Previdenza

Pensioni, dalle rivalutazioni soft tagli di spesa fino a 2,5 miliardi

Nelle tabelle del Dpb si profila una manovra verso i 37 miliardi

di Marco Rogari e Gianni Trovati

Mentre tutto il dibattito sulle pensioni delle ultime settimane si concentrava sull’opportunità o meno di aumentare ancora una spesa previdenziale già in volo per l’effetto dell’inflazione, al ministero dell’Economia si lavorava in silenzio a ridurre le uscite sotto questa voce.

Il risultato emerge dalle tabelle del Documento programmatico di bilancio inviato giovedì sera a Bruxelles, che trattano le pensioni come una copertura per la manovra. L’effetto combinato degli interventi previdenziali (Sole 24 Ore di ieri) porta un risparmio nell’ordine degli 1,5 miliardi. Com’è possibile?

La spiegazione non è complicata da trovare facendo due conti. La legge di bilancio farà debuttare per il solo 2023 la «quota 103», data dalla somma di 41 anni di anzianità e 62 di età. Il costo stimato per questa piccola finestra di prepensionamenti rispetto alle regole Fornero è di 6-700 milioni. Al pacchetto si aggiunge poi la proroga di Opzione donna e dell’Ape sociale, e una rivalutazione rafforzata per le pensioni al minimo (525 euro). Il costo totale, in attesa degli allegati alla legge di bilancio bollinata che ancora non emerge, è intorno al miliardo di euro. I lavori sono ancora in corso, il testo è atteso per lunedì alla Camera dove crescono le preoccupazioni sul rischio tempi: il Terzo Polo con Luigi Marattin chiede una riunione lunedì dell’ufficio di presidenza della Bilancio evocando il rischio di esercizio provvisorio.

A compensare largamente queste spese e a riportare il saldo previdenziale della manovra in territorio positivo è allora l’ennesima revisione delle regole sull’indicizzazione degli assegni. Rispetto alle regole in vigore quest’anno, la nuova architettura a sei fasce non cambia nulla per le pensioni fino a 4 volte il minimo (circa 2.1000 euro lordi al mese), poi diventa penalizzante: in modo più leggero fino a 6 volte il minimo (3.150 euro al mese) poi in forma progressivamente più forte quando l’assegno sale. È vero che le pensioni colpite sono una minoranza sul totale dei trattamenti previdenziali. Ma è altrettanto vero che l’inflazione è altissima e quindi una modifica delle percentuali di rivalutazione ha effetti complessivi rilevanti. Se la spesa per la flessibilità in uscita è intorno al miliardo e il capitolo previdenziale ha un saldo positivo per 1,5, la stretta sull’indicizzazione produce nei calcoli del governo un risparmio di spesa intorno ai 2,5 miliardi sul 2023.

L’apporto delle pensioni comunque è solo un tassello nel mosaico delle coperture di una manovra che viaggia verso i 36-37 miliardi (i 37,8 indicati in tabella scontano l’effetto degli eventuali arrotondamenti). E che poggia su due pilastri: i 21 miliardi abbondanti di deficit aggiuntivo rispetto al tendenziale (1,1 punti di Pil) e circa 16 miliardi di «coperture»: di questi, intorno ai 6,5 miliardi sono aumenti di entrate, il resto è rappresentato da riduzioni di spesa. L’etichetta («altro») che il Dpb assegna a queste cifre è piuttosto avara di dettagli. L’incremento di entrata sarà affidato dalla manovra soprattutto ai nuovi interventi sugli extraprofitti dell’energia alle rivalutazioni fiscali e all’aumento delle accise sul tabacco (sigarette tradizionali in primis). Ma sulle riduzioni di spesa, a parte i circa 750 milioni di risparmi che dovrebbero essere prodotti dalle nuove regole sul reddito di cittadinanza, per ora le certezze sono poche. Una riguarda il pubblico impiego, che non si vedranno stanziare i fondi per i rinnovi contrattuali e dovrà viaggiare su binari di spesa rigidi come accadrà anche alle spese per gli acquisti della Pa: sfida non semplice mentre l’inflazione corre e il Pnrr dovrebbe accelerare.

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