Contenzioso

Rimborso delle spese legali con limiti precisi per i dipendenti della pubblica amministrazione

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di Marco Lovo

Con sempre maggiore frequenza vengono sottoposte all'attenzione dei giudici controversie relative al rimborso da parte dell'ente pubblico delle spese legali sostenute dal dipendente in conseguenza dell'apertura nei suoi confronti di un procedimento di responsabilità civile, contabile o penale per fatti inerenti all'espletamento delle sue mansioni.

Il rimborso delle spese legali, previsto dalle norme dei contratti collettivi, mira a tenere indenne il dipendente dalle conseguenze negative che, senza dolo o colpa grave, si siano verificate nello svolgimento della sua attività di lavoro, in analogia a quanto disposto dall'articolo 1720 del codice civile in materia di mandato.

Per poter riconoscere tale tutela è tuttavia necessario verificare la sussistenza di alcuni presupposti da accertare ca so per caso. Il primo è che i fatti per i quali si è aperto il procedimento a carico del dipendente siano avvenuti nell'esercizio delle sue mansioni, mentre non è sufficiente che si siano svolti semplicemente durante la prestazione di lavoro o in occasione del suo espletamento.

In proposito, è stato escluso, ad esempio, l'accesso al patrocinio a un dipendente delle forze dell'ordine che aveva fornito informazioni riservate a terzi per agevolarne condotte criminose (Tar Toscana, prima sezione, 121/2014) e a una dipendente che era stata accusata di aver acquisito, con la propria condotta, il controllo e la gestione dell'amministrazione per il conseguimento di interessi privati (Tribunale di Livorno, 280/2014), trattandosi di casi rispetto ai quali lo svolgimento delle mansioni aveva costituito la mera occasione per la realizzazione delle ipotesi criminose imputate ai dipendenti.

Per poter accedere al patrocinio legale, inoltre, è necessario verificare che non sussista alcun conflitto di interessi tra l'amministrazione e il proprio dipendente. Ci sono degli indici, per così dire sintomatici, ai quali la giurisprudenza ricollega la manifestazione di un conflitto di interesse, come nel caso in cui l'amministrazione si sia costituita parte civile nell'ambito del procedimento penale a carico del dipendente (Cassazione, sezione lavoro, 5718/2011), o laddove essa, in ordine ai medesimi fatti per i quali sia stato avviato il procedimento nei confronti del proprio dipendente, abbia attivato un procedimento disciplinare nei confronti dello stesso (Corte di appello di Potenza, sezione lavoro, 12 maggio 2013) o abbia segnalato i fatti alla Corte dei Conti ravvisando un possibile danno erariale conseguente alla condotta del dipendente (Consiglio di Stato, quinta sezione, 5986/2006).

La valutazione della sussistenza di un eventuale conflitto di interessi deve essere effettuata ex ante, al momento dell'apertura del procedimento, ma può essere rilevata anche successivamente, sulla base di un accertamento in concreto e senza automatismi: persino in caso di assoluzione nel giudizio penale, infatti, non può essere escluso il conflitto di interessi ove i fatti, pur non costituendo reato, manifestino un contrasto tra il comportamento del dipendente e le finalità pubbliche dell'amministrazione (Cassazione, sezione lavoro 4978/2014).

Per quanto attiene, inoltre, all'instaurazione del procedimento dal quale può conseguire il patrocinio legale, occorre tener presente un discutibile orientamento dell'Aran, secondo il quale, per accedere alla tutela, deve essere stato avviato un procedimento giudiziario che si concluda con una sentenza, escludendo, quindi, che possano essere rimborsate le somme eventualmente sostenute dal dipendente in sede di mediazione oppure nell'ambito di procedimenti, come ad esempio l'accertamento tecnico preventivo (articolo 696 del codice di procedura civile) o la consulenza tecnica preventiva (articolo 696-bis del codice di procedura civile), che non sfociano in una pronuncia giurisdizionale.

Ove sussistano i presupposti sopra indicati, l'amministrazione potrà procedere al rimborso delle spese legali nella misura che dovrà essere opportunamente predeterminata da atti regolamentari dell'ente sulla base dei parametri per la liquidazione dei compensi degli avvocati, fatta salva l'ipotesi di refusione delle spese legali disposta dal giudice contabile in favore del dipendente sottoposto a giudizio contabile.

In proposito, infatti, si è espressa una pronuncia della Corte dei Conti della Toscana (sentenza del 16 ottobre 2013) che, argomentando dal carattere di specialità della disciplina prevista per il giudizio davanti alla Corte dei Conti, ha ritenuto che, in caso di proscioglimento nel merito, il rimborso debba avvenire entro i limiti della liquidazione disposta dal giudice, rimanendo a carico del dipendente la differenza tra la somma liquidata in sede giudiziale e gli onorari richiesti dal legale con la propria parcella.

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