Contratti & contrattazione collettivaEditoriale

Ccnl e trasparenza contrattuale nel recente rapporto Inps

di Michele Tiraboschi

N. 29

Guida al Lavoro

La sfida è trasformare le informazioni fornite dai dati Cnel/Inps in politiche concrete per rafforzare la funzione istituzionale della contrattazione

Il funzionamento effettivo del sistema di contrattazione collettiva resta un nodo centrale nelle analisi sul mercato del lavoro in Italia. Tante sono le questioni su cui ci si confronta (e scontra) nel dibattito pubblico come anche in quello politico e sindacale senza partire da dati affidabili e cioè validati a livello istituzionale: la moltiplicazione dei contratti, la crisi della rappresentanza, il dumping retributivo e normativo, le profonde asimmetrie territoriali, l'esplosione di enti bilaterali istituiti da attori poco o nulla rappresentativi, ecc .

Eppure non mancano oggi fonti informative importanti che aiutano a fare luce su molto di queste tematiche offrendo ai decisori politici e sindacali elementi di fatto da cui partire nella elaborazione delle politiche.

Negli ultimi anni, in particolare, l'incrocio tra i flussi UNIEMENS e il codice identificativo CNEL-INPS ha reso possibile una operazione inedita: associare in modo univoco ogni rapporto di lavoro a uno specifico contratto collettivo nazionale di lavoro. Non si tratta solo di contare i contratti vigenti, ma di valutarne la diffusione e l'effettivo radicamento nel sistema di relazioni industriali italiano. È una svolta di metodo, che sta cambiando il modo stesso in cui si affrontano i temi della rappresentanza, della copertura contrattuale e della analisi dei relativi contenuti economici e normativi.

Alcuni dati del XXIV Rapporto annuale INPS, presentato a luglio 2025, lo dimostrano chiaramente. Dei 1.026 CCNL vigenti depositati nell'Archivio CNEL, 870 risultano effettivamente applicati, di cui 830 riferiti al settore privato non agricolo. La copertura contrattuale effettiva, nei diversi sotto-settori, è quasi ovunque elevata: si va dal 100% del settore chimico a valori superiori all'85% nella gran parte degli altri comparti. Ma il sistema risulta anche fortemente polarizzato. Dei 830 contratti applicati, solo 166 (22%) sono firmati da CGIL, CISL e UIL. Questi, tuttavia, coprono il 95% dei dipendenti. I primi 83 CCNL "grandi" – come li definiscono lNPS e CNEL – da soli coprono il 94% dell'occupazione dipendente del settore privato extra-agricolo, a conferma che la frammentazione del nostro sistema contrattuale è solo apparente e legata a movimenti (spesso opportunistici) di alcune sigle sindacali e datoriali minori. Gli altri contratti si dividono il residuo 5%: 558 CCNL firmati da altri sindacati (il 78% del totale), di cui solo 12 superano i 10.000 lavoratori coperti. Tre di questi, peraltro, sono contratti dei dirigenti, e i restanti nove riguardano comparti del terziario come commercio e sanità. Oltre 500 contratti "minori" riguardano in media meno di 160 lavoratori ciascuno, con forte concentrazione nel Mezzogiorno.

Questi numeri permettono di ridimensionare molte rappresentazioni allarmistiche sulla contrattazione "pirata". La pluralità di contratti esiste, ma resta in larga parte irrilevante sotto il profilo della loro effettiva applicazione. Il vero nodo è l'utilizzo mirato e talvolta abusivo di contratti non rappresentativi in contesti aziendali e territoriali deboli, dove il controllo è più difficile. Il più delle volte il deposito di un contratto nell'archivio del CNEL da parte di sigle minori non è funzionale alla sua effettiva applicazione ma alla possibilità di utilizzarlo per istituire enti bilaterali, patronati e altre entità finalizzate a vendere servizi a favore di lavoratori e imprese.

Sono 138.700 invece i lavoratori classificati sotto la voce "Contratti diversi" (CDIV), ossia rapporti per i quali i datori non indicano un contratto riconducibile all'archivio del CNEL. Si tratta di una area eterogenea, che include sia contratti aziendali sostitutivi (come il CCSL di Stellantis), sia micro-contratti non censiti. Il dato è in lieve calo, ma quasi il 70% di questi lavoratori è impiegato in aziende con oltre 250 dipendenti, soprattutto del Nord, mentre oltre 3.700 microimprese del terziario applicano contratti non ufficiali.

Accanto alla mappatura contrattuale, il Rapporto INPS fornisce una lettura puntuale delle dinamiche retributive. Tra ottobre 2022 e ottobre 2024, le retribuzioni medie sono cresciute del 5,8%, le mediane del 6,6%, ma con forti differenziazioni: fino al +10% nell'area meccanica, appena +2/3% nel turismo-ristorazione. Il contratto più diffuso registra una crescita intermedia (+6,5%).

Un ulteriore elemento critico è dato dalla scarsa coerenza tra i perimetri contrattuali e le classificazioni ATECO. Sempre più spesso, un CCNL si applica a lavoratori che svolgono attività diverse da quelle originariamente previste. E, viceversa, all'interno dello stesso comparto economico coesistono contratti non contigui, generando concorrenza contrattuale e incertezza normativa. Anche su questo fronte, i dati UNIEMENS aprono finalmente uno squarcio sulla realtà effettiva e offrono utili indicazioni agli attori delle relazioni industriali che possono concorrere a razionalizzare il sistema contrattuale come avvenuto di recente nel rinnovo del contratto multiservizi in relazione al suo campo di applicazione.

La vera posta in gioco riguarda in effetti la capacità di agire sui dati, non solo di osservarli. Il codice identificativo CNEL-INPS e l'architettura informativa sviluppata intorno ad esso costituiscono oggi una fonte di conoscenza e una piattaforma di trasparenza impensabile fino a pochi anni fa. Questa infrastruttura consente di portare luce nelle zone d'ombra, identificare le anomalie, potenziare l'attività ispettiva e, al tempo stesso, guidare l'azione sindacale. È in questa direzione che si stanno muovendo numerose vertenze, anche in grandi gruppi aziendali, dove la rivendicazione riguarda proprio l'applicazione del CCNL sottoscritto da associazioni comparativamente più rappresentative. Ed è in questa direzione che si comprende l'impegno del Presidente del CNEL nella prospettiva che, nel breve periodo, l'archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi "diventi un hub, volto a far sì che la contrattazione premi la qualità e il merito e garantisca un'ottimale distribuzione dei guadagni di produttività".

Si tratta di una area di intervento prioritaria per il buon funzionamento del nostro sistema di relazioni industriali e per aggredire nodi storici come la bassa produttività e i bassi salari. Come documentato da una recente indagine empirica sul settore del terziario (Fare contrattazione nel terziario di mercato, ADAPT 2025), a seconda del contratto collettivi applicato, i salari di figure centrali nel settore come magazzinieri, macellai, commessi, banconieri, camerieri, parrucchieri ecc. possono variare tra i 3.000 e 8.000 euro lordi annui in meno, in caso di applicazione di contratti pirata, con conseguenti marcate penalizzazioni sulle future pensioni. Scegliere il contratto applicato non è quindi questione formale: è un nodo distributivo e politico di primaria importanza che impatta inevitabilmente anche sulla qualità e la produttività del lavoro.

I dati e le fonti informative istituzionali oggi non mancano. La sfida è trasformare queste basi conoscitive e informative in politiche e in azioni coerenti, in grado di contrastare gli abusi e rafforzare la funzione istituzionale della contrattazione. È da qui che passa, oggi, la qualità delle relazioni industriali.

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