilogare gli adempimenti a carico della lavoratrice madre che intende fruire del congedo flessibile.
Innanzitutto la lavoratrice dipendente che vuole astenersi con la formula "uno più quattro" deve ancora acquisire, sempre nel corso del settimo mese di gravidanza (e, quindi, prima dell'inizio dell'ottavo mese), la certificazione sanitaria attestante che la prosecuzione dell'attività lavorativa durante l'ottavo mese non arrechi pregiudizio alla sua salute e a quella del nascituro. La certificazione deve sempre essere rilasciata da un medico specialista del SSN o da un medico con esso convenzionato, nonché, ove previsto, dal medico aziendale.
La lavoratrice deve poi presentare la certificazione al proprio datore di lavoro prima dell'inizio dell'ottavo mese di gravidanza affinché lo stesso possa legittimamente consentire la prosecuzione dell'attività lavorativa nell'ottavo mese, in deroga al generale divieto di adibire le donne al lavoro durante i due mesi prima della data presunta del parto, disposto dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 151/2001.
Dovrà altresì presentare all'INPS domanda telematica di congedo di maternità, dichiarando di volersi avvalere della flessibilità e indicando il numero dei giorni di flessibilità, ma senza più produrre la certificazione medica all'istituto.
Altro onere che viene meno è quello di produrre all'INPS la dichiarazione del datore di lavoro relativa alla non obbligatorietà della figura del medico responsabile della sorveglianza sanitaria sul lavoro.
Per ogni ulteriore aspetto rimangono invece valide le consuete modalità operative. È quindi confermato che deve essere trasmesso all'INPS il certificato di gravidanza, a cura di un medico del SSN o con esso convenzionato, attraverso lo specifico canale telematico. Allo stesso modo sono confermati i controlli dell'INPS sul diritto delle lavoratrici a percepire l'indennità di maternità e di fruire della flessibilità. Senza qui riportare integralmente le istruzioni inerenti i predetti controlli, vale la pena ricordare che l'istituto continuerà a verificare l'effettiva astensione dal lavoro durante i cinque mesi di maternità con flessibilità. Infatti, rimane valido il principio generale secondo cui durante i cinque mesi, comunque articolati, la lavoratrice dipendente non può essere adibita al lavoro, pena la decadenza dal diritto all'indennità per le giornate di permanenza al lavoro vietato.

Le modalità di astensione solo dopo il parto
In tal caso rimangono valide le più recenti istruzioni dell'INPS di cui alla circolare 148/2019, fermo restando che anche in tal caso le attestazioni mediche non devono più essere prodotte all'INPS, ma solamente al proprio datore di lavoro prima dell'inizio dell'ottavo mese di gravidanza.
La lavoratrice dovrà quindi acquisire le attestazioni mediche, sia quella del medico del SSN o convenzionato che quella del medico competente, nel corso del settimo mese di gravidanza. In caso di precedente fruizione della flessibilità del congedo di maternità, l'acquisizione delle attestazioni mediche può avvenire anche entro la fine dell'ottavo mese di gestazione.
La lavoratrice dovrà inoltre presentare domanda telematica di congedo di maternità all'INPS, secondo le consuete modalità, dichiarando in domanda di volere fruire della maternità esclusivamente dopo il parto e indicando se il termine contenuto nell'attestazione medica è fino alla data presunta del parto, o fino alla data del parto, ma senza allegare le relative attestazioni mediche.
Anche in tal caso l'INPS continuerà a effettuare i consueti controlli sul diritto delle lavoratrici a percepire l'indennità di maternità. Si ricorda, in particolare, che nella fattispecie in esame l'istituto controlla anche l'assenza di un evento di malattia nel periodo tra l'inizio dell'ottavo mese di gestazione e la data di inizio del congedo di maternità fruito esclusivamente dopo il parto.
Un altro riflesso dell'applicazione dei principi di cui alla sentenza n. 10180/2013 della Corte di Cassazione, è il superamento delle precedenti istruzioni INPS previste per il caso di rinuncia volontaria della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto. I cinque mesi di congedo, come predetto, sono infatti un diritto indisponibile e non è possibile che, in caso di rinuncia, siano indennizzati alla lavoratrice solo i periodi di congedo ante partum successivi alla rinuncia stessa e i tre mesi di congedo post partum, avendo la lavoratrice diritto a cinque mesi di indennità.

Lavoratrici iscritte alla gestione separata
Per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995 che intendono avvalersi della flessibilità (uno più quattro) valgono le medesime indicazioni previste per le dipendenti. Non trova però applicazione il controllo sull'effettiva astensione dal lavoro durante i cinque mesi di congedo obbligatorio, non essendo un requisito necessario. Viene inoltre fatto salvo che la malattia della lavoratrice iscritta alla Gestione separata insorta durante l'ottavo mese di gravidanza determina l'inizio del periodo di maternità.
Per le lavoratrici iscritte alla gestione separata che intendano invece fruire dell'astensione solo dopo il parto, rimangono valide le istruzioni di cui alla circolare n. 148/2022.

Le novità per il datore di lavoro
Come già anticipato, con il venir meno dell'obbligo della lavoratrice di trasmettere all'INPS il certificato del medico ginecologo del SSN o convenzionato e quello del medico competente, decade anche la necessità della eventuale dichiarazione del datore di lavoro relativa alla non obbligatorietà della figura del medico responsabile della sorveglianza sanitaria sul lavoro.
Per consentire la prosecuzione dell'attività lavorativa oltre il settimo mese di gravidanza, il datore dovrà però continuare a ricevere la certificazione medica di assenza di rischio prima dell'inizio dell'ottavo mese. Diversamente troveranno applicazione le sanzioni in materia (arresto fino a sei mesi). In proposito, si ricorda che il recente D.Lgs. n. 105/2022 ha previsto la nuova pena accessoria consistente nel mancato rilascio della certificazione della parità di genere in caso di violazioni inerenti al divieto di adibire le donne al lavoro durante il periodo tutelato che siano rilevate nei due anni antecedenti alla richiesta del certificato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©