Contratti & contrattazione collettivaEditoriale

Part-time e sfide demografiche nella contrattazione

di Michele Tiraboschi

N. 48

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La contrattazione collettiva può svolgere un ruolo importante per affrontare l'invecchiamento progressivo della forza lavoro e la crescente complessità nella gestione dei lavoratori maturi, al fine di coniugare benessere organizzativo e produttività

I principali dati demografici dimostrano in maniera indiscutibile il progressivo invecchiamento della popolazione del nostro Paese, anche in fase di attività da lavoro. Allo stesso tempo, le norme previdenziali inaugurate con la stagione Monti-Fornero prevederebbero un allungamento dell'età lavorativa, salvo poi introdurre meccanismi di anticipo pensionistico volontario, anche per via negoziale (si pensi all'esperienza del contratto di espansione o alla c.d. isopensione). Pure i dati INPS (XXIII Rapporto annuale, 2024) sull'età effettiva del pensionamento, dimostrano come vi sia una tendenza all'anticipo, emergendo una media di 64,2 anni, nonostante la normativa ordinaria (coi 67 anni di età) ci collochi al livello più alto in Europa. D'altro canto, Eurostat (Indagine sulla forza lavoro nei paesi europei, 2024) mostra come in Italia circa il 9% dei lavoratori opti per proseguire l'attività anche dopo la maturazione dei requisiti pensionistici (contro una media, a livello UE, del 13%).

Chiaro è che una gestione consapevole dei lavoratori "maturi" sui luoghi di lavoro comporti un ripensamento delle direttrici su cui fondare il benessere organizzativo, in ottica di organizzazione del lavoro (e quindi produttività ed efficienza), ma anche di conciliazione con esigenze di vita differenti.

Sul piano della gestione dei rapporti di lavoro e della necessaria circolarità delle competenze specifiche nelle delicate fasi di uscita per pensionamento specie per figure chiave, un ruolo può certamente essere giocato dalla contrattazione collettiva, specie di livello aziendale.

In tema, come emerge dai lavori dell'osservatorio Farecontrattazione di ADAPT, non si registrano ancora solide tendenze, ma esperienze episodiche che meritano di essere portate alla luce. In materia di ricambio generazionale, per esempio, si segnalano alcuni accordi che integrano la disciplina di legge sulle trasformazioni da tempo pieno a tempo parziale, prevedendo la possibilità di richiedere la riduzione dell'orario di lavoro in prospettiva del pensionamento, in risposta ad esigenze peculiari del lavoratore maturo (riduzione carico di lavoro, cura) e dell'organizzazione (favorire il ricambio generazionale). Talvolta, si tratta di clausole programmatiche, con rinvio a verifiche ed approfondimenti al fine di addivenire, eventualmente, ad una successiva specifica intesa (Verallia, 30 novembre 2022). Altre volte, la richiesta, che perviene dal singolo, è soggetta a procedure e adempimenti volti a garantirne l'effettività e attente a regolare il preavviso con cui presentare la richiesta: si va dai 12 mesi (Gefran, 26 novembre 2019) fino ai 36 (Luxottica, 30 ottobre 2015, con proroga nel 2019 e 2023; Giorgio Fedon & Figli, 8 febbraio 2018; Volksbank, 27 maggio 2024) rispetto al conseguimento del requisito pensionistico.

Normalmente, le domande sono accolte in via subordinata alla presentazione di apposita certificazione (Carel, 8 marzo 2022), ma anche alla verifica della compatibilità con le esigenze tecniche, organizzative, produttive (Gefran, 26 novembre 2019) e rispetto alla verifica in termini di professionalità necessarie (Brembo, 5 settembre 2023).

In taluni accordi (Luxottica; Gefran; Volksbank) si cita in maniera esplicita il "ricambio generazionale" o la "staffetta generazionale", sebbene solo negli accordi Luxottica si possano rintracciare specifici impegni alla contestuale assunzione di nuovo personale.

Se non si rintracciano misure volte a tutelare la riduzione reddituale, alcuni accordi si preoccupano di salvaguardare il livello del montante contributivo, nell'ottica di tenere indenne il lavoratore da conseguenti riduzioni dell'assegno pensionistico. Il valore dell'intervento collettivo lo si può notare nei casi in cui, alla facoltà di versamento individuale della contribuzione volontaria (art. 8, d. lgs. n. 564/1996), si sostituisce l'intervento del datore di lavoro. Se l'accordo Gefran riporta un impegno aziendale in tal senso, subordinato però a verifiche di fattibilità tecnica con l'Ente previdenziale, l'accordo Luxottica assurge certamente al livello di buone prassi, prevedendo un confronto diretto con l'INPS che è sfociato in una serie di convenzioni (l'ultima è datata 23 ottobre 2024, a seguito del rinnovo dell'accordo intervenuto il 30 novembre 2023) che consente – secondo procedure di natura amministrativa e codificazioni definite – all'azienda di sostituirsi al lavoratore nel versamento dei contributi volontari sulla posizione previdenziale.

A queste casistiche, peraltro, possono aggiungersi tutte quelle forme di intervento della contrattazione collettiva volte a favorire l'accesso al lavoro part-time alle persone con malattie croniche alle quali, com'è noto, appartengono prevalentemente lavoratori anziani. Sul punto, a tal proposito, non mancano i casi in cui la contrattazione collettiva aziendale amplia il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time riconosciuto dalla legge a favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche o da gravi patologie degenerative (art. 8, co. 3, d. lgs. n. 81/2015) ad altre malattie croniche non contemplate dalla legge (Chiesi Farmaceutici, 20 febbraio 2024).

In conclusione, l'invecchiamento progressivo della forza lavoro e la crescente complessità nella gestione dei lavoratori maturi richiedono risposte articolate, in grado di coniugare benessere organizzativo e produttività. La contrattazione collettiva può svolgere un ruolo determinante nel promuovere soluzioni innovative, come il sostegno al ricambio generazionale, la gestione flessibile del tempo di lavoro e la salvaguardia dei diritti previdenziali, offrendo risposte alle esigenze dei lavoratori e delle imprese. Tuttavia, la diffusione di queste buone prassi rimane disomogenea e frammentaria: è essenziale moltiplicare e sistematizzare tali esperienze, valorizzando il dialogo sociale per affrontare le sfide poste da un contesto demografico e normativo in evoluzione.

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