Contenzioso

Per l’intervento del fondo di garanzia Inps serve un titolo esecutivo

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di Silvano Imbriaci

Con due interventi consecutivi, la sezione lavoro della Cassazione puntualizza ancora una volta uno dei dati più controversi e critici che riguardano la gestione dell'intervento del Fondo di garanzia Inps per il pagamento del Tfr e/o delle ultime mensilità retributive in caso di insolvenza del datore di lavoro (articolo 2, legge 297/1982; Dlgs 80/1992).

In particolare, il tema affrontato dalle due sentenze (1886/2020 e 1887/2020) attiene alla verifica dei presupposti per l'accesso al Fondo, in punto di accertamento del credito del lavoratore, nelle diverse prospettazioni che riguardano l'ipotesi di datore di lavoro soggetto a procedure concorsuali e datore di lavoro che non lo sia. La verifica del credito del lavoratore, sul quale poi potrà declinarsi il pagamento da parte dell'Inps e il successivo intervento dell'ente in surroga, può avvenire in via ordinaria o mediante l'insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro (articolo 2, commi 2 e seguenti, della legge 297/1982) oppure, nel caso di datore di lavoro non soggetto alle procedure concorsuali, mediante il previo esperimento dell'esecuzione forzata per la realizzazione del credito – che quindi deve essere incorporato in un titolo – da cui risulti l'insufficienza totale o parziale delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro (articolo 2, comma 5, della legge 297/1982).

Ebbene, il duplice profilo critico affrontato dalle pronunce riguarda l'impossibilità di un accertamento del credito del lavoratore in sede fallimentare:
a) in un caso (sentenza 1886/2020), in quanto interviene un provvedimento di chiusura della procedura fallimentare ai sensi e per gli effetti dell'articolo 118 della legge fallimentare per accertata insufficienza dell'attivo, prima ancora della formazione di uno stato passivo, nella duplice ipotesi di domanda di insinuazione del lavoratore presentata ma non ancora verificata in sede fallimentare, oppure di domanda tardiva. In questo caso, ritiene la Cassazione, attesa la mancata verifica del credito in sede fallimentare, dovrà essere applicata la regola di cui all'articolo 2, comma 5, nel senso che il lavoratore, prima di poter accedere alla protezione del Fondo, deve procurarsi un titolo esecutivo da spendere nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis per effetto della chiusura della procedura fallimentare, oppure nei confronti dei singoli soci nei limiti in cui gli stessi rispondono dei debiti sociali.

b) nell'altro caso (sentenza 1887/2020), la questione arretra alla stessa prova della non assoggettabilità, quale elemento che implica necessariamente l'impossibilità di accertare il credito in sede fallimentare. Secondo la Corte, la prova della non assoggettabilità, quando il fallimento non sia più esperibile per ragioni oggettive (nella specie per la mancanza dei requisiti di legge di cui all'articolo 1, comma 2, della legge fallimentare), costituisce una tipica questione pregiudiziale, la quale non deve essere decisa con efficacia di giudicato e che può essere accertata anche al di fuori della procedura fallimentare, e quindi dal giudice del lavoro, ad esempio, naturalmente sulla base delle prove fornite dal lavoratore.

Ciò che tuttavia rileva, in entrambi i casi, è il principio per cui, una volta esclusa l'assoggettabilità alle procedure concorsuali e la possibilità di accertare il credito in sede concorsuale, il lavoratore dovrà munirsi di un titolo esecutivo nei confronti del datore di lavoro insolvente, circostanza, questa, che costituisce non «un onere inutile e inutilmente dispendioso» (Cassazione 1886/2020), ma un presupposto necessario per l'intervento del Fondo, la cui prestazione previdenziale a carattere autonomo si modella tuttavia, quanto all’importo, alla misura della retribuzione o del Tfr dovuto in esito all'ammissione allo stato passivo, ovvero alla sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro.

L'intervento del Fondo di garanzia ha carattere solidaristico e presuppone che l'Inps eroghi una prestazione in caso di insolvenza del datore di lavoro, con requisiti e con modalità autonome, ma pur comunque modellata, quanto all'importo, su quanto accertato come dovuto in via giudiziale. E se anche, in alcune ipotesi, la giurisprudenza (ma anche l'Inps) esclude il ricorso alle procedure esecutive per la dimostrazione dell'insufficienza delle garanzie patrimoniali, tali circostanze comunque presuppongono il possesso di un titolo esecutivo e l'accertamento del credito del lavoratore effettuato in via giudiziale

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