Agevolazioni

Tassazione al 5% per le mance dei clienti

Nuova disciplina applicabile ai titolari di redditi da lavoro dipendente fino a 50mila euro

di Stefano Sirocchi

La manovra finanziaria introduce un regime fiscale specifico per le somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità, le cosiddette mance, nei settori della ristorazione e delle attività ricettive, sottoponendole a un’imposta sostituiva dell’Irpef e delle relative addizionali territoriali con aliquota del 5 per cento.

Il pregio della nuova disciplina non consiste solo nel definire la fattispecie a livello giuridico e applicativo, ma anche nel facilitare il rispetto della legalità senza penalizzare troppo il percipiente. Anche in giurisprudenza l’imponibilità di queste somme non era del tutto scontata, nonostante la sentenza della Cassazione 26512/2021 le abbia ricomprese nel reddito di lavoro dipendente.

Peraltro, l’analisi dei lavori preparatori alla riforma introdotta con il Dlgs 314/1997 poteva farle ritenere escluse da tassazione. Infatti, con l’eccezione delle mance ai croupier, la cui corresponsione rientra in un preciso obbligo datoriale, legalmente riconosciuto dall’articolo 4 del Dpr 1420/1971 e giurisdizionalmente tutelabile, le mance non sembravano costituire reddito da lavoro dipendente, secondo la relazione della Commissione parlamentare consultiva, a proposito della citata legge delega. Per la loro peculiare natura aleatoria, infatti, sarebbero potute rimanere estranee alla definizione di “retribuzione”, tanto che, le stesse, non vengono ricomprese nella base imponibile contributiva previdenziale (si vedano le sentenze della Cassazione 11502/1995, 8598/1992 e 5520/2001) sono riscosse direttamente dal cliente e non hanno alcuna relazione con il datore di lavoro, il quale non può neppure determinarne l’entità (Ctr Cagliari, sez. Sassari, 65/8/2014). Viceversa, le mance dei croupier sono già normate, essendo imponibili nella misura del 75%, secondo quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, lett. i) del Tuir, e godono, cioè, di una esenzione parziale del 25 per cento.

La nuova disciplina (articolo 1, commi 58-62), dunque, mette ordine, anche se solo nel settore privato e a favore dei titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a 50mila euro. Per tali lavoratori le mance costituiscono redditi di lavoro dipendente e, salva espressa rinuncia scritta, sono soggette a un’imposta sostitutiva del 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno relativamente alle prestazioni di lavoro.

Tali somme sono escluse da contribuzione e premi Inail e non sono computate nel calcolo del Tfr ma fanno cumulo con gli altri redditi di lavoro per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria.

In attesa di chiarimenti, il riferimento reddituale dei 50mila euro dovrebbe essere quello relativo all’anno precedente, mentre la formula utilizzata dal legislatore «anche attraverso mezzi di pagamento elettronici, riversate ai lavoratori» dovrebbe essere letta estensivamente sia per le somme ricevute in denaro, sia per quelle riscosse dai lavoratori anche se non fatte transitare per il datore di lavoro. Infine, lo sforamento del 25% potrebbe avere una connotazione di franchigia e non annullare l’agevolazione se si supera tale plafond.

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