Contenzioso

Rider, obbligo di trasparenza per i meccanismi di assegnazione delle consegne

Per il Tribunale di Palermo, è antisindacale la condotta di una società del food delivery che omette di fornire le informazioni relative ai meccanismi di assegnazione delle consegne ai rider

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di Angelo Zambelli e Alberto Burson Bens

Una innovativa e interessante pronuncia del Tribunale di Palermo del 20 giugno 2023 ha dichiarato antisindacale la condotta tenuta da una multinazionale del settore del food delivery consistente nel perdurante rifiuto di comunicare alle organizzazioni sindacali ricorrenti le informazioni previste dall’articolo 1-bis del Dlgs 152/1997, così come modificato dall’articolo 4 del Dlgs 104/2022 (il cosiddetto decreto Trasparenza) e dall’articolo 26 del Dl 48/2023 (il decreto Lavoro), espressamente richieste da queste ultime con apposita comunicazione.
Prima di entrare nel merito della decisione del Tribunale di Palermo, preme anzitutto rilevare che l’obbligo informativo previsto dall’articolo 4 del decreto Trasparenza, ricade in capo a quei datori di lavoro (o committenti pubblici e privati) che utilizzano sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati tesi a rilevare dati utili ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Le modifiche al decreto Trasparenza con il Dl Lavoro

L’onere informativo è stato recentemente modificato dall’articolo 26 del decreto Lavoro, che ha limitato l’obbligo di informativa soltanto a quei sistemi decisionali o di monitoraggio "integralmente" automatizzati. Di conseguenza, sulla base della modifica legislativa, il predetto obbligo non troverebbe applicazione a quei sistemi che solo "parzialmente" gestiscono la prestazione lavorativa, o che si limitano a fornire un supporto a una decisione che però viene poi presa in via definitiva da una persona. Il decreto Lavoro, inoltre, chiarisce come i predetti obblighi non si devono applicare ai sistemi protetti da segreto industriale e commerciale.

Il caso

Tornando alla fattispecie in esame, la società convenuta richiedeva il rigetto del ricorso ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori proposto dalle organizzazioni sindacali di categoria ed eccepiva, tra le altre, che le informazioni, oggetto di causa e da questa negate alle organizzazioni sindacali, sarebbero state – sulla scorta delle novità introdotte dal decreto Lavoro – coperte da segreto commerciale e che il sistema di monitoraggio, in relazione al quale queste erano state richieste, non sarebbe stato un sistema "integralmente automatizzato" (così come richiesto dalla modifica legislativa).

Entrando nel merito della questione, al fine di valutare l’esistenza dei requisiti che rendono obbligatoria la comunicazione ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali delle informazioni richieste e, di conseguenza, al fine di verificare la natura antisindacale (o meno) della condotta omissiva della società, il Tribunale di Palermo ha, quindi, ritenuto di operare una duplice indagine: una in relazione al momento del deposito del ricorso (avvenuto il 28 aprile 2023), alla sua notifica e al periodo ad essa precedente e, l’altra, in relazione al periodo successivo all’entrata in vigore del Decreto Lavoro (ossia dal 5 maggio 2023 in poi).

La condotta sino al 28 aprile 2023

Relativamente al primo periodo in esame, il Tribunale ha agevolmente accertato che – alla luce del testo normativo dell’art. 4 del Decreto Trasparenza – non vi era dubbio che il comportamento tenuto dalla società convenuta fosse da considerarsi antisindacale. Il Giudice, infatti, ha ritenuto che la condotta del "tutto silente ed omissiva" tenuta dalla società, a fronte di "una espressa richiesta di rilascio delle informazioni" da parte delle OO.SS. doveva essere valutata alla stregua di un rifiuto ad adempiere ad un preciso obbligo giuridico (quello di cui all’art. 4 del citato decreto [1] ). E, dunque, in considerazione del fatto che la legittimazione attiva alla richiesta di dette informazioni compete non solo al lavoratore, ma anche alle stesse RSA, RSU o alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il relativo diniego "limita e compromette l’attività sindacale", integrando di conseguenza un comportamento antisindacale da parte della società convenuta.

La condotta dopo il 5 maggio 2023

Con riguardo al secondo periodo in esame (ossia quello successivo all’entrata in vigore del Decreto Lavoro), il Tribunale di Palermo ha invece cercato di attribuire ai nuovi obblighi informativi di cui al Decreto Lavoro una corretta interpretazione con riguardo, in particolare, alla limitazione di detti oneri ai soli sistemi decisionali o di monitoraggio "integralmente automatizzati", arrivando quindi a delinearne il contenuto in maniera conforme alle previsioni normative europee contenute nella Direttiva (UE) 2019/1152 [2] , nel GDPR (Regolamento (UE) 2016/679) e nella Direttiva (UE) 2016/493 [3] relativa alla protezione del segreto commerciale. Anzitutto, alla luce di quanto chiarito dal Garante per la Protezione dei Dati personali lo scorso gennaio [4] , il Tribunale di Palermo ha confermato che gli obblighi informativi introdotti dal Decreto Trasparenza non sostituiscono quelli già previsti dal GDPR agli articoli 13 e 14, ma si aggiungono ad essi. Da ciò discende per il Giudice palermitano che gli obblighi previsti dal GDPR si devono applicare a tutti i sistemi automatizzati (compresi quelli "integralmente automatizzati") e che la normativa sulla trasparenza nei confronti dei lavoratori deve perciò essere letta in maniera coordinata con quella del GDPR, cui il legislatore nazionale non può derogare. Tra gli articoli del GDPR, espressamente richiamati dalla sentenza in commento, vi è anche l’art. 22 (recante "Processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche, compresa la profilazione"), il quale prevede il divieto di assoggettare l’interessato al trattamento dei dati ad una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato o, nel caso in cui sia ritenuta legittima una decisione automatizzata, che sia comunque garantito il diritto di ottenere l’intervento umano da parte del titolare, nonché il diritto del soggetto "trattato" di esprimere la propria opinione e di contestare la decisione. Dunque, in tale contesto normativo "eurounitario", si inserirebbe, secondo la sentenza in commento, il Decreto Trasparenza, il quale – in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1152 – prevede che il lavoratore deve essere messo nelle condizioni di poter conoscere se il proprio datore di lavoro utilizza (o meno) tecniche automatizzate e/o se si avvale di decisioni algoritmiche e simili, stabilendo che il prestatore di lavoro ha il diritto, altresì, di sapere come funzionano tali tecniche, quale sia la loro logica e quali possano essere gli impatti che queste hanno nei suoi confronti, anche in termini di rischi per la sicurezza dei dati personali.

Il decreto Lavoro

E così, nell’ambito del predetto contesto normativo "eurounitario", il Tribunale di Palermo si è posto l’interrogativo se il nuovo Decreto Lavoro (che si propone di semplificare le modalità con le quali vanno rese le predette informazioni) abbia inteso ridimensionare detti obblighi, limitandoli ai sistemi "integralmente automatizzati", oppure se semplicemente abbia inteso chiarirne la portata, introducendo così la possibilità di ricorrere a modalità di comunicazione più semplici. Non solo, il Giudice palermitano ha voluto indagare, altresì, cosa debba intendersi per "sistemi integralmente automatizzati" e se l’eventuale limitazione imposta dalla novella legislativa si ponga (o meno) in contrasto con il sopra citato Gdpr. Ebbene, sulla scorta del citato art. 22 del Gdpr (secondo cui, come detto, deve essere possibile il controllo umano sulle decisioni adottate da un sistema automatizzato) e fornendo una interpretazione conforme ad esso, la sentenza in parola arriva dunque ad affermare che i sistemi "integralmente automatizzati", di cui all’art. 26 del Decreto Lavoro, sono quelli "che non prevedono l’intervento umano nella fase finale della decisione o del monitoraggio, a prescindere da un eventuale intervento dell’uomo nelle fasi antecedenti, quale quella di mero inserimento di dati, comunque elaborati."Pertanto, nell’ambito di una interpretazione della norma orientata al diritto europeo, il Giudice palermitano conclude che l’art. 26 del Decreto Lavoro avrebbe inteso precisare che le informazioni che vanno rilasciate ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali "sono quelle relative solo ai sistemi di decisione e monitoraggio "integralmente automatizzati", da intendersi come tali quelli "che non prevedono alcun intervento umano nella fase finale del processo decisionale o di monitoraggio", salvo ovviamente che tali sistemi non siano coperti "da segreto industriale o commerciale, nel senso che il segreto risulterebbe violato dal rilascio delle informazioni, a volere rendere un’interpretazione conforme alla citata Direttiva UE 2016/943 in tema di segreto commerciale."E, quindi, alla luce della sopra richiamata interpretazione "eurounitaria", il Tribunale di Palermo ritiene che i sistemi automatizzati utilizzati dalla società convenuta sono sistemi "integralmente automatizzati", atteso che in essi l’intervento umano, dedotto in giudizio (ma non dimostrato), non interviene nella fase finale, bensì eventualmente solo in quella dell’inserimento dei dati o dell’attivazione del sistema medesimo e, dunque, la successiva elaborazione e trattamento dei dati (e l’eventuale decisione finale) sono affidati integralmente ad automatismi algoritmici o informatici.

La decisione

Da quanto sopra ritenuto, per il Giudice palermitano deriva quindi la permanenza dell’obbligo della società convenuta di fornire alle organizzazioni sindacali ricorrenti tutte le informazioni previste dal citato articolo 1-bis del Dlgd 152/1997, così come introdotto dall’articolo 4 del decreto Trasparenza, anche dopo l’entrata in vigore del decreto Lavoro, mentre, sono da escludere da tale obbligo tutte quelle informazioni che incidono su sistemi o parti di essi coperti da segreto industriale o commerciale (come, nel caso di specie, i codici sorgente e le formule matematiche utilizzate per la realizzazione della piattaforma informatica). In definitiva, secondo la sentenza in commento, l’omessa comunicazione alle organizzazioni sindacali delle informazioni da esse espressamente richieste configura da parte della società convenuta una violazione degli obblighi informativi anche alla luce del nuovo decreto Lavoro e, di conseguenza, integra un comportamento antisindacale da sanzionarsi con l’ordine per la stessa società di comunicare alle organizzazioni sindacali tutte le informazioni pretese, ad eccezione di quelle coperte da segreto industriale o commerciale.

[1] L’art. 4 del D.lgs. n. 104/2022 introduce nel corpo del D.lgs. 152/1997 il nuovo art. 1 bis (recante "Ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati"), il quale prevede che: "1.Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300. 2. Ai fini dell’adempimento degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro o il committente è tenuto a fornire al lavoratore, unitamente alle informazioni di cui all’ articolo 1, prima dell’inizio dell’attività lavorativa, le seguenti ulteriori informazioni:a) gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo dei sistemi di cui al comma 1;b) gli scopi e le finalità dei sistemi di cui al comma 1;c) la logica ed il funzionamento dei sistemi di cui al comma 1;d) le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi di cui al comma 1, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni;e) le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;f) il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi di cui al comma 1 e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.3. Il lavoratore, direttamente o per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, ha diritto di accedere ai dati e di richiedere ulteriori informazioni concernenti gli obblighi di cui al comma 2. Il datore di lavoro o il committente sono tenuti a trasmettere i dati richiesti e a rispondere per iscritto entro trenta giorni.4. Il datore di lavoro o il committente sono tenuti a integrare l’informativa con le istruzioni per il lavoratore in merito alla sicurezza dei dati e l’aggiornamento del registro dei trattamenti riguardanti le attività di cui al comma 1, incluse le attività di sorveglianza e monitoraggio. Al fine di verificare che gli strumenti utilizzati per lo svolgimento della prestazione lavorativa siano conformi alle disposizioni previste dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, il datore di lavoro o il committente effettuano un’analisi dei rischi e una valutazione d’impatto degli stessi trattamenti, procedendo a consultazione preventiva del Garante per la protezione dei dati personali ove sussistano i presupposti di cui all’art. 36 del Regolamento medesimo.5. I lavoratori, almeno 24 ore prima, devono essere informati per iscritto di ogni modifica incidente sulle informazioni fornite ai sensi del comma 2 che comportino variazioni delle condizioni di svolgimento del lavoro.6. Le informazioni e i dati di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo devono essere comunicati dal datore di lavoro o dal committente ai lavoratori in modo trasparente, in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico. La comunicazione delle medesime informazioni e dati deve essere effettuata anche alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria e, in assenza delle predette rappresentanze, alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Ispettorato nazionale del lavoro possono richiedere la comunicazione delle medesime informazioni e dati e l’accesso agli stessi.7. Gli obblighi informativi di cui al presente articolo gravano anche sul committente nell’ambito dei rapporti di lavoro di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile e di cui all’art. 2, comma 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81.8. Gli obblighi informativi di cui al presente articolo non si applicano alle informazioni di cui all’art. 98, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30."[2] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa alle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili che ha introdotto nuove norme con lo scopo di rafforzare la tutela dei lavoratori rispetto agli obblighi informativi cui è tenuto il datore di lavoro, poi attuata dal legislatore italiano con il Decreto Trasparenza (D.Lgs. n. 104/2022).[3] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2016 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti, poi attuata dal legislatore italiano con il D.Lgs. 11 maggio 2018, n. 63.[4] Cfr. Questioni interpretative e applicative in materia di protezione dei dati connesse all’entrata in vigore del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104, in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili (c.d. "Decreto trasparenza").

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