Principio di territorialità e svolgimento di effettiva attività lavorativa a favore del committente
Il principio affermato dalla sentenza della sezione Lavoro n. 4625 dello scorso 21 febbraio attiene alle condizioni di applicazione della cosiddetta territorialità dell'obbligo contributivo, nel caso di lavoratori extracomunitari che, seppur alle dipendenze di una società del loro Paese, si trovano a svolgere attività lavorativa nel territorio italiano, spesso nell'ambito di un contratto di appalto a favore del committente italiano.
Secondo l'Inps, l'obbligo contributivo relativo all'attività lavorativa svolta deve essere assolto secondo le regole dell'ordinamento italiano. Ma questo non tanto per effetto dell'articolo 3 del Dlgs n. 72/2000, norma questa che prevede la responsabilità solidale dell'appaltante e dell'appaltatore transnazionale, e che limita la sua applicazione alle obbligazioni che riguardano le retribuzioni e le condizioni di lavoro. Infatti, in questo concetto non rientrano gli obblighi contributivi in quanto il riferimento alle condizioni di lavoro non equivale a espressa previsione normativa, quale requisito necessario per innescare un'obbligazione di tipo contributivo. Piuttosto, la ragione dell'obbligo risiede, secondo l'Ente, nella regola generale dettata dall'articolo 37 del Rdl n. 1827/1935, secondo cui sussiste l'obbligo contributivo e assicurativo in presenza del semplice svolgimento di attività lavorativa nel territorio italiano, anche a prescindere dal fatto che il lavoratore sia sprovvisto di cittadinanza italiana.
La Corte, tuttavia, pur ritenendo valido il principio, allarga il campo della sua indagine. Il principio di territorialità, secondo cui le assicurazioni sociali sono obbligatorie per i lavoratori che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri, ha una rilevanza generale, tanto che è stato adottato anche a livello comunitario.
Il Regolamento Cee n. 1408/1971 prevede, infatti, che il lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro è soggetto alla legislazione di tale Stato, indipendentemente dalla sua effettiva residenza o dalla sede legale del datore di lavoro. Il Regolamento non si applica tuttavia laddove i lavoratori occupati siano cittadini di uno Stato extracomunitario; quindi per escludere la deroga al principio di territorialità, occorre verificare quanto meno la sussistenza di una condizione di reciprocità prevista da un trattato internazionale.
Quindi in assenza di una deroga espressa al principio di territorialità (prevista da un accordo), per lavoratori extracomunitari dipendenti di una società estera, ma distaccati in Italia alle dipendenze di una società collegata italiana, l'obbligo contributivo a carico della società italiana è pienamente sussistente, purché naturalmente sia accertata la posizione di effettivo datore di lavoro del soggetto presso cui quei lavoratori svolgono la loro attività (Cass. n. 4351/2015). In qualche caso è possibile, in presenza di una fattispecie di distacco, che si applichi il regime previdenziale del Paese di provenienza per un certo periodo, ma solo dove il datore di lavoro eserciti abitualmente la propria attività nello Stato di provenienza e vi sia uno stretto legame organico tra impresa distaccante e lavoratore distaccato.
Peraltro, la forza del principio di territorialità, oltre che nelle indicate deroghe, la si ritrova anche nel fatto che la normativa che regola il rilascio dei visti e delle autorizzazioni al lavoro (permessi di soggiorno: articolo 27, comma 1, lett. i) del Dlgs n. 286/1998) non ha alcuna rilevanza e nessun effetto sulla vigenza del principio. Posto questo quadro generale, che dunque sembra lasciar intravedere una piena applicazione del principio di territorialità, la Corte però non dimentica di ricordare un presupposto fattuale che risulta (come nel caso di specie) decisivo.
Occorre infatti che sia dimostrato, da parte dell'ente previdenziale che rivendica il pagamento dei contributi, l'effettivo svolgimento da parte dei lavoratori extracomunitari di attività lavorativa a favore del datore di lavoro italiano che riceve le prestazioni con carattere di stabilità e di esclusività, non essendo quindi rilevante, a questo fine, la semplice richiesta di autorizzazione all'ingresso in Italia per lo svolgimento di attività lavorativa.
Può quindi capitare che pur affermandosi in via di principio la piena vigenza del criterio della territorialità, nei fatti non sia possibile attivare l'obbligazione contributiva per non essere dimostrato lo svolgimento di attività lavorativa nel territorio italiano a favore del datore di lavoro committente che riceva le prestazioni con carattere di stabilità e di esclusività, indipendentemente dal fatto che la società committente (in questo caso italiana) avesse più volte richiesto le necessarie autorizzazioni per lo svolgimento di attività lavorativa in Italia di personale extracomunitario. Tale elemento, infatti, non è sufficiente a dimostrare in fatto l'effettivo svolgimento dell'attività lavorativa nel territorio italiano, in esecuzione dell'appalto