Contenzioso

La lettera di licenziamento va interpretata analizzando tutto il contesto contrattuale

di Valeria Zeppilli

La lettera di licenziamento con la quale il datore di lavoro manifesta la propria intenzione di recedere dal rapporto che lo lega a un proprio dipendente deve essere letta in maniera tale da collegare e raffrontare tutte le frasi e le parole in essa contenute, al fine di chiarirne il significato e valutarne la legittimità.

Per la Corte di cassazione (ordinanza 4 febbraio 2019, numero 3193), infatti, deve considerarsi che ai negozi unilaterali si applicano le norme di interpretazione dei contratti stabilite dagli articoli 1362 e seguenti del codice civile, in ragione del rinvio posto dall'articolo 1324 del medesimo testo.

Chiaramente, proseguono i giudici, bisogna necessariamente tenere conto della particolare struttura e della natura dei negozi unilaterali, con la conseguenza che, ad esempio, non si può avere riguardo alla comune intenzione delle parti, potendosi dare risalto esclusivamente alle intenzioni del soggetto che ha posto in essere il negozio stesso. Tuttavia, per consolidato insegnamento della Corte, il criterio dell'interpretazione complessiva dell'atto resta fermo e pienamente applicabile.

Ciò posto, l'elemento letterale assume una funzione fondamentale e deve essere verificato analizzando tutto il contesto contrattuale e coordinando le singole clausole tra di loro. Infatti, il senso letterale delle parole va inteso come «tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale», con la conseguenza che il giudice, in sede interpretativa, è chiamato a collegare tutte le frasi della dichiarazione e raffrontarle, al fine di chiarire l'effettivo significato che la dichiarazione stessa intende assumere.

Nel caso di specie, l'atto di recesso del datore di lavoro si articolava in molteplici proposizioni, che però il giudice del merito non aveva collegato e raffrontato per chiarirne il significato. In contrasto con i principi sui quali si fonda l'ermeneutica contrattuale, la corte territoriale non aveva coordinato le varie clausole della lettera di licenziamento e non aveva provveduto a effettuare una disamina dello scritto complessiva e che desse conto dei nessi e dei collegamenti che legavano i vari punti in cui lo stesso era articolato.

In conclusione quindi, per la Corte di cassazione, nel valutare la legittimità di un atto di recesso è fondamentale ricercare la reale intenzione del soggetto che ha posto in essere il negozio unilaterale e, se manca un'esegesi dell'elemento letterale ampliata all'intero contesto, non può dirsi che l'interprete abbia correttamente adempiuto alla funzione ascrittagli. L'unico mezzo per provvedervi, infatti, è quello di coordinare le varie clausole, interpretarle complessivamente le une a mezzo delle altre e attribuire a ciascuna il senso che risulta dall'intero negozio.

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