Contenzioso

Lavoratori agricoli, iscrizione negli elenchi ed efficacia probatoria dei verbali di accertamento

di Silvano Imbriaci

Nell'ambito assai vasto delle controversie che interessano le prestazioni spettanti ai lavoratori dipendenti in agricoltura, un posto rilevante è occupato dalle vicende che riguardano i profili della iscrizione e/o registrazione nei cosiddetti elenchi nominativi, connessi all'accertamento dell'effettivo svolgimento di attività lavorativa per un numero di giornate minimo in relazione all'accesso alla singola prestazione previdenziale.

Fatalmente, in queste situazioni, si contrappongono la pretesa del lavoratore a rimanere iscritto negli elenchi dei lavoratori agricoli, e la verifica da parte dell'ente previdenziale del presupposto per l'accesso alla prestazione previdenziale, ossia lo svolgimento effettivo di attività lavorativa e la conseguente iscrizione negli stessi elenchi, quale atto automatico che discende, appunto, dall'accertamento circa la genuinità ed effettività dell'attività lavorativa svolta in forma di subordinazione.

È bene anticipare che sul punto la giurisprudenza è ormai consolidata nel senso di assegnare all'iscrizione negli elenchi una funzione solo ricognitiva della situazione soggettiva (fin da Cass. n. 276/2008). Per questo la questione dei presupposti per l'iscrizione ha una valenza che si misura quasi tutta sul piano probatorio ed è in effetti anche questo il terreno su cui si muove la pronuncia Corte di cassazione, Sez. lavoro, 2 ottobre 2018, n. 23883, quando a fronte dell'iscrizione negli elenchi, il verbale di accertamento ispettivo degli enti previdenziali, accertata l'assenza degli estremi della subordinazione e dell'effettività dell'attività come sopra intesa, proceda al disconoscimento del rapporto. In tale evenienza sono possibili e si fronteggiano due diverse impostazioni: da una parte è possibile ritenere che l'iscrizione negli elenchi nominativi sia dotata di una sorta di presunzione di legittimità che l'accertamento ispettivo in sé non avrebbe la capacità di superare, limitandosi questo ad accertare l'irregolarità della conduzione aziendale da parte del datore di lavoro (reale o presunto) nei cui confronti si svolge l'accertamento ispettivo.

Sotto altro e diverso profilo, il dato oggettivo rappresentato dall'iscrizione negli elenchi può essere oggetto di specifica verifica, quanto ai presupposti, in sede d’ispezione, con la conseguenza che è lo stesso verbale a poter disconoscere il rapporto in assenza di effettivo svolgimento dell'attività e di effettiva subordinazione, ponendo quindi nel nulla tale iscrizione.

La sentenza della Suprema Corte aderisce chiaramente a questa seconda prospettiva. Posto che in generale l'onere della prova del fatto costitutivo grava su colui che agisce in giudizio per far valere una pretesa nei confronti della controparte, nel caso in cui il lavoratore chieda una prestazione, potrà dimostrare di averne diritto attraverso la prova, tra le altre cose, dell'iniziale pre-requisito rappresentato dall'iscrizione negli elenchi (anche se in realtà non è preclusa l'azione per l'accesso ad un trattamento previdenziale anche in assenza di tale iscrizione: in tal caso dovranno comunque esserne provati i requisiti). Tuttavia, l'iscrizione negli elenchi non ha validità di prova legale se non nei limiti di quello che riguarda la provenienza del documento e i fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti.

È un elemento che può essere liberamente valutato dal giudice, di fronte al quale l'avvenuto disconoscimento del rapporto attraverso l'esercizio della verifica ispettiva e la notifica del verbale di accertamento (atto che per essere attestazione di fatti provenienti dall'amministrazione è soggetto al medesimo regime probatorio per l'iscrizione negli elenchi) impone lo svolgimento di prove nel merito del rapporto e della verosimile congruenza in fatto delle allegazioni delle parti. Dunque, da parte dell'ente previdenziale può essere offerta la prova contraria dell'esistenza del rapporto di lavoro risultante dagli elenchi mediante la produzione del verbale ispettivo nel quale siano contenuti elementi in fatto a sostegno della natura fittizia del rapporto (es. fatturato, raffronto tra ore denunciate, tipo di attività, dimensione del terreno ecc…), con la conseguenza che dovrà essere verificata in concreto la natura del rapporto e le modalità dello svolgimento dell'attività lavorativa, elementi sui quali il lavoratore dovrà spendere mezzi istruttori puntuali.

Peraltro, osserva giustamente la Corte, non potrà il lavoratore ritenere adempiuto il proprio onere semplicemente rilevando che il verbale ispettivo si è limitato a constatare l'irregolarità della conduzione aziendale del rapporto, senza specifico riferimento alla sua persona, dal momento che gli effetti demolitori collegati all'accertamento ispettivo si realizzano quando per i periodi interessati dall'accertamento risulti che il lavoratore è stato iscritto come bracciante agricolo presso lo stesso datore di lavoro.

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