Contenzioso

Quattro possibilità tra cui scegliere

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

La legge 183/2010 (cosiddetto “collegato lavoro”), rivisitando la disciplina codicistica in materia di arbitrato di lavoro, ha definito quattro diverse soluzioni.

Il primo procedimento arbitrale è quello avanti le commissioni di conciliazione presso le direzioni territoriali del lavoro. Le parti, nell'ambito del tentativo di conciliazione, possono in qualsiasi momento, sia durante la procedura, sia al termine, in caso di fallimento, decidere in accordo tra loro di investire la commissione di conciliazione della soluzione della lite. In tal caso, le parti sono tenute a redigere il compromesso in forma scritta, indicando il termine di emanazione del lodo (massimo 60 giorni dopodiché l'incarico si intende revocato) e le norme a sostegno delle rispettive pretese e l'eventuale richiesta di decidere secondo equità. Il procedimento arbitrale termina con l'emanazione del lodo, che ha forza di legge tra le parti.

Il secondo strumento è previsto dai contratti collettivi, che possono stabilire sedi e modalità di svolgimento dell'arbitrato nelle materie previste dall'articolo 409 del codice di procedura civile, tra cui rapporti di lavoro subordinato privato e pubblico, rapporti di agenzia, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Il terzo procedimento arbitrale introdotto a seguito dell'intervento riformatore della legge 183/2010 è promosso su iniziativa di una delle parti, che propone di dirimere la lite affidandosi a un collegio arbitrale. La parte istante, in questo caso, notifica alla controparte un ricorso sottoscritto personalmente (o da un rappresentante cui abbia conferito mandato), nel quale devono essere indicati: la nomina dell'arbitro di parte, l'oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda, i mezzi di prova, il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda, le norme a sostegno della domanda e l'eventuale richiesta di decidere secondo equità.

Se accetta, la controparte nomina il proprio arbitro, che nei successivi 30 giorni, d'intesa con l'arbitro di parte istante, concorda la scelta del presidente del collegio e la sede. La parte convenuta ha 30 giorni per il deposito di una memoria difensiva sottoscritta da un avvocato, nella quale espone le proprie difese e formula le eccezioni in fatto e diritto, nonché l'eventuale domanda riconvenzionale, indicando altresì i mezzi di prova. Il ricorrente ha 10 giorni per il deposito di una memoria di replica e il convenuto altri 10 giorni per le controrepliche. All'udienza il collegio tenta la conciliazione della lite e, se fallisce, interroga le parti e assume le prove, ove occorra, invitando, quindi, alla discussione orale. Nei successivi 20 giorni il collegio emana il lodo, i cui effetti sono gli stessi dell'arbitrato davanti alla commissione di conciliazione.

Un quarto strumento arbitrale, infine, è quello avanti le commissioni di certificazione.
Inoltre la riforma dell'arbitrato in materia di lavoro contiene l'ulteriore previsione, su cui si è molto dibattuto in sede sindacale e politica, per cui le parti possono pattuire clausole compromissorie. Si tratta di un patto con cui le parti si vincolano a una decisione arbitrale per tutte le future ed eventuali controversie in merito al rapporto di lavoro. La validità della clausola compromissoria è soggetta a rigide condizioni, tra cui la necessità di una previsione di fonte sindacale e la certificazione degli organismi preposti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©