Contenzioso

Per i nuovi contratti offerta scritta e con un termine

Il datore di lavoro che licenzia un dipendente assunto con contratto a tutele crescenti (quindi dal 7 marzo 2015), può evitare l’impugnativa giudiziale del licenziamento attraverso l’offerta di conciliazione prevista dall’articolo 6 del Dlgs 23/2015.

Per non arrivare in giudizio, il datore può offrire infatti al lavoratore licenziato un’indennità pari a una mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità, con un minimo di due mensilità, fino a un massimo di 18 mensilità (le indennità sono dimezzate in caso di azienda con meno di 16 dipendenti), entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento.

La somma offerta (che non potrà superare i limiti economici citati) non costituisce reddito imponibile e non sconta alcuna contribuzione.

Se il lavoratore accetta la somma in una delle sedi valide per la conciliazione ex articolo 2113 del Codice civile (sindacale o amministrativa) il rapporto di lavoro si estingue alla data del licenziamento e l’impugnazione del recesso si intende rinunciata, anche se già proposta.

La legge, poi, impone una particolare forma di pagamento della somma offerta: l’assegno circolare da consegnare al momento della firma della transazione.

L’offerta di conciliazione potrà riguardare anche tutti gli altri aspetti del rapporto di lavoro (ad esempio differenze retributive), anche se in questo caso le somme saranno soggette al regime ordinario stabilito dalla normativa generale.

La forma della conciliazione

Ma come deve essere concretamente formulata l’offerta di conciliazione? Che forma deve rivestire? Su questo punto la norma non ci aiuta, a differenza di quanto previsto a proposito, ad esempio, del tentativo obbligatorio di conciliazione per i licenziamenti economici dei lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 (articolo 7 della legge 604/1966, come modificato dalla legge 92/2012).

Si può ragionevolmente ritenere, però, che l’offerta di conciliazione vada fatta in forma scritta, soprattutto per conferire certezza al momento in cui viene formulata, consentendo così alle parti di poter usufruire degli sgravi contributivi e fiscali nonostante il verbale di conciliazione sia sottoscritto dopo 60 giorni.

Da un punto di vista letterale, infatti, la legge richiede solo che l’offerta sia formulata entro il termine di decadenza dall’impugnazione giudiziale e non anche che, entro lo stesso termine, sia stipulata la relativa transazione.

Il contenuto

Quanto al contenuto dell’offerta di conciliazione, si può ragionevolmente ritenere che questa possa essere condizionata alla sottoscrizione di un accordo “tombale” che abbracci non solo le questioni sul licenziamento, ma anche le eventuali pretese inerenti il rapporto di lavoro.

Da ultimo, l’offerta può contenere un termine alla scadenza del quale il datore di lavoro può ritenersi non più vincolato alla stessa.

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