Contenzioso

Condotte passibili di licenziamento in base al contratto collettivo nazionale: sempre necessaria la valutazione del giudice

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di Marco Tesoro

Anche in presenza di una infrazione punita dalla contrattazione collettiva con il licenziamento, il giudice ha l'onere di valutare l'idoneità della specifica condotta a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, in assenza della quale la sanzione espulsiva è illegittima.

Così la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 17288 del 27 maggio 2022, con cui ha confermato l'illegittimità del licenziamento irrogato a un dipendente, con mansioni di cassiere, per aver consumato uno snack prelevato dal dispenser adiacente alla propria postazione, senza pagare il corrispettivo di 0,70 euro.

Nel caso in esame, i giudici della Corte d'appello – premesso che nell'accertamento della giusta causa occorre avere a riguardo non all'assenza o alla particolare esiguità del danno arrecato, ma alla qualità del rapporto intercorso e al relativo grado di affidamento – ritenevano che l'addebito contestato, anche nella sua portata soggettiva, non fosse idoneo a ledere irreparabilmente la fiducia del datore di lavoro.

In particolare, i giudici del gravame fondavano la valutazione di non proporzionalità del licenziamento sull'assenza di alcuna cautela frodatoria da parte del dipendente, che non aveva posto in essere alcun accorgimento per occultare la sua condotta, sulla mancata negazione dei fatti addebitati e sull'inidoneità delle recidive contestate a dimostrare l'inclinazione del lavoratore ad ignorare i propri doveri fondamentali.

La società ricorreva in cassazione censurando, per quanto di interesse, la mancata sussunzione, da parte della Corte d'appello, della fattispecie accertata nella previsione collettiva che sanzionava con il licenziamento l'appropriazione di beni aziendali sul luogo di lavoro.

Investita della questione, la Corte di legittimità conferma la sentenza impugnata ricordando, in via preliminare, che le previsioni della contrattazione collettiva non si configurano quale fonte vincolante in senso sfavorevole al dipendente.

In particolare, per gli Ermellini la valutazione circa gravità e proporzionalità della condotta rientra nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, che a tal fine utilizza gli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, in riferimento alla quale la scala valoriale prevista dal ccnl rappresenta solo uno dei possibili parametri cui fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale ex articolo 2119 de codice civile .

Di conseguenza, la mera riconducibilità della condotta contestata alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono il licenziamento non è sufficiente a dimostrare la legittimità e proporzionalità del provvedimento, essendo sempre necessario valutare se in concreto la condotta sia grave al punto da «scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza (Cass. n. 13411/2020)».

E così, la Cassazione ricorda che le previsioni dei contratti collettivi hanno valenza meramente esemplificativa e non precludono l'autonoma valutazione del giudice di merito sull'idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra le parti, «con il solo limite, nello specifico insussistente, che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione (Cass. n. 19023/2019)».

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