Contenzioso

Assegno di maternità e bonus bebè al vaglio della Consulta

di Matteo Prioschi

Dubbi di legittimità costituzionale per le norme che negano l'assegno di maternità e il bonus bebè da 80 euro al mese agli extracomunitari non in possesso del permesso di lungo soggiorno. Con due ordinanze interlocutorie (rispettivamente la 16164 e la 16163 depositate ieri) la Corte di cassazione ha inviato gli atti alla Consulta perché si esprima in merito.

L'assegno di maternità è previsto dall'articolo 74 del decreto legislativo 151/2001, erogato una tantum alle madri che non beneficiano dell'indennità di maternità erogata alle lavoratrici dipendenti, autonome o alle libere professioniste, e se in possesso della carta di soggiorno prevista dall'articolo 9 del Dlgs 286/1998, cioè il permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. Per ottenere quest'ultimo si deve aver avuto un permesso di soggiorno per almeno cinque anni, un reddito annuo non inferiore all'assegno sociale, un alloggio idoneo e la conoscenza dell'italiano.

Il bonus alla nascita, invece, è introdotto dalla legge 190/2014 (articolo 1, comma 125) per i bambini nati, adottati o affidati tra il 2015 e il 2017. A fronte di un Isee non superiore a 25mila euro, vengono corrisposti 80 euro al mese per un triennio, importo che raddoppia se l'Isee non supera i 7mila euro. Anche in questo caso per ottenerlo è necessario avere il permesso di soggiorno di lungo periodo, mentre nei due casi che sono giunti all'attenzione della Corte di cassazione, le madri erano in Italia con un permesso per motivi familiari.

Per entrambe le prestazioni, i giudici sollevano il dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza e della disparità di trattamento. Viene osservato che l'assegno di maternità è un sostegno economico che viene erogato quando maggiori sono le esigenze del beneficiario e che la norma «appare introdurre un'ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri, legalmente soggiornanti in Italia, prevedendo solo per i secondo l'ulteriore requisito di essere in possesso» del permesso di lungo periodo.

Peraltro, ed è questo il punto centrale su cui è chiamata a esprimersi la Consulta, la disposizione non concorda con l'articolo 41 del Dlgs 286/1998 (Testo unico sull'immigrazione) in base al quale in materia di assistenza sociale gli extracomunitari con un permesso di soggiorno e lavoro di almeno un anno sono equiparati agli italiani. Dunque dovrebbe essere sufficiente il permesso di un anno per ottenere l'assegno di maternità e il bonus da 80 euro.

Inoltre la disparità di trattamento che consegue a questa disposizione, osservano i giudici, viola l'articolo 31 della Costituzione, in base al quale la Repubblica italiana agevola la formazione della famiglia e protegge la maternità. Dubbi di legittimità anche in relazione all'articolo 117, primo comma, della Costituzione in relazione agli articoli 20, 21, 24, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea relativi al principio di eguaglianza, al divieto di discriminazioni, al diritto dei bambini a protezioni e cure per il loro benessere, alla protezione della famiglia anche sul piano economico e al diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali.

Per quanto riguarda l'assegno da 80 euro, la Suprema corte aggiunge che sembra irragionevole prevedere che lo stesso «debba essere uguale a parità di bisogno e poi escludere contraddittoriamente dalla medesima prestazione sociale…intere categorie di soggetti, selezionati non in base all'entità o alla natura del bisogno, ma ad un criterio privo di ogni collegamento con questo». Al riguardo viene citata la sentenza 40/2011 della Consulta che ha bocciato il criterio di residenza minima triennale previsto dalla Regione Friuli Venezia Giulia per accedere al sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Non è di supporto nemmeno la finalità di legare l'erogazione del contributo alla finalità di incentivare la natalità nel territorio nazionale in quanto lo stesso serve per bisogni immediati e indifferibili e «certamente poco influenzati dai progetti di vita a lungo termine». In compenso in passato la Consulta ha ritenuto legittimi dei bonus erogati dalle Regioni sulla base del criterio di residenza, ma perché quest'ultimo costituiva l'unico parametro, slegato dal reddito familiare, diversamente da quanto avviene per il bonus bebè nazionale. Infine, anche dovendo fare i conti con la limitatezza delle risorse disponibili per assegnare l'incentivo, la selezione dei beneficiari deve essere effettuata «sempre e comunque in ossequio al principio di ragionevolezza».

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