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Premi variabili individuali - Diritti acquisiti e usi negoziali: prevenzione e gestione

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Le modalità per recedere e per prevenire gli usi negoziali

Diritti acquisiti ed aspettative

La tematica degli usi aziendali[1] - e soprattutto della loro stabilità o revocabilità- si intreccia inevitabilmente con quella dei diritti quesiti[2], intendendosi per tali quei diritti soggettivi divenuti intangibili perché entrati in modo inestricabile a far parte del patrimonio del loro titolare. Si impone pertanto un cenno preliminare a tale problematica, con riferimenti che risulteranno utili al prosieguo della indagine, specie a proposito delle possibilità di recedere dagli usi.

Il diritto ...

  • [1] Sul tema fondamentale lo studio di S. Liebman, Individuale e collettivo nel contratto di lavoro, 1993 e più recente, Prassi aziendale e regolazione dei rapporti di lavoro nell’impresa: fonte consuetudinaria o prodotto dell’autonomia collettiva? In Arg. Dir. Lav. 2009, 704; L. Valente, Consuetudini e usi nel rapporto di lavoro subordinato, 2006, da ultimo, O. Loddo, Ideologie e concetti in azienda, un’analisi filosofica degli usi aziendali, 2017.

  • [2] Sul tema dei diritti acquisiti nella prassi aziendale, S. Malandrini, Prassi aziendali e conciliazione dei tempi di lavoro, Dir. Prat. Lav. 2017, p. 967.

  • [3] Ex plurimis: Cass. civ. sez. lav., 07 marzo 2023, n. 15648; v. anche Cass. civ. sez. lav., 08 novembre 2016, n. 22652.

  • [4] Cfr. Cass. civ. sez. lav. 11 maggio 2022, n. 14961, nello stesso senso Cass. civ. sez. lav., 17 settembre 2019, n. 23105. Nella specie la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda dei lavoratori diretta ad ottenere il pagamento di un superminimo non assorbibile previsto da un contratto aziendale in vigore presso la società cedente ma disdettato dalla società cessionaria e dunque non più erogabile in quanto assorbito dagli incrementi retributivi previsti dai rinnovi contrattuali del nuovo CCNL.

  • [5] Cass. civ. sez. lav. 07 aprile 2023, n. 9591. Il caso di specie aveva ad oggetto la modificazione da parte di un contratto collettivo aziendale delle modalità di erogazione di un premio denominato di collaborazione assegnato individualmente ad alcuni lavoratori. La risposta della Corte sia di merito che di legittimità è stata di ritenere inderogabile, a norma dell’art. 2077 c.c. la previsione del contratto individuale del lavoratore di erogazione del premio in quanto incondizionata attribuzione patrimoniale accessoria, erogata in aggiunta alla retribuzione normale minima quale componente della stessa, ad opera di accordo sindacale aziendale successivo.

  • [6] 6G. Ferraro, voce I diritti quesiti. II) Diritto del lavoro, EGT, vol. XI,1989.

  • [7] Cass. civ. sez. lav. 1 luglio 2014, n. 14944.

  • [8] P. Scudeller, Gli usi aziendali, in il Giurista del lavoro, 2010, p. 2.

  • [9] Ottima analisi comparativa in O. G. Loddo, Ideologie e concetti in azienda, un’analisi filosofica degli usi aziendali, cit.

  • [10] S. Malandrini, Prassi aziendali e conciliazione dei tempi di lavoro, cit., pag. 968.

  • [11] Cass. civ. sez. lav., 20 ottobre 2022, n. 30928

  • [12] G. Bulgarini d’Elci, Trattamenti economici e normativi derivanti da un uso aziendale: costituzione ed estinzione, in Il Giuslavorista.it, 10 settembre 2014.

  • [13] Cfr. Cass. civ. sez. lav. 13 dicembre 2007, n. 26107; Cass. sez. lav. 08 aprile 2010, n. 8342; Cass. sez. lav. 13 dicembre 2012, n. 22927; Cass. sez. lav. 17 dicembre 2012, n. 23216;

  • [14] 14Si veda Cass. civ. sez. lav. 10 luglio 2008, n. 18991: le eventuali differenziazioni basate sulla diversità delle mansioni o delle qualifiche «qualora abbiano chiarezza nella loro soggettiva estensione» non escludono la determinazione di un uso aziendale.

  • [15] 15In questo senso cfr. Cass. civ. sez. lav. 10 luglio 2008, n. 18991: «L’uso aziendale, quale fonte d’un obbligo unilaterale di carattere collettivo, presuppone non una semplice reiterazione di comportamenti, ma uno specifico intento negoziale di regolare per il futuro determinati aspetti del rapporto lavorativo».

  • [16] 16Cfr. Cass. civ. sez. lav. 18 febbraio 1992, n. 1984: l’uso aziendale «non è integrato da un comportamento di maggior favore che il datore di lavoro abbia tenuto in esecuzione di un obbligo contrattuale erroneamente ritenuto sussistente».

  • [17] 17L. Valente, Clausole d’uso e usi aziendali nel sistema delle fonti negoziali di integrazione del contratto di lavoro, in RIDL n. 4, 2005, I, p. 530.

  • [18] 18Sul ruolo della volontà nella formazione degli usi aziendali, si veda la particolare visione che pone rilievo ai contratti con obbligazioni del solo preponente ex art. 1333 cod. Civ., di M. Mengoni, In tema di usi aziendali, Massimario Giur. Lav., 1978, p. 472, che richiama la teoria di R. Sacco, Il Contratto, in Tratt. Dir. Civ., Vassalli, Torino, 1975.

  • [19] Art. 1340 cod. Civ. “Clausole d’uso”: «Le clausole d’uso s’intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti.»

  • [20] 20Cass. civ. Sez un., 30 marzo 1994, n. 3134. Vedi anche fra le tante successive: Cass. civ. sez. lav. 17 maggio 2002, n. 7200.

  • [21] L. Valente, Clausole d’uso e usi aziendali nel sistema delle fonti negoziali di integrazione del contratto di lavoro, cit., p. 524.

  • [22] Art. 1374 cod. Civ., Integrazione del contratto: «Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità.»

  • [23] P. Scudeller, Gli Usi aziendali, cit. p.3.

  • [24] Le c.d. fonti sociali comprendono sia i contratti collettivi (di ogni livello), sia il regolamento d’azienda e sono definite tali perché, pur non costituendo espressione di una funzione pubblica, sono dirette a conseguire una disciplina uniforme dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda. V. anche nota 119.

  • [25] Si veda in tal senso Cass. 5 settembre 2014, n. 18780 secondo la quale «In presenza di un uso aziendale legato alle modalità di espletamento della prestazione lavorativa, deve escludersi che il datore di lavoro possa incidere unilateralmente sui diritti acquisiti dal lavoratore per effetto dello stesso, a meno che non sia intervenuta una modificazione dell’organizzazione del lavoro, che, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, abbia fatto venir meno il presupposto stesso del predetto diritto». Il caso era il seguente: per oltre vent’anni il datore di lavoro aveva consentito ai lavoratori di un reparto di lasciare il posto di lavoro dieci minuti prima della fine del turno. Tale prassi aziendale rispondeva però soltanto a ragioni organizzative attinenti all’uso delle docce, le quali erano insufficienti rispetto al numero dei lavoratori e lontane da detto reparto. Nel tempo però il problema delle docce era stato superato, sicché, essendo mutata la situazione di fatto, non risultava più giustificata la diversa organizzazione dei tempi di uscita dei lavoratori del reparto. Nel caso di specie la Corte pur condividendo questo aspetto relativo al “volere” del datore di lavoro, precisa che ciò sarebbe stato un elemento importante ma nel caso di specie «i mutamenti dell’organizzazione del lavoro in presenza dell’uso aziendale, dedotti dalla società, non avevano determinato alcuna ripercussione sull’uso medesimo, onde non era giustificata né legittima la revoca della prassi aziendale».

  • [26] L. Castelvetri, Una nuova prospettiva teorica per gli usi aziendali, in Argomenti Dir. Lav., 1997, p. 169.

  • [27] Cass. civ. sez. lav. 02 febbraio 1996, n. 900; Cass. 25 luglio 2000, n. 9764.

  • [28] Cass. civ. sez. lav. 17 luglio 2023, n. 20682, in Guida al Lavoro, 2023, n. 39, p. 14 con nota di G. Bulgarini d’Elci e G. Fera, Superminimo assorbile e uso aziendale. La Corte richiama in questo caso la c.d. teoria delle fonti sociali tale per cui: «La condotta del datore di lavoro ha ingenerato nei dipendenti un affidamento che si è tradotto nell’insorgenza di un uso aziendale, per tale dovendosi intendere la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti. Al pari dei contratti collettivi e dei regolamenti aziendali, l’uso aziendale appartiene alle “fonti sociali” che, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, sono dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti di lavoro con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda e, quindi, non può essere unilateralmente modificato in peius dal datore di lavoro».

  • [29] Trib. Bologna, 5 aprile 1987, in Lavoro 80, 1987, p. 781.

  • [30] In tal senso Cass. civ. sez. lav. 19 novembre 2001, n. 14487, in RIDL, 2002, II, p. 789.

  • [31] Cass. civ. sez. lav. 22 luglio 2020, n. 15632; Cass. civ. sez. lav. 30 settembre 2022, n. 28549; Cass. civ. sez. lav. 7 aprile 2023, n. 9591

  • [32] Cass. civ. sez. lav. 11 maggio 2022, n. 14961.

  • [33] L. Valente, Clausole d’uso e usi aziendali nel sistema delle fonti negoziali di integrazione del contratto di lavoro, cit., p. 523.

  • [34] Trib. Udine, sez. lav. 22 marzo 2017, n. 102.

  • [35] «Tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi sia il regolamento d’azienda»: Cass. civ. sez. un. 13 dicembre 2007, n. 26107. Cass. civ. sez. lav. 02 novembre 2021, n. 31204; Cass. civ. sez. lav. 16 novembre 2016 n. 23351.

  • [36] Cfr. Cass. civ. sez. lav. 23 marzo 2016, n. 5768; Cass. civ. sez. lav. 09 giugno 2014 n. 12887; Cass. civ. sez. lav. 18 settembre 2013, n. 21345; Cass. civ. sez. lav. 30 marzo 2010, n. 7672; Cass. civ. sez. lav. 13 dicembre 2007, n. 26107.

  • [37] Cass. civ. sez. lav. 08 aprile 2010, n. 8342; Cass. civ. sez. lav. 13 settembre 2018, n. 22382.

  • [38] G. Bulgarini d’Elci e G. Fera, Superminimo assorbile e uso aziendale, cit., p. 17; Cass. civ. sez. lav. 22 ottobre 2018, n. 30260.

  • [39] «Il trattamento di miglior favore, attuato dal datore di lavoro nei confronti della collettività dei dipendenti di una determinata categoria, trova applicazione anche per i lavoratori che ne entrano a far parte solo in epoca successiva. Tale effetto si giustifica […] considerando che il comportamento datoriale, tenuto con apprezzabile continuità nei confronti di settori più o meno ampi del personale, […] costituisce anch’esso espressione del potere d’iniziativa economica del datore di lavoro, attuato con atti volontari che rappresentano una fonte “sociale” di obbligazione allorché integrano la fattispecie di uso aziendale […].» da Cass. civ. sez. lav. 17 febbraio 2000, n. 1773.

  • [40] Cass. civ. Sez. un., 30 marzo 1994, n. 3134.

  • [41] Cass. civ. sez. lav. 13 dicembre 2012, n. 22927.

  • [42] Cass. civ. sez. lav. 05 settembre 2014, n. 18780.

  • [43] G. Quadri, Brevi considerazioni sulla natura dell’uso aziendale e sulla possibilità di modifica ad opera del contratto collettivo, in RIDL, 2013, III, p. 725 e ss.

  • [44] 44L. Castelvetri, Ma l’uso aziendale esiste?, in RIDL, 2000, II, p. 612.

  • [45] In particolare precisa la Cassazione con un orientamento piuttosto consolidato che «Qualora il contratto collettivo non abbia un predeterminato termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio economica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione ve estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde all’esigenza di evitare - nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto - la perpetuità del vincolo obbligatorio. Ne consegue che, in caso di disdetta del contratto, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo in quanto siano già entrati nel patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita, e non anche quando vengano in rilievo delle mere aspettative sorte alla stregua della precedente più favorevole regolamentazione» da Cass. civ. sez. lav. 17 settembre 2019, n. 23105, in Mass. Giur. Lav., 2021, p. 679, con nota di E. Schiavone, L’applicazione nel corso del rapporto di lavoro di un diverso CCNL tra clausole di rinvio ed efficacia temporale.

  • [46] Si veda ad esempio Cass. civ. sez. lav. 17 marzo 2010, n. 6453, in Mass. di Giur. Lav., 2010, p. 809; il caso riguardava il venir meno di un uso aziendale in essere presso una banca che si era fusa per incorporazione in un’altra. La banca ceduta infatti assegnava ai propri dipendenti dei premi ed un superminimo collettivo calcolati in modo particolarmente favorevoli. La banca incorporante dopo la fusione aveva stipulato degli accordi aziendali che modificavano in peggio i predetti criteri di calcolo. Vedi a riguardo anche L. Valente, Clausole d’uso e usi aziendali nel sistema delle fonti negoziali di integrazione del contratto di lavoro, cit., p. 527.

  • [47] Cass. civ. sez. lav. 16 novembre 2016, n. 23351.

  • [48] Fra le tante, Cass. civ. sez. lav. 18 ottobre 2002, n. 14827 secondo la quale: «Invero […] per quanto attiene in particolare ai contratti privi di termine finale, ossia a tempo indeterminato, deve essere riconosciuta la possibilità di farne cessare l’efficacia, previa disdetta, anche in mancanza di una espressa previsione legale. Trattasi di un principio, che appare in sintonia con quello di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.), e che è coerente con la particolare struttura del rapporto, che non può vincolare le parti senza limiti, in contrasto con la naturale temporaneità delle obbligazioni. Esso, poi, deve tanto più ritenersi operante con riferimento al contratto collettivo, ove lo si consideri tipico mezzo di composizione di conflitti sorti in uno specifico contesto economico produttivo, suscettibile spesso di improvvise e talora impreviste variazioni di mercato, sicché si può dire ad esso connaturale una durata limitata nel tempo, anche in forza della normalità dell’autocomposizione volontaria dei conflitti rispetto alla vigenza, temporale o no, del contratto, attraverso i mezzi che l’ordinamento giuridico riconosce ai lavoratori organizzati». Deve, pertanto, affermarsi che il recesso ordinario va ammesso come causa estintiva normale del rapporto di durata a tempo indeterminato, siccome rispondente all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, anche in relazione ai contratti collettivi di diritto comune.

  • [49] Cass. civ. sez. lav. 08 novembre 2016, n. 22652.

  • [50] Cass. civ. sez. lav. 07 aprile 2023, n. 9591.

  • [51] G. Bulgarini d’Elci, Trattamenti economici e normativi derivanti da un uso aziendale: costituzione ed estinzione, cit.; Cass. civ. sez. lav. 21 agosto 2009, n. 18593; S. Malandrini, Prassi aziendali e conciliazione dei tempi di lavoro, cit., p. 971.

  • [52] M. Miscione, Usi aziendali e diritti individuali, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2008, p. 551.

  • [53] Cass. civ. sez. lav. 21 agosto 2009, n. 18593.

  • [54] 54L’arrivo di nuovi impianti di meccanizzazione causava così l’eliminazione delle pause frequenti, che in passato si erano strutturate come usi aziendali a partire dall’utilizzo di macchinari che costringevano i lavoratori a posture scomode: Cass. civ. sez. lav. 21 agosto 2009, n. 18593.

  • [55] 55Cass. civ. sez. lav. nn. 36923, 36708, 36228 del 2021.

  • [56] 56Cass. civ. sez. lav. 05 aprile 2022, n. 11072.

  • [57] Cass. civ. sez. lav., 31 gennaio 2019, n. 2927.

  • [58] «Perché caducata o sostituita da altra successiva»: Cass. civ. sez. lav. 05 aprile 2022, n. 11072; Cass. civ. sez. lav. 30 settembre 2022, n. 28540.

  • [59] Cass. civ. sez. lav., 17 gennaio 2023, n. 1281.

  • [60] Si veda a tal riguardo il contributo di P. Latella, Regolamento aziendale: fonte contrattuale e trasparenza nelle informazioni, in D&PL n. 40, 2023, p. 2381.

  • [61] S. Malandrini, Prassi aziendali e conciliazione dei tempi di lavoro, cit., p. 969; Cass. civ. sez. lav., 12 agosto 2009, n. 18263; Cass. civ. sez. lav. 13 dicembre 1986, n. 7483, Cass. civ. sez. lav. 24 maggio 1991, n. 5903.