Caso Eternit: il reato di disastro doloso è prescritto
La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza del 19 novembre 2014 con cui ha annullato i risarcimenti per le vittime dell'amianto degli stabilimenti di quattro siti della Eternit di Casale Monferrato, dichiarando l'avvenuta prescrizione del reato di cui all'art. 434 c.p. contestato al responsabile svizzero Stephan Schmidheiny.
Per la Cassazione almeno dall'agosto dell'anno 1993 non poteva ignorarsi a livello comune l'effetto del rilascio incontrollato di polveri e scarti prodotti dalla lavorazione dell'amianto, definitivamente inibita con comando agli enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti. "E da tale data a quella del rinvio a giudizio, avvenuto nel 2009 e della sentenza di primo grado del 13 febbraio 2012 – rileva la Corte - sono trascorsi ben oltre i 15 anni previsti per la maturazione della prescrizione in base alla legge n. 251 del 2005 per il reato in esame". Ne consegue l'intervenuta prescrizione del reato che, viceversa, la Corte d'appello aveva escluso attraverso una erronea interpretazione della fattispecie delittuosa.
La Suprema Corte biasima l'impianto accusatorio che, puntando sul carattere unitario dell'offesa alla vita e alla salute di un numero indeterminato di persone quale disastro, ha escluso la possibilità di attribuire rilevanza individuale ai singoli eventi lesivi di malattia e di morte con relativo inquadramento all'interno dei corrispondenti figure di reato contro la persona. Condividendo le argomentazioni della Corte d'appello, che in qualche modo finisce per far rientrare nell'evento del disastro le lesioni e morti, secondo la Corte, si sarebbe pervenuti ad esiti paradossali dal punto di vista sistematico e del buon senso, venendosi a punire plurimi omicidi con la pena, nella peggiore delle ipotesi, di 12 anni di reclusione, così come previsto dall'art. 434 c.p.
Tale norma configura appunto il reato di disastro innominato. Secondo giurisprudenza costante è un delitto a consumazione anticipata, in quanto la realizzazione del mero pericolo concreto del disastro è idonea a consumare il reato.
La scelta di tale capo di imputazione è certamente influenzata dalla progressiva tendenza della giurisprudenza di legittimità a ricondurre al concetto di disastro innominato il c.d. disastro ambientale, non espressamente tipizzato.
In tal senso, è stato affermato che il disastro comprende non soltanto gli eventi di grande evidenza immediata e che si esauriscono in un arco di tempo ristretto (incendio, naufragio, ecc.), ma anche quegli eventi non immediatamente percepibili, che possono realizzarsi in un arco di tempo eventualmente molto prolungato, purchè si verifichi quella compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività che consentono di affermare l'esistenza di una offesa alla pubblica incolumità.
L'evento viene individuato nella c.d. immutatio loci, ossia nella contaminazione di siti destinati a insediamenti abitativi o agricoli con sostanze pericolose per la salute umana, purché questa si riveli idonea a cagionare un danno ambientale di eccezionale gravità. La giurisprudenza della Suprema Corte è assolutamente concorde nel ritenere che il capoverso dell'art. 434 c.p. introduce un'ipotesi di reato aggravato dall'evento e non una fattispecie delittuosa autonoma.
La Corte di Appello di Torino, viceversa, giunge a conclusioni opposte affermando, di conseguenza, la non intervenuta prescrizione del reato. Soluzioni che vengono rigettate dalla Cassazione.
La Suprema Corte innanzitutto ribadisce la conformazione del delitto come fattispecie di attentato eventualmente aggravato dall'evento. Inoltre, in merito alla consumazione del reato ai fini della decorrenza dei termini di prescrizione, rileva che "il Tribunale ha confuso la permanenze del reato con la permanenza degli effetti del reato e la Corte di appello ha opinatamente aggiunto all'evento costitutivo del disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali quelli delle malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e di omicidio".
La Corte d'appello aveva infatti ritenuto che l'evento "disastro" non fosse costituito solo o non tanto dalla immutatio loci, ma dallo stesso fenomeno epidemico ad esso collegato, considerando non prescritto il reato in quanto "l'eccesso numerico dei casi di soggetti deceduti o ammalati rispetto agli attesi", l'effetto epidemico" non poteva ancora considerarsi venuto meno. Soluzione non condivisa dalla Cassazione che ben distingue la consumazione del reato dagli effetti del medesimo nella fattispecie ininfluenti.
La Procura di Torino, a seguito della sentenza di assoluzione per il reato di cui all'art. 434 c.p. per intervenuta prescrizione, ha chiesto il rinvio a giudizio di Stephan Schmidheiny con l'accusa di omicidio volontario aggravato per la morte di 258 persone tra il 1989 e il 2014 a causa delle polveri di amianto della Eternit. Vale la pena ricordare che ai sensi dell'art. 157 c.p. i reati che comportano la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti, sono imprescrittibili.