Contenzioso

Il giudice d'appello può acquisire documenti extra deposito

di Vittorio De Luca e Marco Giangrande

Il giudice d'appello può acquisire nuovi documenti. Con l'ordinanza 11068/2021, la Corte di cassazione si è espressa in merito alla violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 414 numeri 4 e 5 e dell'articolo 420, comma 1 del Codice di procedura civile, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 dello stesso Codice, per avere la Corte di appello di Catania ritenuto ammissibile la produzione di un documento (nello specifico, la sentenza del Tribunale di Catania sulla quale si fonda l'eccezione di giudicato), all'udienza di comparizione e, quindi, fuori termine, senza che il ricorrente abbia dato prova dell'esistenza di gravi motivi e senza autorizzazione del giudice.

Una delle caratteristiche fondamentali del processo del lavoro consiste in un impegno particolarmente incisivo della tecnica delle preclusioni, che impone a entrambe le parti del processo di esporre nel primo scritto di primo grado tutte le rispettive domande, eccezioni, richieste di prova e produzioni documentali, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o, dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso e alla memoria di costituzione. Per il giudizio di appello, l'articolo 437, comma 2, del Codice di procedura civile dispone che «non sono ammessi nuovi mezzi di prova tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa».

Stando all'ordinanza in commento, il giudice deve vagliare l'ammissibilità di nuovi documenti prodotti in appello sotto il profilo della rilevanza degli stessi in termini di indispensabilità ai fini della decisione, con una valutazione sulla potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum, con riferimento allo sviluppo assunto dall'intero processo.

Pertanto, il verificarsi di preclusioni o decadenze in danno delle parti non osta all'ammissione d'ufficio delle prove, trattandosi di un potere volto a superare i dubbi residuati dalle risultanze di causa, acquisite ritualmente agli atti del giudizio di primo grado. La nuova prova, disposta d'ufficio, è funzionale al solo fondamentale approfondimento degli elementi già presenti nella realtà del processo. Non si pone, di conseguenza, una questione di decadenza o di preclusione processuale incombente sulle parti.

È inoltre ulteriormente confermato che il potere istruttorio d'ufficio ex articoli 412 e 437 del Codice di procedura civile non è meramente discrezionale, bensì rappresenta un potere-dovere da esercitate contemperando il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale.

Ne consegue che il giudice, anche di appello, nel caso in cui ritenga insufficienti le prove già acquisite, e le risultanze istruttorie offrano significativi elementi di indagine, non può limitarsi a una meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova, bensì deve provvedere d'ufficio agli atti istruttori sollecitati dai dati probatori idonei a superare l'incertezza sui fatti in contestazione, avendo l'obbligo di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all'uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta delle parti, ritenga invece di non farvi ricorso.

La questione non è nuova. Nell'ottica descritta va, infatti, segnalato l'orientamento espresso dalla Corte di cassazione a sezioni unite nella sentenza 10790/2017 che, in merito all'ammissibilità di nuovi mezzi istruttori in appello, giunge alla conclusione che il giudizio di indispensabilità implica una valutazione sull'idoneità del mezzo istruttorio a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio.

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