«Misure per le aziende, non promesse mancate»
Lavoro, innovazione, crescita è il titolo del Festival del lavoro che si svolgerà a Milano da domani a sabato. Giunto alla decima edizione, l'evento organizzato dal Consiglio nazionale dell'Ordine e dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, prevede l'intervento di decine di ospiti e tavole rotonde per riflettere sull'evoluzione del lavoro e le opportunità di crescita.
Una crescita che l'Italia stenta a imboccare in modo deciso forse anche perché, nel passaggio dalla legiferazione degli interventi per favorire lo sviluppo alla loro attuazione, spesso si deve fare i conti con ritardi e problemi pratici che non vengono risolti. Secondo Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, per favorire lo sviluppo «c'è bisogno di un Paese più semplice, in cui le regole siano facilmente applicabili e portino dei reali benefici. Indubbiamente le aziende hanno bisogno di un quadro normativo certo che, a fronte di impegni, poi si traduca in diritti effettivi».
Fa riferimento a un caso concreto?
Il bonus Sud per le assunzioni di giovani è un esempio. La manovra finanziaria 2019 ha previsto che fosse accessibile dal 1° gennaio, ma Anpal lo ha limitato alle assunzioni effettuate dal 1° maggio, per carenza di fondi. In un Paese in cui il costo del lavoro è tra i più alti del mondo imprese e professionisti hanno bisogno di sapere con certezza se le misure oltre a essere annunciate sono concretamente applicabili. Poi se queste misure sono semplici si fa un ulteriore passo in avanti, tanto più che in questo momento mi sembra ci sia un ritorno ad adempimenti slegati tra loro di cui è difficile comprenderne la ragione. Il riferimento, in questo caso, è alla nuova procedura per la richiesta degli assegni familiari.
Non da oggi sottolineate l'importanza della legalità. Come si intreccia con il tema della crescita che affrontate al Festival?
Le aziende hanno bisogno di poter investire e competere sul mercato ad armi pari con i loro competitors e il tema della legalità nel mondo del lavoro è di assoluta attualità perché il contrasto al sommerso e a forme illecite di gestione del rapporto di lavoro è un elemento importante, tenuto conto anche della situazione attuale in cui diventa sempre più difficile fare impresa, soprattutto nuove imprese.
In Parlamento si discute di salario minimo mentre l'equo compenso sembra uscito dall'agenda.
Come categoria siamo impegnati sull'equo compenso: si deve garantire che ogni persona che lavora regolarmente, che sia autonomo o subordinato, abbia un'equa compensazione delle sue energie. Ritengo che il Parlamento debba farsi carico di definire meglio l'equo compenso per i professionisti. Anche la pubblica amministrazione dovrebbe fare la sua parte, invece non ci sono controlli, mentre dovrebbe esserci un'autorità che verifichi i bandi.
A proposito dell'attività dei professionisti, quest'anno al Festival è previsto un dialogo con i vostri omologhi in altri Stati. È arrivato il momento di internazionalizzare l'attività dei consulenti?
Potersi confrontare con colleghi omologhi fa si che si veda riaffermato il valore e l'attenzione della nostra professione in Stati che regolamentano il percorso professionale di chi ha il lavoro come punto centrale dell'attività. Nel confronto si realizza uno scambio di esperienze ma c'è anche la volontà di costruire una rete di professionisti in molte parti del mondo tramite cui fornire assistenza alle nostre imprese che investono in mercati esteri. Questo è un tema di assoluta attualità: nel momento in cui la categoria ha la conoscenza di altri mercati del lavoro e canali per creare una rete di assistenza agli investimenti delle aziende ci si può proporre come consulente globale. Ma avere una conoscenza di altri mercati aiuta a valutare quanto sia utile investire all'estero così come sia importante definire regole più semplici in Italia e rendere più appetibile mantenere qui la forza lavoro. Io non credo nella delocalizzazione fatta per risparmiare, ma quale apertura verso nuovi mercati.
Uno spazio del Festival sarà dedicato ai giovani e all'ingresso nel mercato del lavoro. Un argomento che si intreccia con i servizi per il lavoro e le politiche attive. Siamo sempre all'anno zero?
Il sistema è partito con un po' di affanno ma con entusiasmo. I servizi pubblici per l'impiego devono trovare una collocazione nella prima assistenza e scrematura di quelle che sono le esigenze dei singoli, ma poi ci deve essere il coinvolgimento degli altri operatori del mercato del lavoro. Non è opportuno che tutti facciano tutto, ma che ognuno faccia una parte al meglio. Rispetto ad altri Paesi siamo indietro perché non abbiamo una rete efficiente di servizi pubblici e non abbiamo nemmeno una banca dati nazionale di tutti i curricula nonostante sia stata prevista dalla legge Biagi. Per creare un mercato del lavoro unico basterebbe avere la volontà di lavorare su interoperabilità e scambio di informazioni e affidare ai privati quelle parti dell'accompagnamento del lavoratore che richiedono specializzazione e qualificazione.